IL
MERCANTE DI VENEZIA
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di William Shakespeare
(Stratford-on-Avon 1564 -
1616)
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Una lettura consigliata
dall’Avv. Massimo Spada
sintesi e selezione di Maurizio
Calò e Liliana Chiettini
Ritratto di Shakespeare nel
primo in-folio del 1623
Nell’opulenta, multietnica (“Othello, il Moro
di Venezia”, altro dramma di Shakespeare del 1604, era un generale della
Repubblica ed era amato dalla eburnea Desdemona) e commercialissima Venezia
del XVI° secolo, Bassanio chiede al caro amico Antonio, mercante
di Venezia, di prestargli 3000 ducati che gli sono necessari per presentarsi
degnamente nella favolosa città di Belmonte a tentare la problematica
scelta fra i tre scrigni d’oro, d’argento e di piombo; la giusta scelta
permetterà di sposare la bellissima Porzia, Signora di Belmonte,
come da disposizioni testamentarie del padre di quest’ultima, recentemente
scomparso.
Antonio ha investito tutto il suo patrimonio
spedendo le sue navi a commerciare ai quattro angoli della terra, ma, pur
di assecondare Bassanio, si rivolge al ricco ebreo Shylock impegnandosi
a restituirgli i 3000 ducati alla scadenza di tre mesi. Tra Antonio e Shylock
i rapporti sono però tesi da tempo perché il primo, nobile
e generoso mercante, ha sempre intralciato l’attività usuraia del
secondo, arrivando sino ad insultarlo ripetutamente in pubblico. Il contratto
prevede quindi una singolare penale (bond): se Antonio, alla scadenza,
non potrà restituire i 3000 ducati, Shylock avrà diritto
a tagliare e prendersi una libbra esatta di quella parte del corpo di Antonio
che gli piacerà scegliere.
Bassanio può quindi partire per Belmonte
dove riesce a risolvere l’enigma scegliendo lo scrigno di piombo ed a sposare
Porzia.
Altre nozze si aggiungono a queste e saranno
quelle di altri due amici di Antonio e Bassanio: Graziano sposerà
Nerissa, ancella di Porzia, e Lorenzo sposerà Jessica, la figlia
di Shylock, che, per congiungersi al suo innamorato, è fuggita di
casa prelevando parecchi ducati e gioielli e facendosi cristiana.
I festeggiamenti a Belmonte sono però
bruscamente interrotti dalla notizia che tutte le navi di Antonio sono
naufragate e Shylock, trascinato dall’antico odio ed esasperato dalla fuga
di Jessica (con i suoi soldi) pretende da Antonio, ormai in bancarotta,
l’adempimento della penale.
Porzia invita allora Bassanio e Graziano a tornare
immediatamente a Venezia in soccorso di Antonio e, lasciata la custodia
dei possedimenti di Belmonte a Lorenzo e Jessica, afferma che con l’ancella
Nerissa si recherà in un vicino monastero dove insieme attenderanno
il ritorno dei rispettivi coniugi, mentre, in realtà, prende contatti
con Padova per avere lumi sulla soluzione da dare alla vicenda da un suo
parente, l’insigne giurista Bellario, cui lo stesso Doge ha chiesto di
intervenire nella vertenza. Ormai vecchio, Bellario fornisce alle due donne,
oltre a preziosi suggerimenti, gli abiti per travestirsi da giovani dottori
ed una lettera di presentazione al Doge.
Così abbigliate Porzia (nelle vesti del
Dottor Baldassarre) e Nerissa si recano a Venezia dove sta per avere inizio
il processo. Qui la città è in angoscia. I commercianti
creditori di Antonio, conoscendone la serietà, sono pronti
a fargli credito, ma vani sono risultati tutti i tentativi, anche i più
autorevoli, per far desistere Shylock dal pretendere l’adempimento della
sua obbligazione. Il Doge non può impedire il corso della legge
perché:
“… se fossero negati i privilegi che gli
stranieri hanno da noi a Venezia, ciò screditerebbe la giustizia
dello Stato, dato che il commercio e il profitto della città dipendono
da tutte le nazioni.” (III, 3, 26-31).
GLI INTERPRETI:
il Doge
|
Antonio
|
Shylock
|
Porzia
|
Bassanio
|
Graziano
|
Aula di giustizia in cui si
è aperto il processo
Entra Nerissa travestita e offre al Doge la presentazione
del giureconsulto padovano.
