ESPERIENZE STRANIERE – APRILE – GIUGNO 1999 – PAG. 65
LEGGE FALLIMENTARE LA “REORGANIZATION” di Peppino Profeta
La struttura delle procedure concorsuali italiane non ha conosciuto sostanziali modifiche successivamente alla promulgazione del R.D. del 1942. Da quegli anni lo scenario economico e sociale del nostro Paese ha subito radicali trasformazioni, suscitando in molti la convinzione che anche il diritto fallimentare si debba adeguare alla nuova realtà, fornendo nuove soluzioni alle problematiche nel frattempo emerse. In questo ambito di riflessione può essere utile verificare le risposte fornite da altri sistemi giuridici di Paesi ad economia di libero mercato.
Di seguito, si cercherà di delineare i tratti salienti della procedura, prevista dal capitolo 11° della legge fallimentare statunitense, denominata “reorganization”, con l’avvertenza che il poco spazio disponibile non ne consente l’esatta puntualizzazione di tutti gli aspetti, ancorché rilevanti.F•I•N•A•L•I•T•À
La reorganization si fonda su due principi:
a) assicurare il miglior interesse per i creditori, valutando la possibilità che gli stessi ottengano dalla procedura un risultato migliore di quello che otterrebbero con il fallimento (liquidation) del debitore;
b) offrire al debitore insolvente, ma onesto, la possibilità di chiudere la situazione passiva pregressa ed impostare l’attività su basi nuove.
La procedura si propone di conciliare due esigenze spesso contrastanti nelle crisi aziendali: tutelare i creditori e non disperdere un patrimonio aziendale ancora in grado, una volta ristrutturato e non gravato dagli errori del passato, di produrre effetti positivi per il sistema economico generale.
Il legislatore ha ritenuto di poter meglio assicurare tale obiettivo accentuando l’importanza e l’operatività dei soggetti privati coinvolti a vario titolo nella crisi aziendale; di converso, si è reso più leggero e meno frequente l’intervento del giudice, obbligatorio e determinante solo in due momenti finali della procedura.
Soggetti passivi della procedura
La procedura di reorganization può riguardare i seguenti soggetti:
* persone fisiche;
* associazioni;
* persone giuridiche.
Rimangono escluse alcune particolari categorie imprenditoriali: compagnie di assicurazioni, banche, società finanziarie, agenti di cambio.
Limitazioni particolari riguardano gli operatori agricoli, le società per azioni non a scopo di lucro.
P•R•E•S•U•P•P•O•S•T•I • O•G•G•E•T•T•I•V•I
Il procedimento può essere attivato dallo stesso debitore (petition). In tal caso, non è necessario che ci sia una manifestazione di insolvenza, rilevando l’intenzione del proponente di attivare la procedura concorsuale prima che la situazione diventi più grave. L’unico elemento che si richiede è che il debitore dimostri che esiste una ragionevole certezza di recupero della sua azienda.
Se, invece, a richiedere la reorganization è un creditore, il debitore può astenersi dal presentare opposizione, nel qual caso la procedura si attiva automaticamente, o dar vita ad un contenzioso, che si conclude con una decisione del giudice, il quale, sulla base di criteri non rigidi, stabilisce se sussistono o meno i requisiti necessari (simili alla nostra insolvenza).
D•E•B•I•T•O•R•E
Con l’apertura della procedura il debitore non viene automaticamente spogliato della capacità di gestire il patrimonio, salvo che il giudice non ritenga che sussistano i motivi per la nomina di un commissario (trustee). Il debitor in possesion ha l’obbligo di gestire il patrimonio nell’interesse dei creditori, ha legittimazione ad causam attiva e passiva, può esercitare azioni revocatorie contro atti compiuti anteriormente alla procedura.
La sua attività è sottoposta al controllo del giudice, del comitato dei creditori e dell’examinator (se nominato).
T•R•U•S•T•E•E
L’apertura della procedura, indipendentemente dal numero dei creditori o dal patrimonio del debitore, può comportare la nomina di un commissario (trustee), il quale è libero di gestire il patrimonio confluito nella procedura. Sostituisce pienamente il debitore acquisendone sia i poteri di gestione del patrimonio (tranne espresse limitazioni imposte del giudice), sia i doveri nei confronti della procedura, qualora non vi provveda il debitore (es. presentazione della lista dei creditori).
La nomina del trustee si rende necessaria qualora la corte ravvisi nell’amministrazione esercitata dal debitore, sia anteriormente che durante la procedura, dolo, malafede, incompetenza, eclatante incapacità gestionale, e, comunque, tenendo sempre in considerazione l’interesse dei creditori.
