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I COMPENSI NOTARILI NELLE ESECUZIONI IMMOBILIARI

 
 

Con la legge n. 308 del 3 agosto 1998 sono state introdotte alcune modificazioni al codice di procedura civile in materia di esecuzione immobiliare individuale che potrebbero interessare anche la sede concorsuale per il generale richiamo al codice di rito operato con l’art. 105 del R.D. 16 marzo 1942 n. 267 per quanto concerne la liquidazione dell’attivo fallimentare: è stato infatti introdotto l’art. 591 bis che prevede la facoltà del giudice dell’esecuzione (e, quindi, anche del giudice delegato al fallimento) di delegare ad un notaio, avente sede nel circondario del tribunale dinanzi al quale si procede, il compimento delle operazioni di vendita con incanto.

La delega avviene dopo aver sentito i soggetti interessati al processo esecutivo e riguarda le seguenti attività:
1) – la determinazione del valore dell’immobile, ai sensi dell’art. 568 c.p.c., anche con l’ausilio di un esperto la cui nomina, però, rimane una prerogativa del giudice;
2) – la redazione del provvedimento che dispone la vendita secondo le prescrizioni di cui all’art. 576 c.p.c.;
3) l’esecuzione di tutte le forme di pubblicità previste sia a favore dei creditori aventi diritto di prelazione sull’immobile, che a favore di tutti i potenziali interessati;
4) – l’autorizzazione dell’assunzione dei debiti da parte dell’aggiudicatario ai sensi dell’art. 508 c.p.c.;
5) – lo sviluppo di un’ulteriore gara nel caso in cui, entro dieci giorni dall’aggiudicazione, pervengano offerte in aumento di sesto secondo le previsioni di cui all’art. 584 c.p.c.;
6) – la ricezione del saldo del prezzo dell’aggiudicazione e l’indicazione  dell’ammontare delle spese che l’aggiudicatario deve comunque versare nel caso in cui questi coincida con il creditore ipotecario, secondo quanto disposto dall’art. 585 c.p.c.;
7) – la fissazione di nuovi incanti nel caso in cui il primo vada deserto o l’emissione del provvedimento sull’istanza di assegnazione del bene;
8) – la redazione del decreto di trasferimento;
9) –  l’esecuzione di tutte le formalità conseguenti all’emissione del decreto di trasferimento, dalla registrazione, alla trascrizione nei pubblici registri, alla voltura catastale, alle comunicazioni amministrative prescritte per gli atti volontari di trasferimento della proprietà, alle cancellazioni di iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli nei pubblici registri immobiliari;
10) – la ricezione dell’elezione del rappresentato nel caso in cui alla gara abbia partecipato un avvocato per persona da nominare;
11) – la formazione del progetto di distribuzione fra i creditori in base ai gradi di privilegio che il notaio deve poi trasmettere al giudice perché questi provveda all’ulteriore corso della procedura sino al pagamento in favore dei creditori stessi.
La legge 308/98 ha anche previsto che tutte le certificazioni e documentazioni che il creditore procedente deve presentare in tribunale entro un breve termine dal deposito dell’istanza di vendita, pena l’estinzione dell’esecuzione, possa essere sostituita da un certificato notarile attestante le risultanze delle visure catastali e dei registri immobiliari.  Ovviamente, per tutte queste attività, il notaio delegato (ovvero incaricato delle certificazioni sostitutive) ha diritto ad un compenso il cui ammontare, in alcuni tribunali italiani (Catania, per esempio), ha dato luogo ad alcune perplessità.
Detto compenso, infatti, è stato rapportato al valore dell’esecuzione (secondo i criteri delle tariffe forensi) ed imposto, in primo luogo, a carico del primo creditore che ha promosso l’esecuzione in forza di titolo esecutivo, che viene definito “creditore procedente”. Su detto compenso, inizialmente determinato in via di mera previsione, il creditore procedente viene chiamato ad eseguire un’anticipazione nel corso dell’esecuzione.
I motivi di critica sono sorti a causa dell’istituto dell’intervento, previsto dal codice di procedura civile, che consente a qualunque creditore, anche se non in possesso di un diritto di credito attuale, ma soggetto a condizione ovvero a termine, di poter intervenire nella procedura esecutiva immobiliare a tutela della sua posizione per poter partecipare alla distribuzione della somma che sarà ricavata dall’aggiudicazione.
A motivo di questo istituto, infatti, può accadere che l’esecuzione  venga promossa da un creditore di modesto importo e che, successivamente, intervenga nella medesima esecuzione un creditore per un importo assai superiore.
In tal caso, lamentano nei tribunali in cui si è affermata questa prassi, il creditore procedente sarà costretto ad anticipare al notaio un deposito per le spese rapportato al cumulo dei due crediti e, quindi, ad un importo che può risultare sproporzionato rispetto al suo interesse.
E che dire, poi, nel caso, non certo infrequente, in cui, nella medesima esecuzione, intervenga un numero notevole di creditori: se il deposito per le spese notarili viene rapportato al cumulo dei crediti azionati nell’espropriazione immobiliare, il creditore procedente viene chiamato ad esborsi per anticipazioni che potrebbero superare, in ipotesi, lo stesso ammontare del suo credito.
Un’altra occasione di critica alla prassi appena descritta consiste nel fatto che, in tal modo, l’ammontare dell’anticipazione sul compenso notarile viene fatta dipendere dal tempo dell’intervento dei creditori: se il deposito dell’intervento avviene dopo la redazione delle certificazioni notarili, l’anticipazione sul compenso sarà più ridotta; se il deposito dell’intervento avviene prima, l’anticipazione sarà proporzionalmente più elevata.
E’ ben vero che si tratta di un’anticipazione e che le spese notarili graveranno sulla procedura e saranno poste a carico di tutti i creditori prima della distribuzione con rimborso a chi le avrà effettivamente anticipate, ma, in considerazione della durata dei processi esecutivi, quell’anticipazione può essere veramente fuori misura. Non solo, ma il rimborso, derivando dalla vendita, potrebbe, in ipotesi, non avvenire integralmente o, addirittura, non avvenire affatto.
Invero le critiche mosse a questa prassi appaiono fondate e sembrerebbe preferibile adottare immediatamente altri criteri. Viene in mente, in primo luogo, quello di attenersi non al cumulo dei crediti che partecipano all’esecuzione, ma al valore dell’immobile oggetto di espropriazione. In questo caso, l’anticipazione verrebbe ancorata su un dato oggettivo, con l’ulteriore merito di rapportare le spese dell’esecuzione all’effettivo bene pignorato, anziché al credito per il quale si procede.
Se un creditore di modesto importo sceglie di avvalersi dell’esecuzione immobiliare, anziché di quella mobiliare, dovrà sopportare i costi rapportati alla garanzia scelta, non al suo personale interesse. Tale ancoraggio al valore oggettivo del bene espropriato eliminerebbe, quindi, le disparità di trattamento derivanti dalla prassi più sopra segnalata.

 

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