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Quesito: il curatore fallimentare ha l’obbligo di assicurare i beni immobili del fallito o può provvedere il creditore ipotecario?

 
 

Nella legge fallimentare (R.D. 16 marzo 1942 n. 267 – L.F.) non è previsto alcun obbligo, per il curatore fallimentare, di provvedere all’assicurazione degli immobili acquisiti all’attivo della procedura. A giustificare questa lacuna, non è sufficiente richiamare l’ovvia considerazione che il fallimento, quanto meno nella fase iniziale, potrebbe trovarsi totalmente carente di liquidità, cosicché non potrebbe imporsi al curatore il dovere di provvedere ad una spesa mancandogli la provvista, perché la legge fallimentare contiene, all’art. 91, la previsione dell’anticipazione delle spese da parte dell’erario. Tale anticipazione, però, può avvenire solo per le spese giudiziali degli atti richiesti dalla legge quanto all’imposta di bollo ed alle imposte di registro mediante prenotazione a debito in forza di decreto del giudice delegato per ogni singolo atto della procedura e, quanto alle altre spese, mediante pagamento eseguito direttamente dai ricevitori del registro agli aventi diritto indicati nel decreto del giudice delegato. La latitudine di questa norma, però, è sempre stata limitata alle spese strettamente necessarie allo sviluppo della procedura fallimentare, ma nulla avrebbe vietato di comprendervi anche le spese di assicurazione degli immobili ipotecati acquisiti all’attivo fallimentare.

Se tale estensione è mancata, ciò dipende, per un verso, dall’interesse prettamente privatistico che è alla base della spesa in esame la quale, proprio perché rivolta alla tutela di un sola categoria di creditori, non può essere accollata all’erario, neppure se controgarantita dall’esistenza dell’immobile che, prima o poi, dovrà essere venduto e, parallelamente e per altro verso, dall’assenza, anche nel diritto civile, di un obbligo, in capo al debitore, di provvedere ad assicurare l’immobile sottoposto a garanzia in favore del creditore.
Invero, seppure in alcuna norma sia previsto un obbligo a provvedere alle assicurazioni contro i danni, vi è un problema culturale, molto radicato in Italia, ad ostacolare l’abitudine a trasformare in un modesto costo fisso il rischio di un accadimento che, sia pure eventuale, può essere esiziale. Ed il problema non è solo educativo da parte della clientela, ma anche gestionale da parte delle compagnie di assicurazione che, certamente, non hanno fatto sin qui molto per farsi apprezzare quanto ad agilità e puntualità nell’indennizzare in caso di sinistro.
Questi aspetti problematici, tuttavia, non riescono a scalfire l’importanza di stipulare una polizza assicurativa per garantire contro i danni ed, in particolare, di assicurare il bene ipotecato con vincolo dell’eventuale indennizzo a favore del creditore ipotecario. Del resto, coloro che abitualmente esercitano le operazioni di credito, come gli istituti bancari, ovvero le società finanziarie di leasing, normalmente pretendono che il bene che garantisce il rimborso del loro credito venga assicurato perché, in questo caso (che per la legge costituisce una facoltà, ma che, contrattualmente, può essere imposto come obbligo) può trovare applicazione l’art. 2742 c.c. il quale, sotto la rubrica: “Surrogazione dell’indennità alla cosa”, dispone che: “Se le cose soggette a privilegio, pegno o ipoteca sono perite o deteriorate, le somme dovute dagli assicuratori per indennità della perdita o del deterioramento sono vincolate al pagamento dei crediti privilegiati, pignoratizi o ipotecari, secondo il loro grado, eccetto che le medesime vengano impiegate a riparare la perdita o il deterioramento.”.
L’intera questione, peraltro, assume connotati particolari in relazione al fallimento.
Invero il problema dell’assicurazione degli immobili, specialmente se ipotecati, si pone soprattutto per i fallimenti che dispongono di liquidità: i curatori fallimentari riflettono, a tale proposito, le medesime perplessità e superstizioni che affliggono il grande pubblico rispetto al mondo dell’assicurazione. Quasi mai, infatti, gli immobili acquisiti al fallimento vengono assicurati, nonostante, proprio a causa della situazione il cui versa la proprietà, si trovino più esposti di altri a subire le conseguenze dell’incuria e dell’abbandono.
Questa trascuratezza dei curatori è tanto più grave se si considera che l’art. 31 L.F. pone a loro esclusivo carico l’onere dell’amministrazione del patrimonio fallimentare, cosicché non potrebbe mai ipotizzarsi una responsabilità omissiva in capo al giudice delegato, quale titolare del potere di direzione e di indirizzo della procedura.
Quella affidata al curatore è, a tutti gli effetti, un’attività gestoria di beni altrui che deve essere condotta nel più rigoroso rispetto del principio del neminem laedere e con diligenza professionale, cosicché l’assicurazione dei beni affidati all’amministrazione del curatore deve dar luogo ad attenta valutazione ed essere consigliata tutte le volte in cui la previsione di una vendita assai ravvicinata nel tempo non appaia attuabile. Solo la mancanza di fondi giustificherebbe l’omissione di questa accortezza, ma, anche in tal caso, sarebbe opportuno che il curatore avvertisse il creditore ipotecario di tale sua condizione affinché questi possa, a sua volta, scegliere, con piena consapevolezza, se provvedere agli stesso ad assicurare il bene che lo garantisce. L’art. 1891 c.c., infatti, prevede proprio il caso di colui che stipula l’assicurazione “…per conto altrui o per conto di chi spetta”  e, tra coloro che sono a tanto abilitati, vi è proprio il creditore ipotecario che dovrà essere identificato quale soggetto assicurato, cioè quale soggetto a favore del quale l’eventuale indennizzo dovrà essere versato dall’assicuratore al momento dell’evento dannoso.

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