GIURISPRUDENZA ROMANA – GENNAO/MARZO 99 – PAG. 52
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Trib. Roma – 14 agosto 1998 (ord) – Pres. Misiti – Est. Norelli – Sirocchi (avv. Giangualano) e Cordeschi (avv. Stemere) c. fall. Edilizia Ma.Di. s.p.a. (avv. Marraffa) FALLIMENTO – SOCIETÀ – IN GENERE – RESPONSABILITÀ DEGLI AMMINISTRATORI – SEQUESTRO – COMPETENZA DEL GIUDICE DELEGATO (artt. 669 bis e ss. cod. proc. civ.; 146 R.D. 16 marzo 1942 n. 267) L’entrata in vigore della disciplina delle misure cautelari di cui agli articoli 669 bis e ss. cod. proc. civ., introdotta con la novella legislativa del 26 novembre 1990 n. 353, non ha fatto venir meno la competenza esclusiva del giudice delegato, ex art. 146, ultimo comma L.F., a disporre le opportune misure cautelari nell’autorizzare il curatore a proporre l’azione di responsabilità verso gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i liquidatori ex artt. 2393 e 2394 cod. civ.. Con atto depositato in data 7/05/1998, il curatore fallimentare della Edilizia Ma.Di. s.p.a., rilevando l’emergere di responsabilità degli amministratori e sindaci nella società fallita, ai sensi degli artt. 2392 c.c. 2403, per gravi irregolarità nella gestione sociale per i primi e per l’omessa dovuta vigilanza per i secondi, proponeva istanze ex art. 146, 2° comma L.F.. Sulla competenza del giudice delegato alle misure cautelari a carico degli amministratori di Andrea Pietrolucci Il punto di partenza comune di tali diversi orientamenti muove dalla necessità di svolgere un giudizio di compatibilità tra la misura (certamente) cautelare contenuta nell’art. 146, 3° comma, L.F. e la disciplina unitaria introdotta dalla novella legislativa del ‘90. Appare, quindi, opportuno analizzare gli elementi peculiari della fattispecie di cui all’art. 146, 3° comma, L.F. Tale norma stabilisce: “…Il giudice delegato, nell’autorizzare il curatore a proporre l’azione di responsabilità, può disporre le opportune misure cautelari.” Le misure cautelari opportune previste dall’art. 146, 3° comma, L.F., si sostanziano di fatto esclusivamente nel sequestro conservativo, il quale mira a preservare il patrimonio di coloro nei cui confronti è disposto, in vista dell’eventuale esito positivo dell’azione di responsabilità. Secondo la concorde esegesi gli elementi peculiari della misura cautelare in oggetto sono: la possibilità per il giudice delegato di disporla d’ufficio, senza che sia necessaria un’istanza di parte, ma essendo necessaria e sufficiente la sola richiesta di autorizzazione del curatore a proporre l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori e sindaci (quale condizione di procedibilità); la competenza del giudice delegato sussiste fino al momento della notificazione dell’atto di citazione in giudizio degli amministratori e dei sindaci, momento in cui la competenza ad emettere le misure cautelari si radica in capo al giudice del merito. La ratio giustificatrice di tali previsioni risiede da una parte nell’esigenza di valorizzare la speditezza della procedura, dall’altra nell’esigenza di valorizzare la conoscenza specifica dei fatti da parte del giudice delegato, prima dell’instaurazione del giudizio di responsabilità. Al fine di ritenere applicabile a tale misura cautelare la nuova disciplina uniforme occorre verificare se da tale applicazione possa derivare un pregiudizio, in termini di funzionalità, alla misura cautelare in oggetto ed alle esigenze ad essa sottostanti. Ciò in forza del disposto dell’art. 669 quaterdecies il quale stabilisce che: “…le disposizioni della presente sezione si applicano….in quanto compatibili, agli altri provvedimenti cautelari previsti dal codice civile e dalle leggi speciali”. Occorre, quindi, analizzare all’interno degli artt. 669 bis e ss. cod. proc. civ., le disposizioni che appaiono incompatibili con la misura cautelare di cui all’art. 146, 3 comma, L.F., per valutare, poi, l’applicabilità o meno di tale disciplina uniforme. Esse si sostanziano essenzialmente negli