L’importanza e la delicatezza della figura del trustee è sancita dalla possibilità che lo stesso possa essere chiamato a rispondere delle perdite maturate nel corso della sua gestione.
Nella maggior parte dei casi, comunque, la reorganization rimane nell’ambito dell’attività gestionale del debitore.
E•X•A•M•I•N•A•T•O•R
Se non viene nominato un trustee, la corte può nominare un examinator, il quale non viene investito di poteri di gestione, ma solo di controllo e supervisione sull’attività espletata dal debitore.
C•O•M•I•T•A•T•O • D•E•I • C•R•E•D•I•T•O•R•I
Aperta al procedura, viene nominato un comitato dei creditori (Creditors’ Committee) composto dai creditori chirografari titolari dei sette maggiori crediti. La nomina avviene da parte dello United States Trustee, organo che ha tra i suoi scopi quello di assicurare un’esperta amministrazione nelle procedure concorsuali, di assistere il giudice nell’assolvimento di obblighi amministrativi, nonché di controllare l’attività degli stessi.
A•M•M•I•S•S•I•O•N•E • A•L • P•A•S•S•I•V•O
Il debitore, o il trustee in sua vece, devono depositare l’elenco completo dei creditori. Tutti i crediti compresi nell’elenco sono ammessi automaticamente, salvo eventuali opposizioni presentate da altre parti interessate. Il creditore deve, invece, attivarsi nel caso in cui il suo credito non venga inserito nella lista, o venga inserito con caratteristiche (ammontare, garanzie, etc..) diverse da quelle vantate. Il giudice fissa un termine entro il quale i creditori possono agire per vedere riconosciute le loro ragioni.
Tranne pochissime eccezioni, non è possibile presentare istanze di ammissione una volta scaduto il termine fissato dal giudice. Tale rigidità, oltre che dall’esigenza di non rallentare la procedura, è giustificata dall’interesse dello stesso debitore a fornire una lista completa, al fine di ottenere, al termine della procedura, la liberazione (discharge) da tutte le passività pregresse.
C•A•T•E•G•O•R•I•E • D•I • C•R•E•D•I•T•I
Alla procedura possono concorrere tutti coloro che vantino un diritto al pagamento, diritto che può essere o meno determinato da una sentenza, liquido, illiquido, puro, condizionato, scaduto, a termine, controverso, riconosciuto dalla legge, garantito o chirografario.
Esistono diverse categorie di crediti assimilabili, anche se con connotazioni diverse, alle nostre: garantiti, privilegiati e chirografari.
I•L • P•I•A•N•O
Elemento centrale della procedura di reorganization è la predisposizione del piano (plan), frutto della negoziazione tra il debitore ed il creditore. Solo il successo dell’attività di accordo tra le parti può portare alla riuscita dell’intera procedura. Il piano può essere presentato dal debitore, dal trustee o, in alcuni casi, da ogni soggetto interessato.
Per assicurare la riuscita del piano il presentatore, dopo l’ammissione alla procedura, inizia una serie di consultazioni con i creditori al fine di raggiungere quell’equilibrio tra i vari interessi in gioco, che possa assicurargli sia il voto favorevole, sia la riuscita del piano. In tal senso, eventuali manovre, poste in essere con l’accordo o meno di parte dei creditori, volte a precostituire situazioni di vantaggio per alcuni al solo fine di ottenere i voti necessari per l’approvazione, potranno essere frustrate dal giudice che, in sede di omologazione, potrà rilevare eventuali ingiuste discriminazioni. Allo stesso modo, un piano che preveda il pagamento dei creditori in misura eccessiva rispetto a quanto possa realisticamente ipotizzarsi, potrà essere motivo valido per indurre la corte a non accettarlo. E’ intuibile l’enorme influenza dei creditori, i quali non solo negoziano con il debitore la struttura del piano, ma possono presentarne uno diverso nel caso di non accettazione del piano formulato dal debitore.
Il primo elemento che deve emergere dal piano è la suddivisione dei crediti in classi, che, nell’ipotesi più semplice, sono: crediti garantiti, crediti con priorità, crediti chirografari, azioni o quote. Diversamente dal nostro ordinamento, tale classificazione non è rigida, richiedendosi che il piano preveda che all’interno di ogni classe i crediti siano sostanzialmente simili. Trattandosi di un concetto di mera valutazione, spetta al giudice stabilire di volta in volta la ragionevolezza di una determinata classificazione. In secondo luogo, il piano deve indicare quale classe risulta danneggiata dalla procedura. Il piano deve indicare non solo la misura e la natura di tale danneggiamento, ma anche spiegarne il motivo, affinché il giudice possa valutarne la razionalità. Il codice non prevede alcuna limitazione in ordine al modo in cui le classi possono essere danneggiate (es. percentuale minima di pagamento), ammettendosi che alcune classi non ricevano nulla.
