con nota di F. Ruggieri
I
Tribunale di Roma
- sez. fallimentare - 2 dicembre 1996 - Pres. Grimaldi - Est. Vitalone
- fall. S.p.A. “Unione Cartiere” (avv. C. Perris) c. Pulicari (avv. F.
Zannini).
CONSECUZIONE DI PROCEDURE - REVOCATORIA EX ART. 67, II COMMA, L.F. -
COMPUTO DEL PERIODO SOSPETTO - TERMINE INIZIALE (art. 67 L.F.)
AMMINISTRAZIONE CONTROLLATA - PAGAMENTI VALIDAMENTE COMPIUTI - REVOCABILITÀ
- ESCLUSIONE (artt. 67, 167, 188 L.F.)
Nell’ipotesi di successione della procedura di fallimento a quelle
di amministrazione controllata e del concordato preventivo, il computo
a ritroso del periodo sospetto per l’esercizio dell’azione revocatoria
va fatto iniziare dalla data del decreto di ammissione alla procedura di
amministrazione controllata. [1]
I pagamenti effettuati dall’imprenditore nel corso della procedura
di amministrazione controllata, non sono soggetti a revocatoria in caso
di successivo fallimento. [2]
II
Tribunale di Roma - sez. fallimentare 14 dicembre 1996 - Pres. Grimaldi
- Est. Bacca-rini - fall. S.p.A. “Unione Cartiere” (avv. G. Uva) c. Santalmasi
(avv. G. Conforti).
CONSECUZIONE DI PROCEDURE - REVOCATORIA EX ART. 67, II° COMMA L.F.
- COMPUTO DEL PERIODO SOSPETTO. (art. 67 L.F.)
Per determinare il periodo sospetto, deve aversi riguardo, nel caso
di sequenza di procedure senza soluzione di continuità, al momento
dell’apertura della prima, salvo che il fallimento sia sopravvenuto per
cause impreviste ed eccezionali. [1]
Nei casi di consecuzione di procedure sono efficaci e prededucibili
i pagamenti di debiti contratti nel corso dell’amministrazione controllata
e preordinati alla normale gestione dell’impresa, ovvero comunque autorizzati
dal g.d. ed utili alla massa dei creditori. [2]
III
Corte d’appello di Roma - sez. I - 20 gennaio 1997 - Pres. Lo Turco - Est.
Apice - fall. S.p.A. “Unione Cartiere” (avv. U. Ojetti) c. Curzi (avv.
F. Montiroli).
CONSECUZIONE DI PROCEDURE - REVOCATORIA EX ART. 67, I E II COMMA L.F.
- COMPUTO DEL PERIODO SOSPETTO. (art. 67 L.F.)
Più procedure concorsuali consecutive costituiscono fasi di
un unico procedimento concorsuale, conseguendone la non revocabilità
degli atti compiuti nel corso della fase di amministrazione controllata,
perché compresi nella prededuzione di cui all’art. 111 L.F. e la
revocabilità, invece, dei soli atti compiuti nel periodo sospetto
anteriore all’inizio della prima procedura. [1, 2]
I
(omissis) Quanto al terzo gruppo di pagamenti, i dati normativi (art. 167
L.F. richiamato dall’art. 188, 2° comma L.F.) impongono la soluzione
dell’intangibilità degli atti validamente compiuti nel corso dell’amministrazione
controllata e del concordato preventivo. Infatti, per un verso la pregiudizievolezza
per i creditori è qui da escludere, stante la vigilanza del commissario
(con il potere autorizzativo del g.d.) su tutta la gestione dell’impresa;
per altro verso, è dalla stessa disciplina degli atti non autorizzati
- per i quali è comminata l’inefficacia ope legis quando gli atti
sono di straordinaria amministrazione - che bisogna far discendere la non
assoggettabilità a revocatoria degli atti regolarmente compiuti.
Inoltre, la coerenza logica impone questa conclusione anche alla luce
della c.d. teoria della “unitarietà”. Com’è noto, la giurisprudenza
consolidata considera più procedure concorsuali che si susseguono
come più fasi di un unico procedimento concorsuale, conseguendone
che potranno essere revocati gli atti compiuti nel periodo sospetto anteriore
all’inizio della prima procedura.
Corollario inevitabile di tale impostazione è l’esclusione della
revocatoria degli atti compiuti nel corso dell’amministrazione controllata,
perché, trattandosi di atti compiuti nel corso di una fase del procedimento,
vanno considerati alla stregua delle spese di amministrazione e perciò
ricompresi nella nozione di prededuzione di cui all’art. 111 L.F.. Dalla
prededucibilità discende la non revocabilità, in quanto gli
atti da cui si generano debiti di massa sono necessariamente privi dei
requisiti degli atti soggetti a revocatoria (in particolare, trattasi di
atti formalmente riconducibili alla volontà del debitore, ma nella
sostanza imputabili alla volontà degli organi della procedura, come
se fossero, cioè, spese di amministrazione o costi di un esercizio
provvisorio). (omissis)
II
(omissis) ... sia in dottrina che in giurisprudenza, (...) prevale la conclusione
che per determinare il periodo sospetto deve aversi riguardo, nel caso
di sequenza di procedure concorsuali succedutesi senza soluzione di continuità,
al momento dell’apertura della prima procedura instaurata (con riferimento
al caso in esame, in cui ci sia stata amministrazione controllata, poi
convertita in concordato preventivo e infine in fallimento, si veda App.
