ISTANZE
DI RIFORMA DELLE ESECUZIONI IMMOBILIARI
Se si osserva l’evoluzione più recente della
legislazione italiana destinata a disciplinare il recupero dei crediti, si deve
prendere atto che il legislatore si è ben accorto che le cose non funzionano.
Infatti, con la legge 302/98, si sono delegate ai notai le vendite immobiliari,
offrendo così un chiaro segnale che i tribunali non permettevano ai creditori
un celere recupero dei loro crediti, e con la legge 330/2000 si sono
disciplinate le “cartolarizzazioni”, cioè le cessioni di enormi pacchetti di
crediti a società appositamente create secondo le linee guida dei finanzieri
anglosassoni, evidenziando così che l’economia, soprattutto quella del sistema
bancario, non può tollerare i tempi lunghi della giustizia ed i modesti
recuperi che essa riesce a fornire. Con questi rimedi, tuttavia, il legislatore
italiano sembra aggirare il problema fondamentale che risiede nel sistema
stesso delle esecuzioni, ormai assolutamente inadatto alla velocità degli
scambi commerciali. E che qualcosa di più e di meglio si possa fare, l’hanno
dimostrato quei pochi magistrati che, ormai da qualche tempo, hanno sveltito e
modernizzato, sia pure senza stravolgerla, l’attuale disciplina codicistica
delle espropriazioni forzate.
L’opera meritoria di questi magistrati permette di
analizzare le maggiori problematiche del sistema vigente.
1)
– LA DIFFUSIONE DELLE
INFORMAZIONI COMMERCIALI – Sino a pochi mesi fa, esisteva una pubblicazione che raccoglieva tutte
le vendite immobiliari del tribunale: si trattava del “FAL”, il Foglio degli
Annunzi Legali della Provincia, edito dalla pubblica amministrazione. E’ stato
abolito con l’art. 31 della legge 24.11.2000 n. 340 anche per la sua
istituzionale limitazione territoriale: esso, infatti, non serviva,
concretamente, a pubblicizzare le vendite immobiliari del settore fallimentare
dove, ad esempio, si possono vendere
presso il Tribunale di Roma, beni immobili siti a Catania. Né era possibile, a
meno di un impegno straordinario, procurarsi il FAL di un’altra provincia.
Così, se un lettore di Milano avesse voluto informarsi circa l’eventuale messa
all’asta di un casale in Umbria, avrebbe dovuto procurarsi il FAL di Perugia o
di Terni. E che dire di quei fallimenti che, dichiarati e Torino ed avendo un bene
in Toscana, pubblicavano la vendita, per abitudine o inesperienza, sul FAL del
Tribunale, anziché su quello relativo all’ubicazione dell’immobile. Nell’epoca
della globalizzazione, una pubblicazione a valenza provinciale è apparsa ormai
priva di senso. E, giustamente, è stata eliminata. Tuttavia essa non è stata
sostituita, lasciando così liberi gli operatori della giustizia di scegliere le
forme di pubblicità ritenute più idonee, mentre sempre crescente è l’interesse
del pubblico per le aste giudiziarie immobiliari. In effetti manca,
attualmente, uno strumento capace di raccogliere tutte le vendite forzate che
si svolgono nello Stato, ordinatamente presentate per categorie di immobili e
per ubicazione. Sarebbe quindi auspicabile un intervento normativo nel settore
delle informazioni commerciali o, quanto meno, una razionalizzazione del
sistema di pubblicità delle vendite dei tribunali.
