Il Mercante di Venezia
di
William Shakespeare
Nell’opulenta, multietnica (“Othello, il
Moro di Venezia”, altro dramma di Shakespeare del 1604, era un generale della
Repubblica ed era amato dalla
eburnea Desdemona) e commercialissima Venezia del XVI° secolo,
Bassanio chiede al caro amico Antonio,
mercante di Venezia, di prestargli 3000 ducati che gli sono necessari per
presentarsi degnamente nella favolosa città di Belmonte a tentare la
problematica scelta fra i tre scrigni d’oro, d’argento e di piombo; la giusta
scelta permetterà di sposare la bellissima Porzia, Signora di Belmonte, come da
disposizioni testamentarie del padre di quest’ultima, recentemente scomparso.
Antonio
ha investito tutto il suo patrimonio spedendo le sue navi a commerciare ai
quattro angoli della terra, ma pur di assecondare Bassanio si rivolge al ricco
ebreo Shylock impegnandosi a restituirgli i 3000 ducati alla scadenza di tre mesi. Tra
Antonio e Shylock i rapporti sono però tesi da tempo perché il primo,
nobile e generoso mercante, ha sempre intralciato l’attività usuraia del secondo,
arrivando sino ad insultarlo ripetutamente in pubblico. Il contratto prevede
quindi una singolare penale (bond): se
Antonio, alla scadenza,
non potrà restituire i 3000 ducati, Shylock avrà diritto a tagliare e prendersi una
libbra esatta di quella parte del corpo di Antonio che gli piacerà scegliere.
Bassanio
può quindi partire per Belmonte dove riesce a risolvere l’enigma scegliendo lo
scrigno di piombo ed a sposare Porzia.
Altre
nozze si aggiungono a queste e saranno quelle di altri due amici di Antonio
e Bassanio: Graziano sposerà Nerissa, ancella di Porzia, e Lorenzo sposerà
Jessica, la figlia di Shylock, che, per congiungersi al suo innamorato, è
fuggita di casa prelevando parecchi ducati e gioielli e facendosi cristiana.
I
festeggiamenti a Belmonte sono però bruscamente interrotti dalla notizia che
tutte le navi di Antonio
sono naufragate e Shylock, trascinato dall’antico odio ed esasperato dalla fuga
di Jessica (con i suoi soldi) pretende da Antonio, ormai in bancarotta,
l’adempimento della penale.
Porzia
invita allora Bassanio e Graziano a tornare immediatamente a Venezia in
soccorso di Antonio
e, lasciata la custodia dei possedimenti di Belmonte a Lorenzo e Jessica,
afferma che con l’ancella Nerissa si recherà in un vicino monastero dove insieme
attenderanno il ritorno dei rispettivi coniugi, mentre, in realtà, prende
contatti con Padova per avere lumi sulla soluzione da dare alla vicenda da un
suo parente, l’insigne giurista Bellario, cui lo stesso Doge ha chiesto di
intervenire nella vertenza. Ormai vecchio, Bellario fornisce alle due donne,
oltre a preziosi suggerimenti, gli abiti per travestirsi da giovani dottori ed
una lettera di presentazione al Doge.
Così
abbigliate Porzia (nelle vesti del Dottor Baldassarre) e Nerissa si recano a
Venezia dove sta per avere inizio il processo. Qui la città è in angoscia. I commercianti creditori di Antonio,
conoscendone la serietà, sono pronti a
fargli credito, ma vani sono risultati tutti i tentativi, anche i più
autorevoli, per far desistere Shylock dal pretendere l’adempimento della sua
obbligazione. Il Doge non può impedire il corso della legge perché: “… se fossero negati i privilegi che gli
stranieri hanno da noi a Venezia, ciò screditerebbe la giustizia dello Stato,
dato che il commercio e il profitto della città dipendono da tutte le nazioni.” (III,
3, 26-31).
Entra Nerissa travestita e consegna al Doge la presentazione del giureconsulto padovano.
Entra Porzia come Baldassarre
PORZIA: Sì, mio Signore
DOGE: Siate il benvenuto, prendete posto. Siete al corrente
della disputa che impegna la corte in questa seduta?