Palermo, 16.5.86, in Il fallimento 1986, 1216; Trib. Roma, 28.5.82, ivi,
1982 1548; per il problema più in generale, tra le tante: Cass.
22.11.91 n. 12573; Cass. 7.5.91 n. 5025; Cass. 19.10.93 n. 10353; Cass.
20.5.92 n. 6074; Cass. 2.6.88 n. 3741; oltre a quelle indicate dalle parti.
In dottrina si possono ricordare: Satta, Diritto fallimentare, 1974, 195;
Provinciali, Trattato di diritto fallimentare, 1974, 1023).
Detta conclusione si basa, in primo luogo, sulla constatazione che
lo stato di insolvenza era esistente sin dall’inizio (ovvero, dall’epoca
della prima procedura) e che si è pervenuti alla finale dichiarazione
di fallimento senza soluzione di continuità, né può
ribattersi che proprio le precedenti ammissioni alla amministrazione controllata
e al concordato preventivo avessero escluso lo stato di dissesto finale,
poiché è facile osservare come proprio l’esito infausto finale
abbia dimostrato la irrevocabilità dello stato di dissesto dell’impresa,
indipendentemente da come potesse apparire e dalle speranze di ripresa
che potesse alimentare; con l’unico limite, ovviamente, che il fallimento
non sia dipeso da situazioni intervenute impreviste ed eccezionali, che
peraltro debbono venire allora esattamente individuate, ma che nel caso
non esistono e non sono state nemmeno ipotizzate dal convenuto.
In secondo luogo, e principalmente, si fa notare come l’intera vicenda
(con il fallimento succeduto a procedure c.d. “minori”) costituisca un
procedimento unitario volto sin dall’inizio a tutelare e a garantire la
par condicio creditorum. Per cui sarebbe, oltre che ingiusto, inaccettabile
il risultato di rendere non revocabili quelle condotte lesive della par
condicio compiute dall’imprenditore, già consapevolmente e manifestamente
insolvente.
D’altra parte, l’art. 67 L.F. ricollega l’azione revocatoria alla sussistenza
di uno “stato in insolvenza” e tale situazione è presupposto pure
dell’ammissione all’amministrazione controllata o al concordato preventivo,
seppure con una prognosi ottimistica che, tuttavia, resta solo una prognosi
e non un dato certo, tanto è vero che, nel caso, è rimasta
disattesa. Mentre l’ulteriore requisito della “dichiarazione di fallimento”,
pure previsto dall’art. 67, è stato sempre interpretato dalla citata
giurisprudenza come indicante un atto giurisdizionale comunque accertante
lo stato di insolvenza.
(omissis) Orbene, è noto che nei casi di consecuzione di procedure
non tutti i pagamenti effettuati nel periodo dell’amministrazione controllata
sono inefficaci nei confronti dei creditori.
Sono, infatti, non solamente efficaci, ma addirittura prededucibili
(Cass. n. 4892 del 1989), i pagamenti effettuati per onorare debiti, contratti
nel corso dell’amministrazione controllata e preordinati alla normale gestione
dell’impresa, come pure lo sono i pagamenti effettuati per onorare debiti
che, seppure non appartenenti al novero suddetto, siano stati autorizzati
dal g.d. e vengano in qualche modo accertati come utili per la massa dei
creditori. Per cui, potrebbero venire ritenuti inefficaci solamente i pagamenti
non inquadrabili in simili categorie.
Tuttavia, il fallimento attore non ha provato, come era suo onere ai
sensi dell’art. 2697 cod. civ., che i pagamenti da revocare concernevano
debiti appartenenti a tale ultimo novero. Per cui, va rigettata la domanda
per tutti questi pagamenti. (omissis)
III
(omissis) I pagamenti effettuati dall’imprenditore nel corso della procedura
di amministrazione controllata ed autorizzati dal giudice delegato, ovvero
non autorizzati se rientrati nell’ordinaria amministrazione, non sono soggetti
a revocatoria in caso di successivo fallimento, in quanto finalizzati ad
estinguere debiti contratti nell’interesse della massa e che se non fossero
stati pagati avrebbero goduto della prededuzione in sede di riparto dell’attivo
fallimentare (Cass. 2 maggio 1994 n. 4236; Trib. Roma 13 settembre 1995).
