SEZ.
1 SENT. 03956 DEL 18/04/1998
FALLIMENTO - REVOCATORIA FALLIMENTARE - CONOSCENZA
DELLO STATO D’INSOLVENZA - MERA CONOSCIBILITÀ - INSUFFICIENZA -
DESUMIBILITÀ DA ELEMENTI PRESUNTIVI - DISTRIBUZIONE DELL’ONERE DELLA
PROVA TRA CURATORE E CREDITORE.
In materia di revocatoria fallimentare la
conoscenza da parte del terzo contraente dello stato d’insolvenza dell’imprenditore
dev’essere effettiva e non meramente potenziale, assumendo rilievo la concreta
situazione psicologica della parte nel momento dell’atto impugnato, e non
pure la semplice conoscibilità oggettiva ed astratta delle condizioni
economiche della controparte. Peraltro, poiché la legge non pone
limiti in ordine ai mezzi a cui può essere affidato l’assolvimento
dell’onere della prova da parte del curatore, gli elementi nei quali si
traduce la conoscibilità possono costituire elementi indiziari da
cui legittimamente desumere la scientia decoctionis. In tale contesto,
i protesti cambiari, in forza del loro carattere di anomalia rispetto al
normale adempimento dei debiti d’impresa, si inseriscono nel novero degli
elementi indiziari rilevanti, con la precisazione che trattasi non già
di una presunzione legale juris tantum, ma di una presunzione semplice
che, in quanto tale, deve formare oggetto di valutazione concreta da parte
del giudice del merito, da compiersi in applicazione del disposto degli
artt. 2727 e 2729 cod. civ., con attenta valutazione di tutti gli elementi
della fattispecie. Consegue, sul piano della distribuzione dell’onere della
prova, che l’avvenuta pubblicazione di una pluralità di protesti
può assumere rilevanza presuntiva tale da esonerare il curatore
dalla prova che gli stessi fossero noti al convenuto in revocatoria, su
quest’ultimo risultando traslato in tal caso l’onere di dimostrare il contrario.
SEZ.
L SENT. 03924 DEL 17/04/1998
FALLIMENTO - TRIBUNALE FALLIMENTARE - COMPETENZA
FUNZIONALE - DOMANDA DEL LAVORATORE DI REGOLARIZZAZIONE DELLA POSIZIONE
CONTRIBUTIVA - COMPETENZA - SUSSISTENZA.
La domanda di “regolarizzazione” della posizione
contributiva proposta nei confronti di un datore di lavoro dichiarato fallito
appartiene, come le altre domande aventi contenuto patrimoniale, alla competenza
del tribunale fallimentare, e va fatta valere nei modi e nelle forme previsti
dagli artt. 93 e seguenti della L.F. (Nella specie, la S.C., nel regolare
la competenza, non ha ritenuto rilevante che fosse stato convenuto in giudizio
anche l’INPS, poiché la domanda non era stata proposta contro tale
istituto, ma solo nel contraddittorio con il medesimo).
SEZ.
1 SENT. 03917 DEL 17/04/1998
CONCORDATO PREVENTIVO - OMOLOGAZIONE - SENTENZA
- IMPOSTA PROPORZIONALE - APPLICABILITÀ - GARANZIE PRESTATE PER
L’OMOLOGAZIONE - IMPOSTA DI REGISTRO - ESENZIONE.
In tema di imposta di registro, nel sistema
delineato dal D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 634 la sentenza di omologazione
del concordato preventivo con garanzia va soggetta a tassazione in misura
proporzionale ai sensi dell’art. 8, parte prima, lett. c) della tariffa,
restando esclusa l’applicabilità della tassa fissa di cui alla lettera
f) del medesimo art. 8, mentre le garanzie prestate a corredo della proposta
ai sensi degli art. 160 e 181 della L.F. vanno esenti dal pagamento dell’imposta
di registro, in quanto richieste, a tal fine, obbligatoriamente dalla legge.
SEZ.