artt. 669 bis, ter e sexies cod. proc. civ.. L’art. 669 bis (Forma della domanda) stabilisce che “la domanda si propone con ricorso nella cancelleria del giudice competente”. Tale norma che presuppone un’istanza di parte potrebbe apparire in contrasto con la possibilità dell’emissione officiosa del sequestro conservativo di cui all’art. 146, comma 3, L.F. da parte del giudice delegato. L’art. 669 ter (Competenza anteriore alla causa) è, probabilmente, la disposizione che più delle altre sembra porsi in contrasto con l’art. 146, comma 3, L.F. in quanto prescrive che “la domanda prima dell’inizio della causa si propone al giudice competente a conoscere del merito”. Essa, quindi, non solo presuppone un’istanza di parte, ma contiene una deroga alla competenza funzionale ed esclusiva del giudice delegato all’emissione del provvedimento cautelare. Infine, l’art. 669 sexies (Procedimento) nel suo 1° comma, prescrive l’audizione delle parti prima di provvedere con ordinanza all’accoglimento o al rigetto della domanda e, al 2° comma, prevede la possibilità per il giudice, “..quando la convocazione della controparte potrebbe pregiudicare l’attuazione del provvedimento..” di adottare il provvedimento inaudita altera parte. Tale articolo sembrerebbe porsi in contrasto con la disposizione dell’art. 146, comma 3, L.F., nella parte in cui prescrive l’audizione preventiva delle parti come regola procedimentale. Torniamo ora ai diversi orientamenti sviluppatisi in dottrina e giurisprudenza. Un primo orientamento, nettamente minoritario, sostiene che l’entrata in vigore degli artt. 669 bis e ss. cod. proc. civ., avrebbe implicitamente abrogato la disposizione di cui all’art. 146, comma 3, L.F. con la conseguenza che, anche nell’ambito delle procedure concorsuali, si dovrebbe ritenere integralmente applicabile la nuova disciplina uniforme contenuta in tali articoli (c.d. tesi dell’applicabilità globale: avendo la nuova disciplina regolato ex novo l’intera materia, ai sensi dell’art. 15 “Disposizione sulla legge in generale” deve ritenersi avvenuta la abrogazione di tutta la disciplina speciale antecedente, in deroga al principio della non abrogazione della norma speciale anteriore da parte della legge generale successiva). I sostenitori di tale tesi, partendo dal dato positivo dell’art. 669 quaterdecies, compiono il giudizio di compatibilità, ivi previsto, tra l’art. 146, comma 3, L.F. e la disciplina unitaria contenuta nel codice di rito e giungono alla conclusione che le esigenze sottese alla norma in commento possono essere soddisfatte e garantite allo stesso modo dalla disciplina codicistica. Infatti, l’elemento di specialità che costituisce il limite all’espansione della disciplina codicistica sussisterebbe qualora la disciplina “particolare” contenesse aspetti non regolati da quella “generale” e specialmente qualificanti la misura, in quanto concorrenti ad assicurarne la funzionalità. Come sopra evidenziato, le esigenze sottese alla norma in commento, che caratterizzano la misura cautelare ivi prevista, consistono nella valorizzazione della conoscenza particolare dei fatti da parte del giudice delegato (che viene soddisfatta con la previsione della competenza funzionale ed esclusiva di tale giudice ante causam) e nella speditezza processuale (che viene soddisfatta dalla possibilità per il g.d. di adottare la misura cautelare d’ufficio dal momento in cui viene formulata la richiesta di autorizzazione alla proposizione dell’azione di responsabilità verso gli amministratori da parte del curatore). Per quanto riguarda l’esigenza di valorizzare la conoscenza particolare conseguita dal g.d. in considerazione del suo ufficio, i sostenitori di tale tesi sottolineano che essa debba necessariamente essere desunta dagli atti del procedimento e non dalla scienza privata e dalla conoscenza extraprocessuale che il giudice delegato possa avere di determinate circostanze. Quindi, le circostanze che egli può e deve utilizzare, sarebbero quelle stesse che possono