È del tutto evidente infatti che non potrà essere oggetto
di azione revocatoria ai sensi dell’art. 64 L.F, un pagamento che comunque
avrebbe titolo per essere effettuato prima di ogni altro, in prededuzione
appunto, nel caso la società non sia riuscita a risanarsi, sì
da essere dichiarata fallita. Si aggiunga un’altra osservazione: se i fornitori
di una società in amministrazione controllata, certi quindi dello
stato di crisi finanziaria in cui si dibatte la loro cliente, rischiassero
la revoca dei pagamenti effettuati a loro favore nel corso della procedura
e nell’ipotesi di fallimento, ben pochi sarebbero disposti a proseguire
i rapporti con essa e a conferirle credito. (...) Nell’ipotesi di successione
della procedura di fallimento a quella di amministrazione controllata e
di concordato preventivo, il computo a ritroso del periodo sospetto per
l’esercizio dell’azione revocatoria va fatto iniziare dalla data del decreto
di ammissione alla procedura di amministrazione controllata e non da quella
della dichiarazione di fallimento, giacché è in dato momento
che si ha la verifica della crisi economica, alla quale segue poi la sentenza
di fallimento (Cass. 26.11.1993 n. 1173; Cass. 13.4.1994 n. 3421).
Note
[1] Principio consolidato nella giurisprudenza di
legittimità; oltre ai precedenti riportati nelle motivazioni delle
prime due sentenze in rassegna, vedere la recente Cass. 27 ottobre 1995
n. 11216, in Il fallimento 1996, 529 con nota di Marchetti, che indica
precedenti di merito contrari; tale pronunzia ha ad oggetto la successione
fra concordato preventivo e fallimento, ma il principio è applicato
in via generale ad ogni consecuzione di procedure minori e fallimento (vedere
anche Cass. 2 maggio 1994 n. 4240, ivi 1994, 1147).
Cass. 26 novembre 1993 n. 11739, richiamata dalla prima delle sentenze
in rassegna, si trova pubblicata in Foro it. 1994, I, 1807 con nota di
Fabiani sulla costituzionalità dell’indirizzo che retrodata all’inizio
della prima procedura il dies a quo del periodo sospetto ai fini della
revocatoria; su tale argomento cfr. l’ordinanza di rimessione alla Corte
Costituzionale emessa dal Trib. Milano 23 settembre 1994, in Il fallimento,
1995, 206 con nota critica di Panzani.
Sul contiguo problema del computo del termine prescrizionale per l’esercizio
della revocatoria fallimentare (se il quinquennio decorra dalla data dell’atto
oggetto di revocatoria ovvero, secondo l’opinione dominante, dalla data
della declaratoria di fallimento) si segnala Cass. 9 maggio 1996 n. 4347,
in Foro it. 1996, I, 2734, nonché in Il fallimento 1996, 1108, che,
nel caso di consecuzione di procedure, fa decorrere la prescrizione dalla
data del provvedimento di ammissione all’amministrazione concordata. -torna
al testo
[2] Anche tale massima è tralatizia in giurisprudenza;
oltre ai precedenti indicati nelle motivazioni delle prime due sentenze,
vedere: Cass. 12 luglio 1994 n. 6556 in Il fallimento 1995, 164; Cass.
5 febbraio 1993 n. 1444, ivi 1993, 724; Cass. 21 dicembre 1990 n. 12157,
ivi 1991, 680. Interessanti anche le perplessità sollevate circa
la prededucibilità da Cass. 11 gennaio 1995 n. 251, in Il fallimento
1995, 828, con nota di Lamanna.
Peraltro, il principio della prededucibilità non è enunciato
in modo assoluto nelle prime due pronunzie in rassegna. Si precisa infatti
- più chiaramente nella seconda - che la prededucibilità
da cui si induce la non revocabilità dei pagamenti effettuati durante
l’amministrazione, non si fonda semplicemente sul dato formale della sussistenza
dell’autorizzazione degli organi fallimentari, ma sull’accertamento, da
parte del Tribunale adìto in sede contenziosa, di un interesse della
massa all’effettuazione della spesa, ovvero di un’utilità di questa
per i creditori fallimentari. Risulta perciò particolarmente apprezzabile
l’ulteriore approfondimento, contenuto nella seconda motivazione, circa
la ripartizione, ai suddetti fini, dell’onere probatorio. Si precisa infatti
che, in difetto di prova contraria da parte del fallimento attore in revocatoria,
l’utilità delle spese sostenute nel corso dell’amministrazione controllata
si presume.
Opposto è invece l’orientamento giurisprudenziale dominante
nelle fattispecie di consecuzione fra concordato preventivo e fallimento,
attesa la finalità squisitamente satisfattoria riconosciuta prima.
Negano la prededucibilità dei pagamenti concordatari: Cass. 16 novembre
1989 n. 4892, in Il
fallimento 1990, 402; Cass. 5 febbraio 1988 n. 3325, ivi 1988, 967.
Introducono deroghe a tale principio: Trib. Bergamo (ord.) 11 aprile 1995,
ivi 1995, 1155 con nota di Oliva, nonché Trib. Monza 3 gennaio 1991,
ivi 1991, 531, quest’ultima ammettendo la prededucibilità delle
sole spese di procedura. -torna
al testo
Gira pagina
INDIETRO
|
AVANTI
|
|