PORZIA: Sì,
conosco bene questa causa. Chi è il mercante qui e chi l’ebreo?
DOGE: Antonio e il vecchio Shylock si facciano avanti.
PORZIA: Il
vostro nome è Shylock?
SHYLOCK: Shylock
è il mio nome.
PORZIA: Strana è la natura della
causa che intentate, ma così legittima che la legge veneziana non può invalidarla
se voi procedete. Voi siete
in suo potere, non è così?
ANTONIO: Sì,
così lui dice.
PORZIA: Riconoscete
l’obbligazione?
ANTONIO: Sì.
PORZIA: Allora l’ebreo deve essere
clemente.
SHYLOCK:
Per quale costrizione devo esserlo? Ditemelo.
PORZIA:
La clemenza non ha natura forzata,
cade dal cielo come la pioggia gentile sulla terra sottostante; è due volte benedetta,
benedice chi la offre e chi la riceve; è più potente nei più potenti, e si
addice al monarca in trono più della sua
corona. Lo scettro mostra la forza del potere temporale, è l’attributo
della soggezione e della maestà, sede
del timore che incutono
i regnanti; ma la clemenza sta sopra al dominio dello scettro, ha il trono
nel cuore dei re, è un attributo di Dio stesso; e il potere terreno più si
mostra simile al divino, quando la clemenza mitiga la giustizia. Quindi,
ebreo, pur se giustizia è ciò che chiedi, considera questo, che a rigore di
giustizia nessuno di noi troverebbe salvezza. Noi invochiamo clemenza, e quella
stessa preghiera insegna a tutti noi a fare atti di clemenza. Tanto ho detto
per mitigare la giustizia della tua richiesta; se la manterrai, questa rigorosa
corte di Venezia dovrà per forza dar sentenza contro il mercante.
SHYLOCK: I miei atti mi ricadano sulla testa! Io invoco La legge e
la penale della mia obbligazione.
PORZIA: Non è in grado di restituire il denaro?
BASSANIO: Sì, ecco che io offro, per lui, in questa corte, il
doppio della somma. Se ciò non basta, mi impegno a pagarne dieci volte tanto, pena le
mie mani, la mia testa, il mio cuore. Se ciò non basterà, sarà evidente che la
perfidia schiaccia l’onestà. Ed io vi supplico, per una volta distorcete la
legge con la vostra autorità; per una grande giustizia, fate un piccolo torto, e
frenate il volere di questo diavolo crudele.
PORZIA: Questo non sarà mai, non c’è potere a Venezia Che possa
alterare una legge stabilita: ciò costituirebbe un precedente, e molti abusi,
dietro tale esempio, irromperebbero nello stato. Così non può essere.
SHYLOCK: Un Daniele è venuto a giudicare! Sì, un Daniele! O saggio
giovane giudice, quanto ti onoro!
PORZIA: Vi prego, fatemi vedere l’obbligazione.
Shylock: Eccola,
riveritissimo dottore, eccola.
PORZIA: Shylock, ti viene offerto tre volte il tuo denaro.
SHYLOCK: Un giuramento! Ho fatto al cielo un giuramento; dovrò
gravarmi l’anima di uno spergiuro? No, non per Venezia!
PORZIA: Ebbene, quest’obbligazione è
inadempiuta e legittimamente con essa l’ebreo può reclamare una libbra di carne,
che dev’essere da lui stesso tagliata quanto più vicino al cuore del mercante. Sii clemente prendi
tre volte il tuo denaro, fammi stracciare l’obbligazione.
SHYLOCK: Quando sarà pagata secondo quanto è scritto. Si direbbe
che voi siate un degno giudice, conoscete la legge; la vostra interpretazione è
stata molto corretta. Vi
invito, in nome della legge, di cui voi siete un meritevole
pilastro, di procedere alla sentenza. Per l’anima mia, io giuro che non c’è
potere in lingua d’uomo che mi muti. Io m’attengo alla mia obbligazione.
ANTONIO: Con tutto il cuore io supplico la corte di emettere la sentenza.