e devono essere valutate dal giudice della cautela e che a questi sono sottoponibili, dovendo esse risultare dagli atti del procedimento. Per quanto riguarda, invece, l’elemento della speditezza processuale, coloro che aderiscono a tale impostazione hanno posto in evidenza come esso potrebbe essere ugualmente garantito dalla previsione, contenuta nell’art. 669-sexies cod. proc. civ., della possibilità per il giudice della cautela di adottare il provvedimento inaudita altera parte. Infatti, l’urgenza che legittima il g.d. alla pronuncia ex art. 146 L.F. ed il giudice della cautela ad adottarla con decreto sarebbe fondata su ragioni oggettive, ossia sull’emergenza di elementi che inducono a ritenere che il contraddittorio preventivo possa vulnerarne la funzionalità: come tali apprezzabili non diversamente dall’uno o dall’altro giudice, dovendo esse risultare dagli atti. I sostenitori di tale orientamento concludono affermando che, visto che l’applicazione della nuova disciplina delle misure cautelari al sequestro conservativo di cui all’art. 146 L.F. non inficia affatto l’effettività della cautela ed, anzi, risulta compatibile con tale misura cautelare, l’ultimo comma dell’art. 146 L.F. dovrebbe ritenersi implicitamente abrogato dall’entrata in vigore degli artt. 669-bis e ss cod. proc. civ. (T. Milano 11.11.93, F.I. 1994, 603; T. Napoli 21.10.1993, F.I. 1994, 1918, nt. Mariani Mazzotta). L’impostazione largamente prevalente, invece, partendo sempre dall’analisi degli effetti del giudizio di compatibilità di cui all’art. 669 quaterdiecies cod. proc. civ. e della ivi presente clausola di compatibilità, è giunta a risultati diversi. Secondo tale tesi la nuova disciplina dei provvedimenti cautelari non avrebbe, infatti, sostituito integralmente la disciplina speciale. Ciò per due ordini di motivi. Il primo rinvenibile dall’interpretazione dell’art. 669 quaterdiecies cod. proc. civ., dalla quale si dovrebbe evincere che la valutazione di compatibilità, richiesta dalla norma al fine della sua applicazione ai procedimenti cautelari contenuti in leggi speciali, non deve avvenire rispetto al corpo unitario delle disposizioni contenute nella novella del ’90, ma tra le singole disposizioni in essa contenute e le singole disposizioni dettate dal codice civile e da leggi speciali (c.d. tesi della compatibilità parziale della disciplina unitaria). Il secondo derivante dall’applicazione del noto principio secondo il quale lex posterior generalis non derogat priori speciali. In base a tale ragionamento sarebbe, quindi, possibile rinvenire, all’interno delle singole disposizioni dettate dalla novella del ’90, norme compatibili con la misura cautelare ex art. 146, comma 3, L.F. e norme incompatibili. In particolare, risulterebbero incompatibili con la competenza funzionale ed esclusiva del giudice delegato e con l’esigenza della celerità processuale solo la previsione dell’art. 669 bis (la domanda si propone con ricorso al giudice competente) e quella dell’art. 669 ter (competenza ante causam del giudice competente a conoscere nel merito) nonché quella dell’art. 669 sexies, comma 1. I sostenitori di tale tesi insistono, infatti, sul rilievo che la competenza funzionale del g.d. trae origine dalla necessità di utilizzare con la massima celerità le conoscenze da questi acquisite in “virtù del suo ufficio di direzione della procedura concorsuale”, tale dato è confermato anche dalla non necessarietà della istanza del curatore al fine dell’applicazione della misura cautelare (c.d. potere officioso del giudice delegato), il quale potrebbe decidere l’applicazione di dette misure anche sulla base di canali informativi diversi dalla relazione del curatore, quali ad esempio le segnalazioni della Guardia di Finanza, ma sempre previa richiesta di autorizzazione da parte del curatore all’esercizio dell’azione di responsabilità. Per quanto riguarda, invece, le esigenze di celerità processuale, viene sottolineato che l’art. 146 ultimo comma, L.F., individua il primissimo