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MASSIMARIO DELLA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE – GENNAIO/MARZO 99 – PAG. 46

 
 

Massimario della Suprema Corte di CASSAZIONE 

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Le massime sono tratte dal
CED della Corte di Cassazione

SEZ. 1 SENT. 03453 DEL 09/04/1999 
FALLIMENTO – DICHIARAZIONE – REGOLAMENTO DI COMPETENZA – TERMINI.
Il ricorso per regolamento di competenza avverso sentenza resa nel giudizio di opposizione alla dichiarazione di fallimento, va proposto non nel termine ordinario di cui all’art. 47 c.p.c., ma in quello di quindici giorni in forza del disposto dell’art. 19 comma terzo legge fallimentare. Detto termine, in difetto di comunicazione ai sensi dell’art. 136 c.p.c. decorre dalla notificazione su istanza di parte della sentenza stessa.

SEZ. 1 SENT. 03073 DEL 30/03/1999 
FALLIMENTO DEL FARMACISTA – VENDITA DELLA FARMACIA – RICORSO PER CASSAZIONE – INAMMISSIBILITA.
Il ricorso straordinario per Cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. proposto in ordine al decreto pronunciato dal Tribunale fallimentare in sede di reclamo avverso il provvedimento del giudice delegato disponente la vendita all’asta di una farmacia appartenenti al fallito, è inammissibile per difetto della natura decisoria del provvedimento impugnato, attesa l’inconfigurabilità, in astratto, di una titolarità della farmacia, intesa come diritto all’esercizio della stessa separato dall’azienda e non suscettibile di esecuzione forzata, non sussistendo un nesso inscindibile tra esercizio della professione di farmacista e titolarità della farmacia, ed essendo quest’ultima una posizione giuridica trasferibile, sia pur alle condizioni indicate dall’art. 12 legge n. 475 del 1968 ( come modificato dagli art.6 legge 892 del 1984, 8 D.Lgs. n. 258 del 1991 e 13 legge n. 362 1991), perciò elemento patrimoniale liquidabile, unitamente all’azienda commerciale cui inerisce, in sede di esecuzione individuale o concorsuale.

SEZ. 1 SENT. 02809 DEL 25/03/1999 
FALLIMENTO – DECRETO DI CHIUSURA – OPPOSIZIONE – LEGITTIMAZIONE DEL FALLITO – SUSSISTENZA.
Anche il fallito rientra (giusta disposto dell’art. 119 Legge Fall.) nel novero dei soggetti legittimati alla presentazione del reclamo avverso il decreto di chiusura del proprio fallimento mercè l’assistenza di un difensore, da ritenersi, peraltro, obbligatoria, a pena di inammissibilità dell’istanza, attesa la natura giurisdizionale del procedimento, che tende ad una pronuncia suscettibile di incidere, con autorità di giudicato, sullo “status” del fallito e sui diritti di quest’ultimo e delle persone che hanno avuto rapporti contrattuali con lui.