DOGE: Questa
lettera di Bellario raccomanda alla nostra corte un giovane
e sapiente dottore. Dov’è?
NERISSA:
Attende qui vicino di conoscere la Vostra risposta, se volete riceverlo.
DOGE: Con
tutto il cuore. Vadano tre o quattro di voi e lo conducano gentilmente
in quest’aula; nel frattempo la Corte ascolterà la lettera di Bellario.
(legge) “Sappia Vostra Grazia che la Vostra lettera mi giunge mentre sono
molto malato; ma proprio quando è venuto il Vostro messo, era qui
con me in visita affettuosa un giovane dottore di Roma; il suo nome è
Baldassarre. L’ho informato della causa pendente tra l’ebreo e Antonio,
il mercante. Abbiamo consultato insieme molti libri. Egli conosce la mia
opinione, che, migliorata dalla sua dottrina (la cui vastità non
posso lodare a sufficienza) egli Vi porta, su mia sollecitazione, per soddisfare
la richiesta di Vostra Grazia in mia vece. La sua giovane età, ve
ne prego, non sia motivo perché debba mancargli una rispettosa stima;
non ho mai conosciuto una persona così giovane con una testa così
matura. Lo affido alla Vostra graziosa accoglienza; messo alla prova, rivelerà
meglio i suoi meriti.”
Entra Porzia come Baldassarre
DOGE: Avete udito
cosa scrive il dotto Bellario, ed ecco, mi sembra, è arrivato il
dottore. Datemi la mano. Venite da parte del vecchio Bellario?
PORZIA: Sì,
mio Signore
DOGE: Siate
il benvenuto, prendete posto. Siete al corrente della disputa che impegna
la corte in questa seduta?
PORZIA: Sì,
conosco bene questa causa. Chi è il mercante qui e chi l’ebreo?
DOGE: Antonio
e il vecchio Shylock si facciano avanti.
PORZIA: Il
vostro nome è Shylock?
SHYLOCK:
Shylock è il mio nome.
PORZIA: Strana
è la natura della causa che intentate, ma così legittima
che la legge veneziana non può invalidarla se voi procedete. Voi
siete in suo potere, non è così?
ANTONIO:
Sì, così lui dice.
PORZIA: Riconoscete
l’obbligazione?
ANTONIO:
Sì.
PORZIA: Allora
l’ebreo deve essere clemente.
SHYLOCK:
Per quale costrizione devo esserlo? Ditemelo.
PORZIA: La
clemenza non ha natura forzata, cade dal cielo come la pioggia gentile
sulla terra sottostante; è due volte benedetta, benedice chi la
offre e chi la riceve; è più potente nei più potenti,
e si addice al monarca in trono più della sua corona. Lo scettro
mostra la forza del potere temporale, è l’attributo della
soggezione e della maestà, sede del timore che incutono i regnanti;
ma la clemenza sta sopra al dominio dello scettro, ha il trono nel cuore
dei re, è un attributo di Dio stesso; e il potere terreno più
si mostra simile al divino, quando la clemenza mitiga la giustizia. Quindi,
ebreo, pur se giustizia è ciò che chiedi, considera questo,
che a rigore di giustizia nessuno di noi troverebbe salvezza. Noi invochiamo
clemenza, e quella stessa preghiera insegna a tutti noi a fare atti di
clemenza. Tanto ho detto per mitigare la giustizia della tua richiesta;
se la manterrai, questa rigorosa corte di Venezia dovrà per forza
dar sentenza contro il mercante.
SHYLOCK:
I miei atti mi ricadano sulla testa! Io invoco La legge e la penale della
mia obbligazione.
PORZIA: Non
è in grado di restituire il denaro?
BASSANIO:
Sì, ecco che io offro, per lui, in questa corte, il doppio
della somma. Se ciò non basta, mi impegno a pagarne dieci
volte tanto, pena le mie mani, la mia testa, il mio cuore. Se ciò
non basterà, sarà evidente che la perfidia schiaccia l’onestà.
Ed io vi supplico, per una volta distorcete la legge con la vostra autorità;
per una grande giustizia, fate un piccolo torto, e frenate il volere di
questo diavolo crudele.