1 SENT. 03663 DEL 08/04/1998
FALLIMENTO - DIVIETO DI AZIONI ESECUTIVE INDIVIDUALI
- ASSEGNAZIONE AL CREDITORE PROCEDENTE DI UNA SOMMA - FALLIMENTO DEL DEBITORE
ANTERIORE AL MATERIALE PASSAGGIO DELLA SOMMA NELLA SFERA PATRIMONIALE DEL
CREDITORE - SPETTANZA DELLA SOMMA AL CURATORE.
In presenza di un provvedimento del giudice
dell’esecuzione con il quale viene disposta l’assegnazione di una somma
di denaro al creditore procedente, la proprietà di detta somma rimane
del debitore fino a quando non avvenga in concreto il passaggio nella sfera
patrimoniale del creditore (traditio in manum). Consegue che qualora il
fallimento del debitore venga pronunziato prima che sia avvenuto il pagamento
della somma, legittimamente il pretore, quale giudice dell’esecuzione,
autorizza il trasferimento della somma al curatore del fallimento, mentre
al creditore procedente rimane precluso di pretenderne la consegna e di
soddisfare il proprio credito al di fuori della procedura fallimentare.
SEZ.
1 SENT. 03651 DEL 08/04/1998
FALLIMENTO - AZIONE REVOCATORIA FALLIMENTARE
- ACCOGLIMENTO - OBBLIGAZIONE AVENTE AD OGGETTO L’EQUIVALENTE DEL BENE
- NATURA DEL DEBITO - DEBITO DI VALORE - CONSEGUENZE.
In caso di accoglimento dell’azione revocatoria
fallimentare, l’obbligazione avente ad oggetto l’equivalente pecuniario
del bene ha natura di debito di valore, attualizzabile al momento della
decisione con il meccanismo della rivalutazione monetaria, mentre ad esso
non è applicabile la disciplina dettata dall’art. 1224 cod. civ..
SEZ.
L SENT. 03528 DEL 06/04/1998
FALLIMENTO - ACCERTAMENTO DEL PASSIVO - SENTENZA
DI RIGETTO O DI RICONOSCIMENTO PARZIALE DELLA DOMANDA DEL CREDITORE - FALLIMENTO
DEL DEBITORE PRIMA DEL PASSAGGIO IN GIUDICATO - REGOLA EX ART. 95, TERZO
COMMA LEGGE FALL. - APPLICAZIONE ESTENSIVA - CONSEGUENZE - IMPUGNAZIONE
ORDINARIA DA PARTE DEL CREDITORE - NECESSITÀ.
La norma dell’art. 95, terzo comma, R.D. 16
marzo 1942 n. 267 - la quale, in tema di formazione dello stato passivo
nel procedimento fallimentare, stabilisce che, se il credito risulta da
sentenza non passata in giudicato, è necessaria l’impugnazione per
escluderne l’ammissione al passivo - va interpretata estensivamente e trova
perciò applicazione (oltre che nel caso di pronuncia affermativa
del credito) anche nel caso di sentenza, non ancora passata in giudicato,
che abbia rigettato (anche solo in parte) la domanda del creditore, con
la conseguenza che, intervenuto il fallimento del debitore successivamente
a tale decisione, il creditore, per evitare gli effetti preclusivi
derivanti dal passaggio in giudicato della medesima, deve proporre impugnazione
in via ordinaria nei confronti del curatore del fallimento, che è
legittimato non solo a proporre l’impugnazione ma anche (passivamente)
a subirla.
SEZ.
L SENT. 03522 DEL 04/04/1998
FALLIMENTO - ILLEGITTIMITÀ DEL LICENZIAMENTO
E REINTEGRAZIONE NEL POSTO DI LAVORO - IMPOSSIBILITÀ DELLA REINTEGRAZIONE
- COMPETENZA DEL GIUDICE DEL LAVORO.