momento temporale in cui può essere concesso il sequestro, nell’atto stesso della autorizzazione a proporre l’azione di responsabilità, momento caratterizzato dalla assenza di un giudice designato ex art. 669 ter cod. proc. civ. e che la previsione, contenuta nell’art. 669 sexies, della possibilità del giudice della cautela di emettere il decreto inaudita altera parte, non sarebbe idonea a garantire le esigenze di celerità processuale che caratterizzano la misura cautelare di cui all’art. 146, ultimo comma, L.F.. Infatti, il giudice designato dal Presidente del Tribunale ex art. 669 ter, qualora gli fosse richiesto dal curatore di provvedere con decreto inaudita altera parte, si troverebbe di fronte alla necessità, in quanto totalmente all’oscuro dei fatti, di posticipare nel tempo la decisione per visionare la copiosa documentazione che il curatore necessariamente sarebbe costretto a produrre (trovandosi di fronte ad un giudice “ignorante”), a scapito di interessi di rilevanza pubblicistica. Per concludere, secondo questa impostazione le nuove norme sono ritenute applicabili anche nel procedimento di sequestro ex art. 146 L.F., ma con salvezza dei profili di spiccata peculiarità di questa cautela; con la conseguenza che gli artt. 669 bis-ter-sexies, comma 1 e 2, non saranno applicabili alla misura cautelare de quo e che solo dopo la concessione del decreto di sequestro, e dunque, solo in questa seconda fase, riprenderanno vigore le regole del nuovo processo cautelare uniforme, e così troveranno applicazione gli artt. 669sexies, comma 2, 669 septies-octies-novies-decies-undecies-duodecies-terdecies cod. proc. civ. (Cass. 17.2.95 n. 1726, CG 1995, 563, nt. TOMMASEO; T. Monza 5.4.94, FI 1994, I, 3222; T. Verbania 9.2.94, Fa 1994, 757; T. Treviso 16.2.94, FI 1994, I, 1918; VERDE (22), 447; COSTANTINO (8), 412; PANZANI (17), 217). Infine, si è sviluppato un terzo orientamento, minoritario come il primo, che, aderendo all’impostazione di maggioranza, ne propone una variante, al fine di tentare di conciliare le esigenze di garanzia sottese all’adozione della nuova disciplina cautelare uniforme con le esigenze di tipo pubblicistico che caratterizzano il procedimento concorsuale. I sostenitori di questo orientamento muovono dall’affermazione che, in base al principio secondo il quale le norme di carattere generale possono essere applicate ove non derogate da una disciplina specifica e, tenuto conto del carattere generale della nuova normativa sui procedimenti cautelari, v’è da ritenere che ogni singola norma disciplinante il procedimento cautelare in genere sia applicabile se non incompatibile, ai provvedimenti cautelari “speciali” (c.d. tesi della compatibilità parziale, cui aderiscono anche i sostenitori dell’impostazione maggioritaria). Quindi, tenuto conto dell’impossibilità per il giudice delegato di divenire, dopo la concessione del decreto di sequestro, giudice imparziale del procedimento cautelare, la vera tutela della parte resistente non potrebbe attuarsi con la instaurazione del contraddittorio avanti il medesimo giudice delegato ex art. 669 sexies, comma 2, cod. proc. civ. (come sostenuto dalla già esaminata esegesi maggioritaria), bensì con la proposizione contro il decreto del reclamo ex art. 669 terdecies avanti al Tribunale in composizione collegiale di cui il giudice delegato non farà parte, rendendo così più sollecita l’instaurazione del contraddittorio in una sede effettivamente del tutto neutrale. I sostenitori di tale ultimo orientamento concludono affermando che “…si avrà così qui un decreto di sequestro inaudita altera parte del tutto sui generis: non solo infatti non si applicherà il comma 1 dell’art. 669 sexies, ma neppure il comma 2, ammettendosi invece subito in modo del tutto eccezionale, per le peculiarità del procedimento, il reclamo cautelare, omisso medio” (T. Genova 11.3.93, FI 1994, I, 1919 ; T. Torino 24.12.93, DF 1994, 520, nt. contr. MONTANARI). |
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