Infine, il piano deve indicare i mezzi attraverso i quali si rende possibile la reorganization.
Su questo punto il legislatore ha lasciato amplissima possibilità di manovra, stabilendo che si potrà ricorrere ad ogni previsione non contraria alle norme applicabili alla reorganization.
A titolo esemplificativo, si possono prevedere fusioni, scorpori, realizzi parziali di attività, acquisizioni di nuove aziende, emissioni di nuove azioni (sono previste norme speciali per agevolare l’emissione e il trasferimento di azioni), risoluzione di contratti onerosi e non più utili, azione revocatorie, tutto ciò, in definitiva, che un imprenditore può ragionevolmente e proficuamente porre in essere per acquisire i mezzi necessari al previsto soddisfacimento dei creditori e, contemporaneamente, per riorganizzare la propria impresa su basi nuove.
L•A • V•O•T•A•Z•I•O•N•E
Prima di indire la votazione, il debitore deve presentare il piano, o un progetto di piano, accompagnato da una dichiarazione di divulgazione, che deve contenere tutte le informazioni necessarie ad un chiara e corretta comprensione del piano stesso. In udienza il giudice valuta la fondatezza del piano e la completezza e trasparenza della dichiarazione di divulgazione, esamina eventuali opposizioni o richieste dei creditori, che in questa fase possono intervenire singolarmente ed anche se non danneggiati, ed infine approva la dichiarazione di divulgazione, fissando il termine per la votazione e la data dell’udienza di omologazione.
Alla votazione del piano partecipano solo i creditori danneggiati, in quanto i creditori non danneggiati si presumono iuris et de iure favorevoli.
Al contrario, le classi che non ricevono nulla dal piano si presumono iuris tantum contrarie.
Per le maggioranze si prevede che una classe abbia dato voto favorevole allorché in tal senso si siano espressi i creditori titolari di almeno due terzi del valore dei crediti ammessi e rappresentanti la maggioranza assoluta dei votanti.
Perché il piano risulti approvato è necessario che ogni classe danneggiata esprima voto favorevole.
L’ • O•M•O•L•O•G•A•Z•I•O•N•E
Il piano viene omologato dal giudice, che, nel giudizio, deve valutare la sussistenza contemporanea di alcuni requisiti espressamente previsti dal codice:
* il piano deve essere conforme alle disposizioni legislative previste (es. il piano deve indicare tutti gli elementi previsti dalla legge);
* il piano deve essere stato presentato in buona fede e non con mezzi vietati dalla legge;
* il piano deve indicare il soggetto che amministrerà l’impresa dopo l’omologazione;
* il piano deve assicurare ai creditori un ricavato maggiore di quello che avrebbero ottenuto con il fallimento del debitore;
* il piano deve prevedere il pagamento integrale di alcuni crediti, assimilabili ai nostri crediti in prededuzione;
* il piano deve essere realizzabile, nel senso che non può promettere ai creditori più di quanto ragionevolmente si potrà ricavare dalla procedura.
Pur se richiesto il voto favorevole di tutte le classi danneggiate, la legge prevede che il giudice, su richiesta del proponente e verificata l’esistenza di alcuni requisiti, possa ugualmente omologare il piano, quando almeno una classe danneggiata abbia espresso voto favorevole.
E•F•F•E•T•T•I • D•E•L•L•A
O•M•O•L•O•G•A•Z•I•O•N•E•: L•A • D•I•S•C•H•A•R•G•E
Con l’omologazione viene dato il via all’attività di riorganizzazione delineata nel piano. Il debitore (o la persona diversa da questi indicata nel piano), il trustee, se nominato, procedono alla gestione del patrimonio, libero da qualsiasi vincolo pregresso, al fine di garantire una partenza effettivamente nuova, non appesantita da limitazioni che ne potrebbero inficiare il risultato.
Solo la riuscita del piano comporta la conseguenza più importante dell’intera procedura, la liberazione (discharge) del debitore da tutti i debiti inseriti nel piano, compresi quelli non ammessi o per i quali non è previsto alcun pagamento, con la possibilità, quindi, di trovarsi alla fine della procedura con un’impresa libera dai debiti pregressi e in grado di generare nuova ricchezza per il sistema economico generale.
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