PORZIA: Questo
non sarà mai, non c’è potere a Venezia che possa alterare
una legge stabilita: ciò costituirebbe un precedente, e molti abusi,
dietro tale esempio, irromperebbero nello Stato. Così non può
essere.
SHYLOCK:
Un Daniele è venuto a giudicare! Sì, un Daniele! O saggio
giovane giudice, quanto ti onoro!
PORZIA: Vi
prego, fatemi vedere l’obbligazione.
SHYLOCK:
Eccola, riveritissimo dottore, eccola.
PORZIA: Shylock,
ti viene offerto tre volte il tuo denaro.
SHYLOCK:
Un giuramento! Ho fatto al cielo un giuramento; dovrò gravarmi l’anima
di uno spergiuro? No, non per Venezia!
PORZIA: Ebbene,
quest’obbligazione è inadempiuta e legittimamente con essa l’ebreo
può reclamare una libbra di carne, che dev’essere da lui stesso
tagliata quanto più vicino al cuore del mercante. Sii clemente prendi
tre volte il tuo denaro, fammi stracciare l’obbligazione.
SHYLOCK:
Quando sarà pagata secondo quanto è scritto. Si direbbe che
voi siate un degno giudice, conoscete la legge; la vostra interpretazione
è stata molto corretta. Vi invito, in nome della legge, di cui voi
siete un meritevole pilastro, di procedere alla sentenza. Per l’anima mia,
io giuro che non c’è potere in lingua d’uomo che mi muti. Io m’attengo
alla mia obbligazione.
ANTONIO:
Con tutto il cuore io supplico la Corte di emettere la sentenza.
PORZIA: Ebbene,
allora è questa: dovete preparare il vostro petto per il suo coltello.
SHYLOCK:
O nobile giudice! O giovane eccellente!
PORZIA: Perché
il senso e il proposito della legge comportano chiaramente la penale che
appare qui dovuta nell’obbligazione.
SHYLOCK:
E’ verissimo. O saggio e retto giudice, quanto sei più adulto del
tuo aspetto!
PORZIA: Perciò
denudatevi il petto.
SHYLOCK:
Sì, il suo petto, così dice l’obbligazione, non è
vero, nobile giudice? “Quanto più vicino al cuore”, sono le parole
esatte.
PORZIA: E’
così. C’è una bilancia per pesare la carne?
SHYLOCK:
L’ho pronta.
PORZIA: Fate
venire un chirurgo a vostre spese, Shylock, per stagnare le ferite,
che non muoia dissanguato.
SHYLOCK:
E’ formulato così nell’obbligazione?
PORZIA: Non
è espresso così, ma che importa? Sarebbe bene che lo faceste
per carità.
SHYLOCK:
Non lo trovo, non c’è nell’obbligazione.
PORZIA: Voi,
mercante, avete qualcosa da dire?
ANTONIO:
Ben poco; sono pronto e ben preparato.
(omissis)
PORZIA: Una
libbra di quel mercante è tua, la corte l’aggiudica, e la legge
l’assegna.
SHYLOCK:
Giustissimo, giudice!
PORZIA: E
tu devi tagliare questa carne dal suo petto, la legge lo concede,
e la Corte l’aggiudica.
SHYLOCK:
Dottissimo giudice! Che sentenza! Vieni, preparati!.
PORZIA: Aspetta
un momento, c’è qualcos’altro: questa obbligazione non ti concede
neanche una goccia di sangue; le parole dicono espressamente “una libbra
di carne”. Prendi dunque la tua penale, prendi la tua libbra di carne,
ma se, nel tagliarla, versi una goccia di sangue cristiano, le tue terre
e i tuoi averi sono, per le leggi di Venezia, confiscati dallo Stato di
Venezia.
GRAZIANO:
O retto giudice! Osserva, ebreo. O dotto giudice!
SHYLOCK:
E’ questa la legge?
PORZIA: Vedrai
tu stesso il testo, perché, dato che esigi giustizia, sta’ certo
che avrai più giustizia di quanta ne desideri.
GRAZIANO:
O dotto giudice! Osserva, ebreo che dotto giudice!
SHYLOCK:
Accetto quest’offerta allora. Pagate il debito tre volte e lasciate andare
il cristiano.
BASSANIO:
Ecco il denaro.
PORZIA: Piano!