SEZ. 1 SENT. 02649 DEL 22/03/1999 
FALLIMENTO – VENDITA DI MOBILI AD OFFERTE PRIVATE – NATURA – RISOLUZIONE DEL CONTRATTO EX ART. 1385,2° C., COD.CIV. – APPLICABILITA.
La vendita ad offerte private, prevista dall’art. 106 della legge fallimentare per la liquidazione di beni mobili facenti parte dell’attivo fallimentare, è caratterizzata dalla utilizzazione di un atto di autonomia privata, quale la vendita, per la realizzazione di un trasferimento coattivo, nell’ambito e per le finalità della procedura concorsuale. Essa è, pertanto, soggetta alla disciplina generale dei contratti, salvo che per gli aspetti più strettamente correlati alle finalità del processo esecutivo. Ne consegue l’applicabilità, ai fini della pronuncia di decadenza dell’aggiudicatario (e conseguente incameramento della cauzione), nella ipotesi di prestazione di garanzia per il pagamento del saldo della vendita non conforme a quella prescritta dalla ordinanza di autorizzazione alla vendita stessa, dell’art. 1385, secondo comma, cod.civ., il quale configura una speciale ipotesi di risoluzione del contratto, la cui operatività presuppone, peraltro, che l’inadempimento della controparte sia non solo colpevole, ma anche “ di non scarsa importanza”, avuto riguardo all’interesse dell’altra parte. Pertanto, la predetta pronuncia di decadenza richiede la previa verifica che le difformità riscontrate rispetto ai requisiti prescritti fossero tali da compromettere gli interessi della controparte, e che la garanzia offerta dall’aggiudicatario fosse effettivamente inidonea a salvaguardare le ragioni dei creditori. La valutazione in tal senso operata dal giudice delegato è suscettibile di apprezzamento da parte del tribunale fallimentare. Ed infatti, il controllo che questo compie, in sede di reclamo, ex art. 23 della legge fallimentare, avverso i provvedimenti del giudice delegato, non è limitato alla verifica della legittimità degli stessi, ma si estende anche al merito delle valutazioni effettuate dal primo giudice. (Nella fattispecie, in applicazione di tale principio, la S.C. ha accolto il ricorso proposto avverso la decisione di un tribunale fallimentare che aveva ritenuto di non poter sindacare, trattandosi di questione di fatto rimessa al prudente apprezzamento dell’organo che aveva proceduto alla liquidazione, il decreto con il quale il giudice delegato aveva dichiarato la decadenza dell’aggiudicatario di una quota del capitale sociale di una società fallita – ed il conseguente incameramento della cauzione – perchè la garanzia dallo stesso prestata non era conforme, dal punto di vista soggettivo, a quella richiesta nella ordinanza di vendita, che aveva previsto una fideiussione rilasciata da un primario istituto di credito, e non da una società finanziaria, iscritta nell’albo previsto dall’art. 106 del D.Lgs. 1 Settembre 1993, n. 385, come quella prodotta dall’aggiudicatario.

SEZ. 1 SENT. 02591 DEL 20/03/1999 
FALLIMENTO – BENI COMPRESI – Trattamento di fine rapporto – ESCLUSIONE NEI LIMITI EX ART. 46 L.F..
Avuto riguardo alla natura assistenziale e previdenziale del trattamento di fine rapporto, deve ritenersi che esso sia soggetto allo speciale regime previsto dall’art. 46 della legge fallimentare, che esclude dall’attivo fallimentare, nei limiti di quanto occorre per il mantenimento del fallito e della sua famiglia, le somme al fallito stesso spettanti a titolo di stipendio, pensione o salario.

SEZ. 1 SENT. 02192 DEL 12/03/1999 
CONCORDATO PREVENTIVO – SUCCESSIVO FALLIMENTO – SPESE DI GESTIONE – COLLOCAZIONE.
In tema di concordato preventivo, qualora la gestione dell’impresa assurga a dimensione di modalità essenziale della singola procedura concordataria (siccome diretta ad una più proficua liquidazione patrimoniale a favore dei creditori concorrenti), in quanto risulti parte della proposta di concordato, sia oggetto dell’ammissione da parte del tribunale e dell’approvazione da parte dei creditori, e formi altresì oggetto dell’omologazione finale, si rende applicabile, in caso di successivo fallimento, la norma di cui all’art. 111, primo comma n. 1 Legge Fall., dovendosi, per l’effetto, considerare le spese della gestione dell’impresa come spese della procedura.

SEZ. 1 SENT. 01860 DEL 05/03/1999 
FALLIMENTO – OPPOSIZIONE ALLO STATO PASSIVO – TERMINE PER LA COSTITUZIONE – TERMINE PERENTORIO – COMPUTO – DECORRENZA.
In tema di opposizione allo stato passivo, il termine di cui all’art. 98 della legge fallimentare (cinque giorni prima dell’udienza), fissato con riferimento alla costituzione dei creditori esclusi o ammessi con riserva che abbiano proposto la detta opposizione va qualificato senz’altro come perentorio (pur nel silenzio della legge), in considerazione delle esigenze di certezza e celerità del procedimento di verifica dello stato passivo, con la conseguenza che la sua inosservanza produce, per espressa disposizione di legge, l’abbandono dell’opposizione. A tal fine, il termine predetto va computato con riferimento all’udienza fissata nel decreto del giudice delegato, e non anche a quella di rinvio di ufficio o di effettiva trattazione della causa (nell’affermare il principio di diritto di cui in massima, la S.C. ha ulteriormente precisato che, al fine “de quo”, era del tutto irrilevante la circostanza che, nel periodo in cui si sarebbero dovute effettuare le notifiche del ricorso e del decreto e la costituzione in giudizio, fosse in corso un’astensione della classe forense). 