2)
– LA VISITA DEGLI IMMOBILI
SUBASTATI –
Un altro aspetto che risulta carente è quello della possibilità di visita degli
immobili che il tribunale pone in vendita. L’ispezione del bene che si intende
acquistare risponde ad un’elementare esigenza di informazione del potenziale
acquirente che in molti settori della vita economica ha trovato esplicita
disciplina legislativa. In tutte le pubblicità riguardanti i prodotti
finanziari, ad esempio, è obbligatorio ricordare al pubblico che è necessario
leggere, prima di sottoscrivere qualunque contratto dello specifico settore, il
“prospetto informativo” nel quale vengono raccolte tutte le informazioni sulla
rischiosità dell’investimento e che, prima di essere posto in circolazione,
deve essere controllato dall’apposito Comitato di vigilanza. Anche la
legislazione europea ha varato una specifica direttiva a tutela del consumatore
che, recepita in Italia con la legge 6 febbraio 1996 n. 52, ha addirittura
introdotto un nuovo capo al codice civile nel quale, agli artt. 1469 bis e
seguenti, vengono specificate le norme di tutela contro le vessazioni nei
rapporti di cui è parte un consumatore. Nella vendita forzata, invece, vige il
principio opposto. Recita l’art. 2922 cod. civ.: “Nella vendita forzata non ha luogo la garanzia per i vizi della cosa. /
Essa non può essere impugnata per causa di lesione” ed a fronte di una
regola così penalizzante per l’acquirente, non è prevista alcuna possibilità di
ispezione diretta delle condizioni in cui si trova l’immobile offerto in
vendita. Per vero l’art. 570 cod. proc. civ. prevede che, nell’avviso d’asta,
deve essere inserito l’avvertimento che “maggiori
informazioni” possono essere fornite dalla cancelleria, ma si tratta, di
tutta evidenza, di notizie circa al procedura di vendita, non certo relative
allo stato dell’immobile pignorato che il cancelliere, a sua volta, non ha mai
visto. Inoltre le stesse perizie delegate agli esperti nominati dal giudice
dell’esecuzione, non seguono tutte un formulario che preveda, almeno,
l’immagine fotografica delle singole parti dell’immobile e, quand’anche la
relazione peritale fosse corredata da un servizio fotografico completo, si deve
osservare che, tra il tempo della perizia e quello dell’aggiudicazione,
trascorrono, spesso, molti anni durante i quali l’immobile può subire un
notevole degrado. Nulla, insomma, riesce a sostituire l’ispezione diretta del
bene da acquistare in prossimità dell’asta e la carenza della legge su questo
punto è un altro di quegli aspetti che allontanano il grande pubblico dalle
aste dei tribunali.
3)
– IL FENOMENO DELLA
TURBATIVA D’ASTA – Assai diffusa è la preoccupazione di coloro che, avvicinandosi alle
aste giudiziarie, temono di rompere equilibri stratificatisi nel tempo così da
diventare vittime di pesanti attacchi da parte degli speculatori abituali del
settore. Invero si tratta di una preoccupazione assolutamente ingiustificata,
anche se non si può negare che possano verificarsi casi in cui taluno avvicini
l’interessato all’aggiudicazione nel tentativo di negoziare un suo recesso
dall’offerta. Il fenomeno, del resto, è previsto e punito dall’art. 353 cod.
pen. con il quale è gravemente sanzionato colui che, con mezzi coercitivi o con
allettamenti, tenda ad allontanare gli interessati dai pubblici incanti, ma,
come generalmente avviene, l’indagine sulla turbativa dell’asta è affidata al
pubblico ministero, mentre sarebbe auspicabile che, su tale fenomeno, potesse
intervenire immediatamente il giudice dell’esecuzione davanti al quale l’asta
si svolge, magari in via d’urgenza e temporanea, delegando al pubblico
ministero la fase successiva dell’investigazione completa dei fatti.
4)
– INTERVENTO DI UNA
STRUTTURA ASSOCIATIVA PRIVATA – I difetti del processo esecutivo sopra segnalati,
con particolare riferimento al momento della vendita forzata degli immobili,
potrebbero essere risolti esaltando una linea di tendenza già presente nel
codice di procedura civile. Qui, infatti (artt. 532, 533 e 534 cod. proc.