PORZIA: Ebbene, allora è
questa: dovete preparare il vostro petto per il suo coltello.
Shylock: O nobile giudice! O giovane eccellente!
PORZIA: Perché il senso e il proposito della legge comportano
chiaramente la penale che appare qui dovuta nell’obbligazione.
SHYLOCK: E’ verissimo. O
saggio e retto giudice, quanto sei più adulto del tuo aspetto!
PORZIA: Perciò denudatevi il petto.
SHYLOCK: Sì, il suo petto, così dice
l’obbligazione, non è vero, nobile giudice? “Quanto più vicino al cuore”,
sono le parole esatte.
SHYLOCK: L’ho pronta.
PORZIA: Fate venire un chirurgo a vostre spese, Shylock, per stagnare le ferite, che non muoia
dissanguato.
SHYLOCK: E’ formulato così nell’obbligazione?
PORZIA: Non è espresso così, ma che importa? Sarebbe bene che lo
faceste per carità.
SHYLOCK: Non lo trovo, non c’è nell’obbligazione.
PORZIA: Voi, mercante, avete qualcosa da dire?
ANTONIO:
Ben poco; sono pronto e ben preparato.
(………omissis……………………………….)
PORZIA: Una libbra di quel mercante è tua,
la corte l’aggiudica, e la legge l’assegna.
SHYLOCK: Giustissimo, giudice!
PORZIA: E tu devi tagliare questa carne
dal suo petto, la legge lo concede, e la
corte l’aggiudica.
SHYLOCK: Dottissimo giudice! Che sentenza! Vieni, preparati!.
PORZIA: Aspetta un momento, c’è qualcos’altro: questa obbligazione non ti
concede neanche una goccia di sangue; le parole dicono espressamente “una
libbra di carne”. Prendi dunque la tua penale, prendi la tua libbra di carne,
ma se, nel tagliarla, versi una goccia di sangue cristiano, le tue terre e i
tuoi averi sono, per le leggi di Venezia, confiscati dallo stato di Venezia.
GRAZIANO: O retto giudice! Osserva, ebreo. O dotto giudice!
SHYLOCK: E’ questa la legge?
PORZIA: Vedrai tu stesso il testo,
perché, dato che esigi
giustizia, sta’ certo che avrai più giustizia di quanta ne desideri.
GRAZIANO: O dotto giudice! Osserva, ebreo che dotto giudice!
SHYLOCK: Accetto
quest’offerta allora. Pagate il debito tre volte e lasciate
andare il cristiano.
BASSANIO:
Ecco il denaro.
PORZIA: Piano! L’ebreo deve avere completa giustizia. Piano, niente fretta! Non
deve avere nient’altro che la penale.
SHYLOCK:
Non devo avere neppure il mio capitale?
PORZIA:
Tu non devi avere altro che la tua penale, da prendere a tuo rischio, ebreo.
SHYLOCK:
Beh, allora il diavolo glielo faccia godere! Non resterò a fare questione.
PORZIA: Aspetta ebreo, la legge ti tiene ancora in pugno. E’ stabilito nelle leggi di Venezia
che se è provato contro uno straniero che, con mezzi diretti o indiretti, egli
attenta alla vita di un cittadino, la persona contro cui egli ha tramato
entrerà in possesso di metà dei suoi
beni, l’altra metà va alle casse dello stato, e la vita del reo è alla mercé
del Doge soltanto, escluso ogni altro appello. In questa situazione io dichiaro
che tu ti trovi, perché risulta
manifesto dalla tua azione che, indirettamente, e direttamente anche, tu hai tramato contro la vita stessa
del convenuto e sei incorso nel danneggiamento sopra da me recitato. Giù,
dunque, e supplica clemenza al Doge.
GRAZIANO: Supplica di avere licenza di impiccarti, anche se, confiscata
la tua ricchezza dallo Stato, non ti resterà di che comprarti una corda, e
finirà che dovrai essere impiccato a spese dello Stato.
DOGE:
Perché tu veda la differenza del nostro animo, ti faccio grazia della vita
prima che tu lo chieda.