Nell’ipotesi in cui il dipendente di un’impresa
successivamente dichiarata fallita abbia, prima dell’apertura della procedura
fallimentare, instaurato un giudizio volto all’accertamento dell’illegittimità
del licenziamento intimatogli ed alla conseguente reintegrazione nel posto
di lavoro, ove detta reintegrazione non sia più possibile per cessazione
dell’attività dell’impresa, sicchè l’unica tutela apprezzabile
resti quella risarcitoria, permane tuttavia una ragione d’essere della
pronuncia limitatamente all’accertamento della illegittimità del
licenziamento, al fine di identificare esattamente il momento al quale
va riferito l’effetto estintivo del rapporto, e, quindi, la durata complessiva
di questo, utile per la determinazione dei conseguenti crediti, di natura
retributiva e risarcitoria, da far valere in sede concorsuale; su tale
domanda, in quanto proposta prima dell’apertura della procedura concorsuale,
competente a decidere resta il giudice del lavoro, laddove le domande relative
alle retribuzioni e ai crediti consequenziali al licenziamento vanno assoggettate
alla procedura di verificazione dello stato passivo e sono quindi devolute
alla competenza del giudice fallimentare.
SEZ.
1 SENT. 03495 DEL 04/04/1998
FALLIMENTO - CAPACITÀ DEL FALLITO -
AZIONE PERSONALE DI UN CREDITORE (RICHIESTA DI DECRETO INGIUNTIVO) RIVOLTA
A FAR VALERE L’IPOTECA CONCESSA DA UN TERZO - SUSSISTENZA.
Se il creditore, il quale abbia chiesto l’ammissione
al passivo di un suo credito, agisca in via ordinaria nei confronti del
fallito personalmente, per ottenere una pronuncia (nella specie: decreto
ingiuntivo) sullo stesso credito, al fine di procedere esecutivamente nei
confronti di un terzo che, anteriormente al fallimento, abbia dato ipoteca
su un proprio immobile per obbligazioni del futuro fallito, quest’ultimo
è processualmente capace.
SEZ.
1 SENT. 03373 DEL 01/04/1998
FALLIMENTO - BENI DEL FALLITO - ARRETRATI
DI PENSIONE - ACQUISIBILITÀ.
Nel termine “pensione”, adottato dall’art.
46 della L.F. per sancirne la non acquisibilità al fallimento “entro
i limiti di quanto occorra per il mantenimento del fallito e della sua
famiglia”, devono intendersi ricompresi anche i ratei arretrati che, a
tale titolo, risultino corrisposti al fallito dall’INPS. Ne consegue la
legittimità della decisione del giudice di merito che abbia disposto
l’acquisizione al fallimento di parte di tali arretrati (relativi, nella
specie, ad un pensione sociale) corrisposti al fallito, basando tale decisione
sull’accertamento dei bisogni del fallito stesso e della sua famiglia secondo
una implicita valutazione di fatto operata ex post, e ritenendo che, con
riferimento al periodo precedente la corresponsione di tali arretrati,
non ricorressero le condizioni di legge per l’attribuzione integrale
degli stessi al fallito.
SEZ.
1 SENT. 02540 DEL 07/03/1998
FALLIMENTO - AZIONE REVOCATORIA FALLIMENTARE
- PROVA DELLA INSCIENTIA DECOCTIONIS DA PARTE DEL CONVENUTO - PROVA DELLA
MANCATA CONOSCENZA DELLA QUALITÀ DI IMPRENDITORE COMMERCIALE - RILEVANZA.
In tema di revocatoria fallimentare, concorre
(in modo se non essenziale, quantomeno significativo) alla formazione del
convincimento del giudicante in materia di prova della inscientia decoctionis
(da fornirsi, come è noto, da parte dell’acquirente a titolo oneroso
di un bene da un soggetto poi fallito onde evitare il vittorioso esperimento
dell’azione revocatoria da parte del curatore) la dimostrazione della mancata
conoscenza, da parte dell’acquirente, della qualità di imprenditore
commerciale del soggetto che ha posto in essere l’atto revocando, così
che illegittimamente il giudice di merito nega l’ammissione della
prova per testi richiesta dall’acquirente convenuto in revocatoria che
intenda così dimostrare tale mancata conoscenza.