L’ebreo deve avere completa giustizia. Piano, niente fretta! Non deve avere
nient’altro che la penale.
GRAZIANO:
O ebreo! Un retto giudice, un dotto giudice!
PORZIA: Quindi
preparati a tagliare la carne. Non versare sangue e non tagliare né
più né meno di una libbra esatta di carne. Se ne prendi più
o meno di una libbra esatta, fosse solo quel tanto che la renda più
leggera o più pesante della ventesima parte d’un misero grammo,
o d’una frazione di quella, o meglio se la bilancia pende della misura
d’un capello, tu muori, e tutti i tuoi beni sono confiscati.
GRAZIANO:
Un secondo Daniele! Un Daniele, ebreo! Ora, infedele, ti ho messo sotto!
PORZIA: Perché
si ferma l’ebreo? Prenditi la penale.
SHYLOCK:
Datemi il mio capitale e lasciatemi andare.
BASSANIO:
L’ho pronto per te, eccolo.
PORZIA: Egli
l’ha rifiutato davanti alla Corte, ora avrà solo giustizia e la
sua penale.
GRAZIANO:
Un Daniele, torno a dire, un secondo Daniele! Ti ringrazio, ebreo, per
avermi insegnato la parola.
SHYLOCK:
Non devo avere neppure il mio capitale?
PORZIA: Tu
non devi avere altro che la tua penale, da prendere a tuo rischio, ebreo.
SHYLOCK:
Beh, allora il diavolo glielo faccia godere! Non resterò a fare
questione.
PORZIA: Aspetta
ebreo, la legge ti tiene ancora in pugno. E’ stabilito nelle leggi
di Venezia che se è provato contro uno straniero che, con mezzi
diretti o indiretti, egli attenta alla vita di un cittadino, la persona
contro cui egli ha tramato entrerà in possesso di metà
dei suoi beni, l’altra metà va alle casse dello Stato, e la vita
del reo è alla mercè del Doge soltanto, escluso ogni altro
appello. In questa situazione io dichiaro che tu ti trovi, perché
risulta manifesto dalla tua azione che, indirettamente, e direttamente
anche, tu hai tramato contro la vita stessa del convenuto e sei incorso
nel danneggiamento sopra da me recitato. Giù, dunque, e supplica
clemenza al Doge.
GRAZIANO:
Supplica di avere licenza di impiccarti, anche se, confiscata la tua ricchezza
dallo Stato, non ti resterà di che comprarti una corda, e finirà
che dovrai essere impiccato a spese dello Stato.
DOGE: Perché
tu veda la differenza del nostro animo, ti faccio grazia della vita prima
che tu lo chieda. Metà della tua ricchezza va ad Antonio, l’altra
metà viene allo Stato, ma la tua umiltà può mutare
la confisca in un’ammenda.
PORZIA: Sì
per lo Stato, no per Antonio.
SHYLOCK:
No, prendetemi la vita e tutto, non fatemene grazia! Mi prendete la casa,
quando mi prendete la trave che sostiene la mia casa, mi prendete la vita
quando mi prendete i mezzi con cui vivo.
PORZIA: Quale
clemenza potete concedergli, Antonio?
GRAZIANO:
Un capestro gratis, nient’altro, perdio!
ANTONIO:
Se piace al mio signore il Doge, e alla Corte, di condonare l’ammenda per
metà dei suoi beni, io ne sono contento. Ma egli mi lasci l’altra
metà in usufrutto, da consegnare, alla sua morte, al gentiluomo
che gli ha di recente rapito la figlia. Altre due condizioni per quest’atto
di clemenza: che egli si faccia subito cristiano, e che firmi, qui dinanzi
alla Corte, un atto di donazione per cui, alla sua morte, ogni suo bene
andrà al suo nuovo figlio Lorenzo e a sua figlia.
DOGE: Egli
lo farà, altrimenti revoco la grazia che ho appena pronunciato.
PORZIA: Ti
accontenti così, ebreo? Che ne dici?
SHYLOCK:
Mi accontento.
PORZIA: Scrivano,
stendi un atto di donazione.
SHYLOCK:
Vi prego di darmi licenza di andare via di qui, non sto bene; mandatemi
l’atto e io lo firmerò.
DOGE: Va
pure, ma fallo.
GRAZIANO:
Al battesimo avrai due padrini. Fossi stato io il giudice, avresti avuto
dodici giurati, per portarti alla forca, non al fonte.