SEZ. 1 SENT. 01688 DEL 01/03/1999 
CONCORDATO PREVENTIVO – CONCORDATO DELLA SOCIETÀ – EFFICACIA NEI CONFRONTI DEI SOCI – FIDEIUSSIONI PRESTATE DAI SOCI – IRRILEVANZA DEL CONCORDATO – ESCLUSIONE.
L’art. 184, secondo comma della legge fall., ai sensi del quale il concordato della società, salvo patto contrario (da stipularsi con tutti i creditori e coevamente al concordato stesso), ha efficacia nei confronti dei soci illimitatamente responsabili relativamente ai debiti sociali, opera anche quando, per tali debiti, i soci abbiano, prima di divenire tali, prestato fideiussione, considerato che il primo comma di detto articolo, nello stabilire che i creditori, soggetti alla obbligatorietà del concordato, conservano impregiudicati i diritti contro i fideiussori (nonchè i coobbligati e gli obbligati in via di regresso), si riferisce ai terzi diversi dai soci, trovando titolo la responsabilità di questi ultimi – nel concordato come nel fallimento – proprio nella loro qualità di soci, in via assorbente rispetto ad eventuali e diverse fonti di responsabilità per i medesimi debiti sociali.

SEZ. 1 SENT. 01672 DEL 26/02/1999 
FALLIMENTO – REVOCATORIA FALLIMENTARE – RIMESSE IN C/C COMUNQUE PROVENIENTI DALL’IMPRENDITORE.
Le rimesse sul conto corrente dell’imprenditore poi fallito sono legittimamente revocabili, ex art. 67 L. fall., tutte le volte in cui il conto stesso, all’atto della rimessa, risulti “scoperto” (tale dovendosi ritenere sia il conto non assistito da apertura di credito che presenti un saldo a debito del cliente, sia quello scoperto a seguito di sconfinamento del fido convenzionalmente accordato al correntista). In siffatta situazione, secondo la distribuzione dell’onere probatorio sancita dal ricordato art. 67, alla curatela fallimentare spetta la dimostrazione della sussistenza della rimessa, della sua effettuazione nel periodo “sospetto”, e della “scientia decotionis” da parte della banca, mentre quest’ultima ha l’onere di provare, onde escludere la natura “solutoria” del versamento -nella specie, attuato tramite giroconto, previo accordo di “congelamento” del conto corrente passivo, lasciato aperto al solo scopo di consentire l’estinzione delle passività senza ricorrere a rimesse “dirette”, ma interponendo il filtro di altri conti attivi-, sia l’esistenza, alla data di questo, di un contratto di apertura di credito, sia l’esatto ammontare dell’affidamento accordato al correntista alla medesima data, non essendo sufficiente, a tali ultimi fini, invocare una presunta autonomia formale dei singoli rapporti instaurati, poichè l’eventuale “collegamento negoziale” attuato dalle parti, se finalizzato alla realizzazione del fine pratico unitario dell’estinzione dei debiti risultanti da un conto affidato e lasciato solo formalmente aperto, presenta carattere indiscutibilmente “funzionale”, che prevale sui fini immediati (apparentemente) perseguiti dai singoli rapporti (in realtà strumentali all’interesse finale dell’operazione.