SEZ.
1 SENT. 02398 DEL 04/03/1998
TERMINI PROCESSUALI - SOSPENSIONE FERIALE
- DEROGHE EX ART. 3 LEGGE 742 DEL 1969 - IMPUGNAZIONE DELLA SENTENZA DI
REVOCA DEL FALLIMENTO NELLA SOLA PARTE IN CUI RIGETTI LA RICHIESTA DI RISARCIMENTO
DANNI NEI CONFRONTI DEL CREDITORE ISTANTE.
In tema di sospensione dei termini processuali
durante il periodo feriale, la sentenza che revochi il fallimento rigettando,
nel contempo, la richiesta di risarcimento danni avanzata nei confronti
del creditore istante è soggetta a termine di impugnazione ordinario,
che si sottrae alle disposizioni relative alla sospensione nel periodo
feriale, anche se il gravame avverso la pronuncia investa esclusivamente
la statuizione relativa al diniego della pretesa risarcitoria.
SEZ.
1 SENT. 00979 DEL 30/01/1998
FALLIMENTO - RECLAMO EX ART. 26 LEGGE FALL.
AVVERSO AGGIUDICAZIONE DI BENE - AGGIUDICATARIO - QUALITÀ DI CONTRADDITTORE
NECESSARIO DINANZI AL TRIBUNALE - SUSSISTENZA.
In sede di reclamo proposto al tribunale,
ai sensi dell’art. 26 della L.F. (nel testo risultante a seguito della
sentenza n. 42 del 1981 della Corte Costituzionale), contro i decreti del
giudice delegato in materia di vendita fallimentare, deve osservarsi,
a pena di nullità, il principio del contraddittorio, con conseguente
necessità di convocazione, in camera di consiglio, del reclamante,
del curatore e di tutti gli altri soggetti interessati al provvedimento.
E’ ricompreso tra questi ultimi l’aggiudicatario della vendita fallimentare,
essendo il provvedimento del tribunale, di incontestabile natura decisoria,
destinato ad incidere sulle sue aspettative di diritto, tutelate, giusto
rinvio contenuto nella norma di cui all’art. 105 della L.F., secondo le
disposizioni del codice di procedura civile.
SEZ.
1 SENT. 00971 DEL 30/01/1998
FALLIMENTO - AZIONE REVOCATORIA FALLIMENTARE
- NATURA E FUNZIONI - EFFETTO RESTITUTORIO - ESCLUSIONE - REVOCATORIA DELLA
VENDITA DI UN IMMOBILE - CONCORRENTE AZIONE DI INEFFICACIA DELL’IPOTECA
CONCESSA AD UN TERZO - PREGIUDIZIALITÀ DELLA PRIMA EX ART. 295 COD.
PROC. CIV. - ESCLUSIONE.
La revocatoria fallimentare, avente una funzione
del tutto analoga alla revocatoria ordinaria, costituisce un mezzo straordinario
di reintegrazione della responsabilità patrimoniale di un imprenditore
commerciale fallito, illimitata ed a favore dei creditori concorrenti,
basato sulla dichiarazione di inefficacia che investe l’intero oggetto
dell’atto nei confronti di tutti i creditori anteriori o posteriori. Essa,
a differenza da altri istituti (quali, ad esempio, il riscatto), non ha
carattere restitutorio, ossia non comporta una reale restituzione alle
attività fallimentari del bene oggetto del negozio giuridico revocato,
ma, senza comportare variazione nella titolarità dei diritti, afferma
il potere del curatore fallimentare di disporre dei diritti stessi, appartengano
essi al fallito, che ne sia rimasto titolare, o ad altri che ne abbiano
assunto la titolarità. Ne consegue che, nel caso in cui l’organo
fallimentare (nella specie, l’amministrazione grandi imprese in crisi di
una società) convenga in due diversi giudizi uno stesso soggetto,
una volta per ottenere la revocatoria fallimentare di un atto di compravendita
immobiliare intervenuto tra il fallito ed il
convenuto ed, un’altra volta, per sentir dichiarare l’inefficacia dell’ipoteca
concessa ad un terzo dal fallito sull’immobile oggetto della menzionata
compravendita, non esiste alcun rapporto di pregiudizialità necessaria,
che imponga la sospensione del processo ai sensi dell’art. 295 cod. proc.