Metà della tua ricchezza va ad Antonio, l’altra metà viene allo Stato, ma la
tua umiltà può mutare la confisca in un’ammenda.
PORZIA:
Sì per lo Stato, no per Antonio.
SHYLOCK:
No, prendetemi la vita e tutto, non fatemene grazia! Mi prendete
la casa, quando mi prendete la trave che sostiene la mia casa, mi prendete la
vita quando mi prendete i mezzi con cui vivo.
PORZIA:
Quale clemenza potete
concedergli, Antonio?
GRAZIANO: Un
capestro gratis, nient’altro, perdio!
ANTONIO:
Se piace al mio signore il Doge, e alla corte, di condonare l’ammenda per
metà dei suoi beni, io ne sono contento. Ma egli mi lasci l’altra metà
in usufrutto, da consegnare, alla sua morte, al gentiluomo che gli ha di
recente rapito la figlia. Altre due condizioni per quest’atto di clemenza: che
egli si faccia
subito cristiano, e che firmi, qui dinanzi alla corte, un atto di donazione per
cui, alla sua morte, ogni suo bene andrà al suo nuovo figlio Lorenzo e a sua
figlia.
DOGE:
Egli lo farà, altrimenti revoco
la grazia che ho appena pronunciato.
PORZIA:
Ti accontenti così, ebreo? Che
ne dici?
SHYLOCK:
Mi accontento.
PORZIA:
Scrivano, stendi un atto di donazione.
SHYLOCK:
Vi prego di darmi licenza di andare via di qui, non sto bene;
mandatemi l’atto e io lo firmerò.
DOGE:
Va pure, ma fallo.
Esce Shylock
DOGE:
Signore, vi prego di venire a cena a casa mia.
PORZIA:
Chiedo umilmente perdono a Vostra Grazia, devo partire per Padova questa
sera e mi conviene mettermi in viaggio senza indugio.
DOGE:
Mi spiace che manchi il tempo. Antonio, ricompensate questo
gentiluomo, perché, a parer mio, gli siete obbligato.
Esce il
Doge con il suo seguito
Curiosità
Shakespeare non ha creato l’intera commedia ex-novo, compresi personaggi ed accadimenti, ma si è ispirato ad
altre opere già esistenti. La storia della penale (Bond-story) ha origini molto
antiche e sconosciute, probabilmente arrivate in Europa dall’Est, forse con i
Crociati. Sicuramente esiste una raccolta di storie in cui essa compare in
Inghilterra e in Italia essa appare ne “Il Pecorone” scritto nel 1378 da Ser Giovanni Fiorentino. La storia
sconcertante di un ebreo e dell’obbligazione da lui richiesta per garantire il
suo prestito è una caratteristica comune alle due opere e la somiglianza con Il Mercante di Venezia fa presumere che Shakespeare l’abbia letta;
non solo la scena ne
“Il Pecorone” si svolge a Venezia, ma la donna che supera in ingegno l’ebreo
vive a “Belmonte”, arriva a Venezia travestita da avvocato, salva il mercante
(di nome Ansaldo), ottiene l’anello di suo marito in cambio dei suoi servigi, e
un di lui amico sposa la sua ancella.
Anche la trama dei tre scrigni è molto antica:
è contenuta anche in “Gesta Romanorum”,
raccolta di storie e leggende del XIII° o XIV° secolo. In ognuna di queste
storie un re o un imperatore sottopone qualcuno, per sposare qualcun altro,
alla scelta dei tre scrigni, che hanno iscrizioni quasi identiche a quelle
dell’opera shakespeariana: “Chi mi sceglierà troverà ciò che merita”, è scritto
su uno scrigno d’oro in “Gesta
Romanorum”; “Chi sceglie me, avrà quanto si merita” è scritto sullo scrigno d’argento ne “Il mercante di Venezia”
Ci sono inoltre, sempre anteriori al XVI secolo, ballate e
antiche canzoni, come quella dell’ebreo Gernutus che, prestando ad un mercante
100 corone, chiede a garanzia un pound della sua carne.
Nota: pubblicato su "La rivista dei Curatori Fallimentari" aprile/giugno 1999