SEZ. 1 SENT. 01302 DEL 16/02/1999 
FALLIMENTO – VENDITA DI IMMOBILI – REGIME DI PROPAGAZIONE DELLE NULLITÀ.
In tema di vendita fallimentare, i mezzi di tutela offerti agli interessati avverso i relativi provvedimenti del giudice delegato corrispondono, “mutatis mutandis”, a quelli esperibili in seno al processo di esecuzione individuale disciplinata dal codice di rito (salvo il necessario coordinamento, per effetto del quale all’opposizione agli atti esecutivi di cui all’art. 617 c.p.c. corrisponde il reclamo ex art. 26 legge fall.), così che alla immediata impugnabilità dei singoli provvedimenti nei termini previsti dalla legge consegue una attenuazione (ma non anche una elisione “tout court”) del generale principio di cui all’art. 159 c.p.c. (a mente del quale la nullità di un atto si estende a tutti quelli successivi dal primo dipendenti), dovendosi, per l’effetto, distinguere situazioni invalidanti suscettibili di rilievo ulteriore in quanto impeditive del conseguimento stesso del risultato ultimo del processo (e cioè il trasferimento del bene come mezzo di soddisfacimento dei creditori) da situazioni invalidanti suscettibili, invece, di ulteriore rilievo solo se tempestivamente impugnate, salvo il limite rappresentato dalle preclusioni di cui all’art. 2929 c.c., alla cui stregua non sono opponibili all’acquirente nella vendita forzata le nullità degli atti esecutivi che abbiano preceduto la vendita stessa. (Nell’affermare il suindicato principio di diritto, la S.C. ha, così, rilevato, quanto al caso di specie – aggiudicazione di un complesso alberghiero di proprietà del fallito ad una società; comunicazione da parte di altra società, affittuaria dell’azienda, di voler esercitare il proprio diritto di prelazione; nuovo decreto del G.D. che, in accoglimento di tale istanza, ne stabiliva i modi ed i termini di attuazione; reclamo della prima società avverso tale provvedimento, ex art. 26 legge fall.; rigetto del reclamo da parte del tribunale; ricorso pendente per cassazione avverso tale provvedimento; successivo decreto di trasferimento del complesso alberghiero alla seconda società; reclamo avverso tale ulteriore provvedimento da parte della prima; dichiarazione di inammissibilità del tribunale – , che la tempestiva impugnazione del primo dei provvedimenti ora ricordati, attinente alla fase della vendita, comportava che il positivo accertamento della eventuale situazione invalidante si sarebbe esteso, senza necessità di ulteriore impugnazione, anche al successivo decreto di trasferimento – non potendo, in tal caso operare la preclusione dettata dall’art. 2929 c.c. a tutela del solo acquirente rimasto estraneo a precedenti atti del processo – con conseguente inammissibilità dell’autonoma impugnazione di tale ultimo provvedimento

SEZ. 1 SENT. 01037 DEL 06/02/1999 
FALLIMENTO – EFFETTI SUI RAPPORTI PREESISTENTI – FACOLTÀ DI RECESSO DELLA CURATELA DAL PRELIMINARE DI VENDITA – ESERCIZIO NEL GRADO DI APPELLO DEL GIUDIZIO INSTAURATO DAL PROMISSARIO ACQUIRENTE EX ART. 2932 C.C. – LEGITTIMITÀ – DICHIARAZIONE FORMULATA PER LA PRIMA VOLTA IN COMPARSA CONCLUSIONALE – AMMISSIBILITÀ.
La facoltà del curatore fallimentare di sciogliersi dal contratto preliminare di vendita stipulato dal fallito e non ancora eseguito (art. 72 legge fallimentare) può essere esercitata per la prima volta nel grado di appello del giudizio instaurato, ex art. 2932, c.c., dal promissario acquirente anche mediante dichiarazione formulata nella comparsa conclusionale, atteso che il limite per la proposizione delle eccezioni in senso proprio, costituito dall’udienza di precisazione delle conclusioni, non assume rilevanza rispetto al compimento di atti che (come nella specie) costituiscano esercizio di un potere sostanziale. 

SEZ. 1 SENT. 01036 DEL 06/02/199
FALLIMENTO – REVOCATORIA FALLIMENTARE – PAGAMENTI DI CREDITI NON SCADUTI – ESECUZIONE CON MEZZI ANORMALI – REVOCABILITÀ.
In tema di fallimento, la norma di cui all’art. 67, comma 1, n.2 (revocabilità degli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili effettuati con mezzi anormali di pagamento) deve ritenersi legittimamente applicabile, in via di interpretazione estensiva, anche ai debiti non ancora scaduti, purchè aventi scadenza anteriore alla dichiarazione di fallimento. Se la legge sancisce, difatti, la revocabilità degli adempimenti “anormali” di debiti scaduti, a più forte ragione devono considerarsi revocabili i medesimi atti estintivi (sempre compiuti con mezzi anormali) prima della scadenza del debito, risultando in tal caso ancor più fondato il sospetto della consapevolezza, “ex latere creditoris”, del carattere pregiudizievole dell’atto. 