civ., tra la prima e la seconda causa, in quanto la domanda che è
oggetto della prima causa non tende ad una pronunzia traslativa del bene,
bensì alla dichiarazione di inefficacia dell’atto di trasferimento
del bene stesso nei confronti dei creditori fallimentari (la S.C. ha così
annullato il provvedimento di sospensione della seconda causa, in attesa
della soluzione della prima, emesso dal giudice di merito sull’erroneo
presupposto che l’amministrazione straordinaria dell’impresa in crisi,
se non fosse entrata nella proprietà del bene compravenduto, non
avrebbe potuto agire per l’inefficacia dell’ipoteca concessa sul medesimo
bene dalla stessa impresa).
SEZ.
1 SENT. 00970 DEL 30/01/1998
FALLIMENTO - AZIONE REVOCATORIA FALLIMENTARE
- RIMESSE IN CONTO CORRENTE - INFLUENZA DEL FIDO SMOBILIZZO CREDITI SULLA
COPERTURA - ESCLUSIONE - IDONEITÀ DEL FIDO AD ESCLUDERE IL CARATTERE
SOLUTORIO DELLE RIMESSE EFFETTUATE DAL CLIENTE SUCCESSIVAMENTE FALLITO
- INSUSSISTENZA.
In tema di contratti bancari, il cosiddetto
“castelletto di sconto” ovvero il “fido per smobilizzo crediti” non attribuiscono
al cliente della banca, a differenza di quanto avviene con il contratto
di apertura di credito, la facoltà di disporre immediatamente di
una determinata somma di denaro, ma sono esclusivamente fonte, per l’istituto
di credito, dell’obbligo di accettazione per lo sconto, entro un predeterminato
ammontare, dei titoli che l’affidatario presenterà, sì che
il fido non rappresenta l’ammontare delle somme di cui il cliente può
disporre (dovendo queste essere determinate dall’entità degli accreditamenti
effettuati a seguito delle singole operazioni di sconto) ma soltanto il
limite entro il quale la banca è tenuta ad accettare i titoli presentati
dal cliente stesso. Ne consegue che l’esistenza di un fido per lo sconto
di cambiali non può far ritenere coperto un conto corrente bancario,
ne può escludere, ai fini dell’esperibilità dell’azione di
cui all’art. 67 L.F., il carattere solutorio delle rimesse effettuate,
su tale conto, dal cliente, poi fallito, se, nel corso del rapporto, il
correntista abbia “sconfinato” dal limite di affidamento concessogli con
il (diverso) contratto di apertura di credito.
SEZ.
1 SENT. 00969 DEL 30/01/1998
FALLIMENTO - AZIONE REVOCATORIA FALLIMENTARE
- IN GENERE - GARANZIA COSTITUITA PER DEBITO PREESISTENTE E PER DEBITO
CONTESTUALMENTE VENUTO IN ESSERE - REGIME PRESUNTIVO EX ART. 67 L.F. -
APPLICABILITÀ - PORTATA.
FALLIMENTO - AZIONE REVOCATORIA FALLIMENTARE
- FALLIMENTO DELLA SOCIETÀ E DI QUELLO DEI SOCI ILLIMITATAMENTE
RESPONSABILI - ATTI DI DISPOSIZIONE DEL SOCIO - LEGITTIMAZIONE DEL CURATORE
DEL FALLIMENTO SOCIALE - SUSSISTENZA.