Esce Shylock
DOGE: Signore,
vi prego di venire a cena a casa mia.
PORZIA: Chiedo
umilmente perdono a Vostra Grazia, devo partire per Padova questa sera
e mi conviene mettermi in viaggio senza indugio.
DOGE: Mi
spiace che manchi il tempo. Antonio, ricompensate questo gentiluomo,
perché, a parer mio, gli siete obbligato.
Esce il Doge con il suo seguito
BASSANIO: Degnissimo
signore, io e il mio amico siamo stati oggi prosciolti, per la vostra saggezza,
da dolorose condanne, e in contraccambio i tremila ducati dovuti all’ebreo
volentieri offriamo a compenso delle vostre cortesi fatiche.
(omissis)
CURIOSITA'
Shakespeare non ha creato l’intera commedia
ex-novo, compresi personaggi ed accadimenti, ma si è ispirato ad
altre opere già esistenti. La storia della penale (Bond-story) ha
origini molto antiche e sconosciute, probabilmente arrivate in Europa dall’Est,
forse con i Crociati. Sicuramente esiste una raccolta di storie in cui
essa compare in Inghilterra e in Italia essa appare ne “Il Pecorone” scritto
nel 1378 da Ser Giovanni Fiorentino. La storia sconcertante di un
ebreo e dell’obbligazione da lui richiesta per garantire il suo prestito
è una caratteristica comune alle due opere e la somiglianza con
Il Mercante di Venezia fa presumere che Shakespeare l’abbia letta;
non solo la scena ne “Il Pecorone” si svolge a Venezia, ma la donna che
supera in ingegno l’ebreo vive a “Belmonte”, arriva a Venezia travestita
da avvocato, salva il mercante (di nome Ansaldo), ottiene l’anello di suo
marito in cambio dei suoi servigi, e un di lui amico sposa la sua ancella.
Anche la trama dei tre scrigni è molto
antica: è contenuta anche in “Gesta Romanorum”, raccolta di storie
e leggende del XIII° o XIV° secolo. In ognuna di queste storie
un re o un imperatore sottopone qualcuno, per sposare qualcun altro, alla
scelta dei tre scrigni, che hanno iscrizioni quasi identiche a quelle dell’opera
shakespeariana: “Chi mi sceglierà troverà ciò che
merita”, è scritto su uno scrigno d’oro in “Gesta Romanorum”; “Chi
sceglie me, avrà quanto si merita” è scritto sullo scrigno
d’argento ne “Il mercante di Venezia”
Ci sono inoltre, sempre anteriori al XVI secolo,
ballate e antiche canzoni, come quella dell’ebreo Gernutus che, prestando
ad un mercante 100 corone, chiede a garanzia un pound della sua carne.
Concludendo, Shakespeare ha preso molto in
prestito, ma con il suo genio ha mirabilmente adattato e mescolato il tutto,
con il risultato di creare, come al suo solito, un’opera originale, piena
di emozioni, con personaggi che mostrano apertamente la loro anima e sono
dotati di un linguaggio che raggiunge spesso vette molto alte di eloquenza
e bellezza.
Ed è ciò che fa di una commedia
un grande dramma, grande in pensiero umano, in arte letteraria, in valore
intrinseco.
Nessuna biografia di Shakespeare appare se
non molto dopo la sua morte, ma il tempo l’ha sicuramente elevato
al primo posto tra i grandi della sua epoca, come testimoniano le parole
iscritte sul suo epitaffio: “Un Nestore nella capacità di giudizio,
un Socrate per il genio, un Virgilio per l’arte”.
[1] L’opera fu composta tra il 1594 ed il
1597 (iscritta nello Stationers’ Register il 22/7/1598). La datazione
delle opere di William Shakespeare è puramente congetturale, a parte
alcune eccezioni; essa è determinata da citazioni tratte da libri
e documenti contemporanei, come il Registro delle composizioni dei librai
(Stationers’ Register), per il copyright delle opere da pubblicare – i
libri mastri con registrazioni dei pagamenti per avvenute rappresentazioni
(a corte o in altri luoghi) – il manoscritto in cui l’alchimista Simon
Forman (morto il 12/7/1611) descriveva le rappresentazioni alle quali
lui aveva assistito.
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