Tribunale di Roma - Sez. fallimentare - 12 giugno
1997 - Pres. Est. Briasco - Castaldo Costruzioni S.p.A. (avv.
D. e V. Di Gravio) c. fall. Castaldo Costruzioni S.p.A. .
FALLIMENTO - DICHIARAZIONE - INCOMPETENZA - REVOCA
- TRASMISSIONE DEGLI ATTI EX OFFICIO AL GIUDICE COMPETENTE - TEMPESTIVITÀ
(Art. 21 L.F.)
Qualora il tribunale adito per la dichiarazione
di fallimento si ritenga incompetente, si impone al più presto la
trasmissione d’ufficio degli atti a quello ritenuto competente.
(omissis)
L’eccezione di incompetenza di questo Tribunale
è fondata e deve essere accolta.
Trattasi, come è noto, di competenza funzionale,
come tale inderogabile, attribuita al Tribunale del luogo ove l’imprenditore
ha la sede principale dell’impresa: id est (secondo costante giurisprudenza)
il luogo in cui si trova il centro direttivo e amministrativo degli affari
dell’impresa, nulla rilevando che esso non coincide con la sede legale.
Orbene, nel nostro caso la documentazione acquisita
e la stessa personale constatazione del Curatore del Fallimento (vedesi
pag. 4 della relazione ex art. 33 L.F.) conclamano che la sede effettiva
della Castaldo S.p.A. era in Napoli, Piazza Matteotti n. 7.
La sede legale in Roma (quali che siano state
le motivazioni del suo spostamento da Napoli a Roma) era ubicata nello
studio professionale del Dr. Aldo Olivieri, in Via Aurelia n. 58 (il Dr.
Olivieri era anche presidente del Collegio sindacale della società:
cfr. la già citata relazione del Curatore). Trattavasi di mera domiciliazione
“... con esonero di qualsiasi responsabilità a nostro carico, e
con l’esclusivo impegno di inviarVi la corrispondenza, a noi pervenuta
e di Vostra competenza, settimanalmente” (così la nota 12/3/90 da
Olivieri a Castaldo S.p.A., sottoscritta da questa per accettazione: all.
n. 20 alla citata relazione del Curatore).
Ciò posto, non v’è alcun dubbio
né sulla incompetenza di questo Tribunale, né sulla competenza
del Tribunale di Napoli.
È dunque preclusa al Collegio ogni valutazione
sulla sussistenza (o meno) dello stato di insolvenza della Castaldo S.p.A.
(che pur sembrerebbe da escludere alla luce della documentazione offerta
dalla opponente e dalle prime valutazioni compiute dal Curatore. Sta comunque
di fatto che la sentenza dichiarativa di fallimento sarebbe stata evitata,
in presenza della tempestiva desistenza dell’unico creditore istante, ed
in assenza di altri sintomi di dissesto, se la desistenza fosse stata tempestivamente
prodotta dalla Castaldo S.p.A., che se ne era assunta l’onere).
Si impone dunque la revoca, per incompetenza
della sentenza dichiarativa di fallimento.
Si impone altresì, contrariamente all’assunto
distinto in conclusionale dalla difesa attrice, la trasmissione d’ufficio,
ed al più presto, degli atti della procedura al Tribunale di Napoli.
La controversia giurisprudenziale sul punto è
stata risolta da Sez. Un., 1/8/1994 n. 7149 (vedila in Giust. Civile 1994,
I, 3079; cfr. altresì Sex. I, 15/12/1995 n. 12839) che individua
nella trasmissione degli atti del Tribunale dichiaratosi incompetente a
quello ritenuto competente “il mezzo principe attraverso cui la crisi,
aperta dalla pronuncia di incompetenza, va avviata a soluzione, perché
così esige la finalità pubblicistica della procedura”.
Aggiunge la Corte, sulla falsariga di altra propria
sentenza pronunciata, che l’adempimento va realizzato senza indugio.
(omissis)
Nella pratica giurisprudenziale accade di frequente
che ad una dichiarazione di incompetenza del Tribunale fallimentare faccia
seguito la trasmissione degli atti al Tribunale indicato come competente.
Una lontana pronuncia della Corte di cassazione
ha sancito che si tratta di adempimento da realizzarsi senza indugio, (cfr.
Cass. civ., I sez., 28 aprile 1973, n. 1171, in Dir. fall. 1974, II, 256).
Tale principio è stato più volte
confermato, implicitamente, dalla Corte di cassazione, chiamata a pronunciarsi
sulla ammissibilità del regolamento di competenza d’ufficio, ex
art. 45 cod. proc. civ. nei casi in cui, dichiarata da un primo tribunale
l’incompetenza per territorio a pronunciare il fallimento di un imprenditore,
il processo non venga riassunto nei tempi e nei modi previsti dall’art.
50 cod. proc. civ. davanti al tribunale indicato come competente. Sul punto
cfr: Cass. civ. Sez. I, 23 gennaio 1997, n. 702 in Dir. fall., 1997, 2,
II, 446; idem, 28 marzo 1996, n. 2860 in Il fallimento, 1996, 11, 1118;
idem, 10 gennaio 1996, n. 151 in Il fallimento, 1996, 4, 366; idem, 19
luglio 1995, n. 7798 in Il fallimento, 1996, 4, 366; idem, 15 dicembre
1995, n. 12839, in Il fallimento, 1996, 6, 546; Trib. di Torino, 18 novembre
1994, in Dir. fall., 1995, 5, II, 885; Cass., Sez. Unite, 1 agosto 1994,
n. 7149, in Il fallimento, 1995, 4, 352.
Si evidenzia come prima della sentenza delle
Sezioni Unite citata, si era formata una giurisprudenza contraria, che
escludeva il ricorso al regolamento di competenza d’ufficio, in difetto
di tempestiva riassunzione del processo, annullando, di fatto, gli effetti
della trasmissione ex officio degli atti al secondo giudice (cfr. Cass.
civ., Sez. I, 29 marzo 1994, n. 3064, in Il fallimento, 1994, 8, 847; idem,
16 marzo 1994, n. 2520, in Il fallimento, 1994, 10, 1006; idem, 26 giugno
1992, n. 8018, in Il fallimento, 1992, 11, 1124; idem, 5 agosto 1988, n.
4856, in Il fallimento, 1989, 1, 18).
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