civ.), è previsto che della vendita possa occuparsi un commissionario, cioè un
soggetto privato il quale, scelto attraverso una gara ad evidenza pubblica, e,
quindi, con tutte le garanzie del caso, procede all’organizzazione dell’asta e
trasferisce alla cancelleria del tribunale i proventi delle vendite. Tale
meccanismo è regolarmente applicato dall’Amministrazione della Giustizia per la
vendita dei beni mobili pignorati e non si rinvengono ostacoli nella legge ad
applicarlo a quella dei beni immobili. In tal caso, anzi, una specifica
professionalità ed un’apposita struttura potrebbero aiutare a sveltire il
recupero del credito predisponendo anche le condizioni per la migliore custodia
dei beni assoggettati ad espropriazione e, addirittura, la visita dell’immobile
in prossimità dell’asta. Se si osserva l’attuale sistema delle vendite
giudiziarie, ci si accorge che esso è formidabile per gli aspetti della
regolarità del procedimento di subastazione, potendo il giudice dell’esecuzione
intervenire per dirimere qualsiasi contestazione, mentre è assai carente sotto
il profilo più propriamente mercantile, afferente sia all’offerta al pubblico,
che alla penetrazione del mercato. Si potrebbe, pertanto, suddividere il
problema riservando alla magistratura il controllo della regolarità delle aste,
mantenendosi inalterato il vigente sistema delle opposizioni all’esecuzione ed
agli atti esecutivi, e deferire ad una struttura privata, altamente
professionale ed appositamente qualificata, la funzione di offrire sul mercato
i beni pignorati con procedure di aggiudicazione specializzate e, quindi,
snelle, rapide ed efficienti superando, così, le lentezze che il sistema
burocratico della gestione delle decine di migliaia di esecuzioni da parte di
una sola cancelleria inevitabilmente comporta. E’ vero che una parte di questi
problemi si è tentato di superarli con la legge 302/98, con la quale si sono
affidate ai notai le operazioni di vendita, ma è altrettanto vero che anche
questa categoria di professionisti non ha una idonea struttura commerciale per
un adeguato intervento sul mercato. In altre parole i notai si aggiungono ai
giudici delle esecuzioni negli aspetti formali dell’asta, ma rimangono
inalterati gli aspetti commerciali della vendita, quali la custodia dei beni,
la visita degli immobili in prossimità dell’asta ed un’adeguata informazione
del pubblico. E’ evidente che l’istituto autorizzato alle vendite giudiziarie
dovrebbe essere remunerato con una percentuale sul ricavato dell’asta, ma è
altrettanto vero che la velocizzazione delle operazioni di vendita
compenserebbe ampiamente il creditore del sacrificio che subirebbe in
conseguenza di tale trattenuta.
5)
– CONVENZIONI BANCARIE PER
L’EROGAZIONE DEI MUTUI – L’art. 540 cod. proc. civ. dispone che la vendita in sede giudiziaria
si fa per contanti e tale norma, sia pure dettata per l’espropriazione
mobiliare, permea tutto il sistema delle esecuzioni, tanto che di rarissima
applicazione è la disposizione di cui all’art. 508 cod. proc. civ. che
permetterebbe all’aggiudicatario il vantaggio di accollarsi l’eventuale mutuo
ipotecario già esistente sull’immobile riducendo, così, la liquidità necessaria
ad aggiudicarselo all’asta. Stratificate resistenze psicologiche hanno quindi
sin qui impedito che si predisponessero strumenti finanziari che, integrati con
le regole dell’espropriazione immobiliare, permettessero di partecipare alle
aste giudiziarie con l’assistenza di mutui bancari. Fortunatamente anche questo
limite si sta sgretolando sotto l’impulso di quei tribunali che, come Monza e
Bologna tra i primi, stanno dimostrando la perfetta compatibilità
dell’intervento bancario a sostegno della propria clientela che intende
partecipare alle aste giudiziarie. Gli interventi bancari, tuttavia, stentano
ad assumere l’aspetto di una normale “procedura” di finanziamento, dovendo di
volta in volta adattarsi alle prassi dei vari tribunali e qui conquistare
quella tempistica che, sola, può assicurare sufficienti garanzie all’erogazione
del credito. Vi è inoltre il problema delle aste in sede fallimentare che,
sostanzialmente affidate ai curatori, talvolta inesperti, non offre al sistema
bancario le stesse garanzie delle aste gestite dal giudice dell’esecuzione
individuale o dai notai. Anche sotto questo profilo, dunque, sarebbe
auspicabile l’intervento del legislatore per disciplinare in modo uniforme
l’assistenza dei mutui bancari a coloro che intendono partecipare alle aste dei
tribunali.