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(“Il fine giustifica i mezzi”) de Il principe (1513) di Niccolò Machiavelli (1469 - 1527), offrendo ai nostri lettori, oltre all’originale, una trasposizione in un linguaggio attuale per renderne più scorrevole la lettura.
cap. XVIII 2 Dovete sapere, dunque, che esistono due modi di combattere: uno con le leggi, l’altro con la forza. Il primo è il modo proprio degli uomini, il secondo è quello delle bestie; ma poiché molte volte il primo non basta, bisogna ricorrere al secondo. Pertanto, ad un principe è necessario saper usare bene sia il modo delle bestie, sia quello degli uomini. Gli antichi scrittori hanno insegnato ai principi questo concetto per una via indiretta: essi raccontano infatti che Achille e molti altri principi antichi furono allevati dal centauro Chirone, che provvide alla loro educazione. Questo fatto - di avere come precettore una creatura mezzo umana e mezzo animale - significa che ad un principe è necessario saper usare sia l’una sia l’altra natura; e che l’una senza l’altra non dura a lungo. 3 Poiché dunque ad un principe è necessario saper usare bene anche la natura animale, tra queste deve assumere quelle della volpe e del leone. Ruesto perché il leone non si sa difendere dalle trappole, e la volpe non si sa difendere dai lupi: bisogna quindi essere volpe per saper riconoscere le trappole, ed essere leone per riuscire a intimorire i lupi. Quelli che assumono soltanto la natura del leone, non fanno bene. Un signore prudente non può, né deve mantenere la parola data, quando l’osservanza di questa gli si ritorca contro e quando non sussistano più le ragioni che gliela hanno fatta dare. Se gli uomini fossero tutti buoni, questa indicazione non sarebbe buona; ma poiché essi sono cattivi, e non manterrebbero con te la parola data, tu anche non la devi mantenere con loro. Né è mai avvenuto che ad un principe siano mancate argomentazioni legittime per mascherare l’inosservanza degli impegni. Di questo si potrebbero dare infiniti esempi moderni, e si potrebbe mostrare quante paci, quante promesse sono state vanificate a causa della slealtà dei principi: e colui il quale ha saputo usare meglio la natura della volpe, è quello che ha avuto i maggiori vantaggi. Ma questa natura è opportuno saperla mascherare bene, e saper essere un gran simulatore e dissimulatore; gli uomini sono tanto ingenui, e talmente legati alle circostanze presenti, che colui che inganna troverà sempre chi si lascia ingannare. 4 Degli esempi
recenti, voglio farne uno: Alessandro VI (il Papa Borgia) non fece mai
altro, non pensò mai ad altro che ad ingannare, e sempre trovò
qualcuno con cui poterlo fare. E d’altronde non vi fu mai nessuno che promettesse
con maggiore fervore, e con maggiori giuramenti affermasse una cosa, e
che poi l’osservasse di meno; tuttavia continuò ad ingannare a suo
piacimento, perché conosceva bene questo aspetto del mondo.
5 Un principe,
dunque, deve avere grande cura che non gli esca mai di bocca una parola
che non sia
[*] Nel testo originale Machiavelli utilizza qui il termine “stato”, che con la moderna sensibilità potrebbe essere interpretato come “condizione personale o sociale”. Si è tuttavia preferito rendere lo “stato” di Machiavelli come “potere”, nel senso di “principato” o “feudo”, considerando che, sebbene Machiavelli abbia scritto “Il principe” in pieno periodo rinascimentale (1513) la sua formazione risentiva ancora del clima medioevale e, comunque, rivolgeva la sua opera ad un principe teso a conquistare e mantenere il potere materiale assai più che una “condizione” di prestigio.
1 Quanto sia laudabile in uno principe mantenere la fede e vivere con integrità e non con astuzia, ciascuno lo intende; nondimanco, si vede per esperienza ne’ nostri tempi quelli principi avere fatto gran cose che della fede hanno tenuto poco conto, e che hanno saputo con l’astuzia aggirare e’ cervelli degli uomini; e alla fine hanno superato quelli che si sono fondati in sulla lealtà. 2 Dovete adunque sapere come sono dua generazioni di combattere: l’uno con le leggi, l’altro con la forza: quel primo e’ proprio dello uomo, quel secondo e’ delle bestie: ma, perché el primo molte volte non basta, conviene ricorrere al secondo. Pertanto, a uno principe e’ necessario sapere bene usare la bestia e l’uomo. Questa parte e’ suta insegnata a’ principi copertamente dagli antichi scrittori; li quali scrivono come Achille e molti altri di quelli principi antichi furono dati a nutrire a Chirone centauro, che sotto la sua disciplina li custodissi. Il che non vuole dire altro, avere per precettore uno mezzo bestia e mezzo uomo, se non che bisogna a uno principe sapere usare l’una e l’altra natura; e l’una sanza l’altra non e’ durabile. 3 Sendo dunque uno principe necessitato sapere bene usare la bestia, debbe di quelle pigliare la golpe e il lione; perché il lione non si defende da’ lacci, la golpe non si defende da’ lupi. Bisogna adunque essere golpe a conoscere e’ lacci e lione a sbigottire e’ lupi. Coloro che stanno semplicemente in sul lione, non se ne intendano. Non può, pertanto, uno signore prudente né debbe osservare la fede, quando tale osservanzia li torni contro e che sono spente le cagioni che la feciono promettere. E, se gli uomini fussino tutti buoni, questo precetto non sarebbe buono; ma, perché sono tristi e non la osservarebbono a te, tu etiam non l’hai ad osservare a loro. Né mai a uno principe mancorono cagioni legittime di colorire la inosservanzia. Di questo se ne potrebbe dare infiniti esempli moderni, e mostrare quante paci, quante promesse sono state fatte irrite e vane per la infedelità de’ principi: e quello che ha saputo meglio usare la golpe, e’ meglio capitato. Ma e’ necessario questa natura saperla bene colorire, ed essere gran simulatore e dissimulatore: e sono tanto semplici gli uomini, e tanto obediscano alle necessità presenti, che colui che inganna troverrà sempre chi si lascerà ingannare. 4 Io
non voglio degli esempli freschi tacerne uno. Alessandro VI non fece mai
altro, non pensò mai ad altro che a ingannare uomini, e sempre trovò
subietto da poterlo fare. E non fu mai uomo che avessi maggiore efficacia
in asseverare, e con maggiori giuramenti affermassi una cosa, che la osservassi
meno: nondimeno, sempre li succederono gli inganni ad votum, perché
conosceva bene questa parte del mondo.
5 Debbe,
adunque, avere uno principe gran cura che non gli esca mai di bocca una
cosa che non sia piena delle soprascritte cinque qualità, e paia,
a vederlo e udirlo, tutto pietà, tutto fede, tutto integrità,
tutto umanità, tutto religione.
[**]Il testo di Machiavelli
e’ pubblicato in due versioni diverse:
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