In tema di azione revocatoria fallimentare,
qualora la garanzia sia stata costituita in parte con incidenza su di un
debito preesistente ed in altra parte in funzione di un debito contestualmente
venuto in essere, il regime presuntivo di cui al primo comma dell’art.
67 L.F. opera in ordine all’intero rapporto.
Nel quadro della giuridica coesistenza del
fallimento della società e dei conseguenziali fallimenti dei soci
illimitatamente responsabili, la legittimazione all’esercizio dell’azione
revocatoria contro atti di disposizione compiuti dal socio va riconosciuta,
oltre che al curatore del fallimento personale, anche al curatore del fallimento
sociale, in considerazione dell’interesse correlato agli effetti positivi
che, ai fini del soddisfacimento dei creditori sociali, è destinato
a produrre l’incremento del patrimonio personale del socio.
SEZ.
1 SENT. 00690 DEL 24/01/1998
FALLIMENTO - AZIONE REVOCATORIA FALLIMENTARE
- PAGAMENTI - OBBLIGO DI RESTITUZIONE ALLA MASSA FALLIMENTARE - NATURA
GIURIDICA - DEBITO DI VALUTA.
In tema di fallimento, il negozio che costituisce
la fonte dell’atto revocabile (nella specie, un contratto di fornitura
ed il conseguente atto di pagamento della relativa obbligazione pecuniaria)
è dotato di causa lecita ed è idoneo a determinare la produzione
di effetti del tutto legittimi, così come del pari legittimo, nell’ipotesi
di cui all’art. 67, 2° comma L.F., deve astrattamente considerarsi
l’atto del pagamento di un corrispettivo al momento in cui esso sia posto
in essere, la successiva declaratoria della sua inefficacia essendo una
conseguenza (solo eventuale) dell’esperimento dell’azione revocatoria da
parte del curatore. La pronuncia sulla inefficacia del pagamento eseguito
dall’imprenditore prima del fallimento nel cosiddetto periodo sospetto
riguarda, pertanto, un atto giuridico lecito avente ad oggetto una somma
liquida di denaro, alla cui natura di credito di valuta, per la massa fallimentare,
è correlato il solo obbligo (di natura non risarcitoria) di restituzione,
da parte dell’originario creditore del fallito, del tantundem e degli interessi
al saggio legale, salva prova del diritto al risarcimento del maggior danno,
ai sensi dell’art. 1224 cod. civ., commisurato alla perdita patrimoniale
subita ed alla necessità di compensare il danno prodotto.
SEZ.
1 SENT. 00615 DEL 23/01/1998
CONCORDATO PREVENTIVO - AMMISSIONE - EFFETTI
- DIVIETO DI AZIONI ESECUTIVE - AZIONE EX ART. 2932 COD. CIV. - ESCLUSIONE.
In tema di concordato preventivo, il divieto
di iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore previsto
dall’art. 168, 1° comma L.F. riguarda le azioni esecutive in senso
proprio, cioè quelle volte a conseguire il soddisfacimento coattivo
del credito e non si estende alla domanda di esecuzione specifica dell’obbligo
di concludere un contratto di cui all’art. 2932 cod. civ.
SEZ.
1 SENT. 00556 DEL 22/01/1998
FALLIMENTO - SENTENZA DICHIARATIVA DA PARTE
DEL GIUDICE AL QUALE E’ STATO TRASMESSO IL FASCICOLO DAL GIUDICE DICHIARATOSI
INCOMPETENTE - OPPOSIZIONE - NOTIFICAZIONE AL CREDITORE ISTANTE INNANZI
AL PRIMO GIUDICE - NECESSITÀ.
Nel giudizio d’opposizione alla sentenza dichiarativa
di fallimento il creditore istante è contraddittore necessario.