SEZ. 1 SENT. 01031 DEL 06/02/1999 
FALLIMENTO – CURATORE – RAPPRESENTANZA GIUDIZIALE – IMPUGNAZIONE DI UNA SENTENZA – AUTORIZZAZIONE DEL GIUDICE DELEGATO – MANCANZA – CONSEGUENZA – CAPACITÀ PROCESSUALE – DIFETTO – SANATORIA – AMMISSIBILITÀ – CONDIZIONI. 
Il difetto di capacità processuale del curatore del fallimento, che abbia impugnato una sentenza senza essere munito dell’autorizzazione del giudice delegato, può essere sanato, con efficacia retroattiva, da una successiva autorizzazione, salvo che il giudice di appello non abbia già dichiarato l’inammissibilità dell’impugnazione, ovvero che si sia verificata una preclusione, come il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado (principio affermato in relazione ad una vicenda processuale in cui risultava documentato, in sede di legittimità, il furto del plico postale con il quale era stato trasmesso il fascicolo di parte di secondo grado, ciò che non consentiva di verificare la presenza, in quegli atti, dell’autorizzazione del giudice delegato. La S.C., nell’enunciare il principio di diritto di cui in massima, ha, ancora, osservato che, pur ammettendo, per l’impossibilità di una verifica del fascicolo di appello, che l’autorizzazione relativa al giudizio di cassazione – ritualmente in atti – fosse stata l’unica concessa dal G.D., si sarebbe, comunque, verificato un effetto sanante dell’attività processuale del curatore). 

SEZ. 1 SENT. 00972 DEL 04/02/1999 
PROCEDIMENTO CIVILE – DIFENSORI – MANDATO ALLE LITI (PROCURA) – DISCIPLINA EX ART. 125, 2°C., C.P.C. – APPLICABILITÀ NEI PROCEDIMENTI PROMOSSI CON RICORSO – ESCLUSIONE.
La disposizione di cui all’art. 125, secondo comma, c.p.c. non è applicabile ai procedimenti promossi mediante ricorso (nella specie, di fallimento), in quanto, in tale ipotesi, la costituzione della parte rappresentata coincide con il deposito del ricorso in cancelleria, con la conseguenza che l’eventuale mancanza della procura al momento del deposito stesso comporta l’inesistenza dell’atto introduttivo (per mancanza di un presupposto indispensabile per la valida instaurazione del rapporto processuale), mentre, tutte le volte in cui il giudizio risulti introdotto mediante ricorso con procura rilasciata a margine o in calce, ma priva della data del suo conferimento, nessuna sanzione di inesistenza è legittimamente predicabile, dovendosi necessariamente presumere la coincidenza della data di conferimento dell’atto “de quo” con quella del deposito del ricorso.

SEZ. 1 SENT. 00675 DEL 26/01/1999 
FALLIMENTO – CURATORE – TRANSAZIONE TRA PROCEDURA E TERZO CREDITORE – AMMISSIBILITÀ – LIMITI.
In tema di fallimento, la transazione tra procedura concorsuale e terzo creditore è consentita, in via di principio, dall’art. 35 della legge fallimentare e, pur se incidente sulla formazione dello stato passivo, non può ritenersi illegittima in astratto, ma solo in relazione alle sue conseguenze sulla “ par condicio creditorum “. 

SEZ. 1 SENT. 00397 DEL 16/01/1999 
FALLIMENTO – STATO D’INSOLVENZA – PASSAGGIO DALLA GESTIONE INDIVIDUALE A QUELLA COLLETTIVA DI UNA IMPRESA – ACCERTAMENTO DELLA CONCRETA SUSSISTENZA DELLO STATO DI INSOLVENZA DELLA SOCIETÀ AI FINI DELLA DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO – NECESSITÀ.
Ai fini della dichiarazione di fallimento, il passaggio dall’esercizio della impresa in forma individuale a quello in forma collettiva, pur nell’assunto della responsabilità della società di persone rispetto all’intera esposizione debitoria già facente capo al singolo imprenditore, non necessariamente comporta che all’insolvenza di quest’ultimo corrisponda quella della società, la cui sussistenza deve, invece, essere concretamente accertata dal giudice.

SEZ. 1 SENT. 00396 DEL 16/01/1999 
FALLIMENTO – GIUDICE DELEGATO – PROVVEDIMENTI – RECLAMI – DECORRENZA DEL TERMINE PER LA PROPOSIZIONE – DALLA COMUNICAZIONE DEL PROVVEDIMENTO DA PARTE DEL CANCELLIERE – INVIO DI COPIA DEL PROVVEDIMENTO DA PARTE DEL CURATORE – EQUIPOLLENZA – ESCLUSIONE.
Ai fini del decorso del termine di dieci giorni per proporre reclamo al Tribunale fallimentare avverso i provvedimenti del giudice delegato, la conoscenza del provvedimento reclamato conseguita dalla parte a seguito di invio di copia di detto provvedimento da parte del curatore non può considerarsi equipollente alla comunicazione eseguita dal cancelliere, atteso che l’attribuzione al curatore fallimentare di un potere di comunicazione in ordine a specifici atti non implica l’esistenza, in capo allo stesso curatore, di un generale potere di comunicazione e che siffatto potere è invece previsto per il cancelliere dagli artt. 136 c.p.c. e 45 disp. att. c.p.c., direttamente applicabili alla fattispecie, trattandosi di comunicazione da effettuarsi nell’ambito di una procedura regolata dagli art. 703 e segg. c.p.c..

SEZ. 1 SENT. 00244 DEL 12/01/1999 
FALLIMENTO – ACCERTAMENTO DEL PASSIVO – BENE OGGETTO DI PRIVILEGIO SPECIALE NON ACQUISITO ALLA MASSA – AMMISSIONE AL PASSIVO IN VIA CHIROGRAFARIA.
La attuabilità in concreto del privilegio speciale presuppone l’acquisizione al fallimento del bene in relazione al quale il privilegio stesso è sorto e sul quale questo deve esercitarsi. Consegue che il giudice, in sede di verifica dei crediti, deve negare l’ammissione (del credito) in via privilegiata – e ciò per la inutilità del relativo provvedimento – se già al momento della verifica stessa sia assolutamente certo che il bene, non acquisito alla massa, non potrà esserlo nemmeno in futuro. 

SEZ. 1 SENT. 12890 DEL 30/12/1998 
FALLIMENTO – FASCICOLO FALLIMENTARE – CONSULTAZIONE DI ATTI – PREVIA AUTORIZZAZIONE DEL GIUDICE DELEGATO.
Il necessario contemperamento delle esigenze di riservatezza proprie della procedura concorsuale, le cui vicende sono documentate dal fascicolo fallimentare, con le esigenze difensive dei soggetti interessati alla consultazione degli atti inseriti in detto fascicolo, porta ad escludere che i creditori e i soggetti comunque coinvolti dallo svolgimento della procedura fallimentare abbiano il diritto di consultare liberamente il fascicolo in questione e a ritenere che la consultazione degli atti e dei documenti in esso inseriti è subordinata alla presentazione di una specifica istanza, la quale dev’essere formulata in modo da consentire l’identificazione dell’istante e degli atti che si intendono visionare, ed è sottoposta a preventiva verifica da parte del giudice delegato, le cui determinazioni sono soggette al controllo del tribunale in sede di reclamo ai sensi dell’art. 26 legge fall.. 

SEZ. 1 SENT. 11437 DEL 12/11/1998 
FALLIMENTO – DICHIARAZIONI TARDIVE – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – COSTITUZIONE IN GIUDIZIO A MEZZO DI UN FUNZIONARIO DELEGATO – AMMISSIBILITÀ – LIMITI.
In materia fallimentare, il momento della “cesura” tra la prima fase, necessaria e indefettibile, del procedimento di insinuazione tardiva (alla quale soltanto è riservata la possibilità per la pubblica amministrazione di essere rappresentata da un funzionario delegato), e la seconda fase soltanto eventuale di cognizione ordinaria (nella quale l’amministrazione deve stare in giudizio col ministero dell’Avvocatura dello Stato), si colloca all’interno dell’udienza che si svolge davanti al giudice delegato, per tale intendendosi l’udienza di prima comparizione integrata se del caso da ulteriori udienze di rinvio destinate soltanto alla precisazione delle posizioni delle parti. Qualsiasi attività processuale dell’amministrazione, anteriore a tale momento, viene quindi legittimamente e validamente posta in essere dal funzionario delegato, compresa la costituzione in giudizio prevista dal comma secondo dell’art. 101 con rinvio all’art. 98 della legge fallimentare.
 

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