Dichiarata l’incompetenza dal giudice a quo, attivato dall’istanza del
creditore, la trasmissione del fascicolo al giudice ritenuto competente
per la dichiarazione di fallimento non vale a recidere la continuità
della seconda con la prima fase e, conseguentemente, non qualifica la dichiarazione
di fallimento come fallimento d’ufficio e non esclude la necessità
della notificazione dell’atto di opposizione alla sentenza dichiarativa
di fallimento al creditore istante innanzi al tribunale dichiaratosi incompetente
(nella specie la S.C. ha ritenuto corretta la decisione d’appello che aveva
dichiarato nullità della sentenza di primo grado resa nel giudizio
d’opposizione senza che fosse stato integrato il contraddittorio con il
creditore istante).
SEZ.
1 SENT. 00255 DEL 14/01/1998
FALLIMENTO - ACCERTAMENTO DEL PASSIVO - QUESTIONI
ATTINENTI ALLA REVOCABILITÀ DI ATTI COMPIUTI DAL FALLITO - PROPONIBILITÀ
- ESCLUSIONE - LIMITI.
FALLIMENTO - AZIONE REVOCATORIA FALLIMENTARE
- SOCIETÀ CON SOCI A RESPONSABILITÀ ILLIMITATA - ATTI DI
DISPOSIZIONE DEL SOCIO - SCIENTIA DECOCTIONIS - ESTREMI.
Il procedimento di formazione e verificazione
dello stato passivo fallimentare, diretto esclusivamente all’individuazione,
quantificazione e graduazione dei crediti verso il fallito, non può
essere utilizzato al diverso fine del recupero dell’attivo fallimentare.
In tale sede, pertanto, così come in quella della eventuale opposizione
avverso lo stato passivo, le questioni attinenti alla revocabilità
di atti compiuti dal fallito possono trovare ingresso se e nei limiti in
cui si traducano nella mancata ammissione, in tutto od in parte, di un
credito, perché fondato su operazioni caducabili secondo la previsione
degli artt. 66 e 67 della L.F., non anche ove implichino l’acquisizione
di un maggiore attivo, come nel caso in cui si venga ad ordinare
al creditore la restituzione di pagamenti parziali ricevuti dal fallito,
in quanto assoggettabili a revocatoria, con il corrispondente aumento dell’importo
del credito ammesso al passivo.
Nel caso di azione revocatoria fallimentare
concernente atti di disposizione patrimoniale compiuti da un socio illimitatamente
responsabile di una società, dichiarato fallito per effetto del
fallimento di questa, dovendo la conoscenza dello stato di insolvenza riferirsi
non già al socio (il quale, uti singulus, ben può non versare
in stato di insolvenza), ma alla società, l’elemento della scientia
decoctionis deve avere tra le sue componenti oggettive la qualità
di socio illimitatamente responsabile della società in stato di
insolvenza rivestita dall’autore dell’atto revocando, con la conseguenza
che, a seconda che quest’ultimo rientri tra quelli previsti dal primo commao
tra quelli contemplati dal secondo commadell’art. 67 della L.F., il terzo
può provare di avere ignorato che il fallito rivestisse l’anzidetta
qualità e il curatore ha l’onere di provare che il terzo era a conoscenza
che l’altra parte fosse socio illimitatamente responsabile della società
in stato di insolvenza.
SEZ.
1 SENT. 00016 DEL 03/01/1998
FALLIMENTO - AZIONE DI RESPONSABILITÀ
CONTRO GLI AMMINISTRATORI DELLA SOCIETÀ FALLITA - CONSULTAZIONE
DEL COMITATO DEI CREDITORI - MODALITÀ.
Ai fini dell’osservanza dell’obbligo previsto
dall’art. 146 L.F. di sentire il comitato dei creditori per promuovere
l’azione di responsabilità contro gli amministratori della società
fallita, non è necessario che il parere di tale organo venga espresso
con il metodo collegiale, potendo esso risultare anche da separate dichiarazioni
dei singoli componenti ed eventualmente manifestarsi anche col silenzio,
nel caso in cui la richiesta di parere sia stata formulata a ciascun componente
del comitato con l’avvertenza che la mancata manifestazione del parere
entro un termine stabilito sarà considerata come parere favorevole.
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