Home » ARTICOLI ASTE CASA » L’ASSUNZIONE DEL MUTUO GARANTITO DA PARTE DELL’AGGIUDICATARIO

 
 

L’ASSUNZIONE DEL MUTUO GARANTITO DA PARTE DELL’AGGIUDICATARIO

 
 

Tra le caratteristiche più tipiche del popolo italiano, vi è quella di invocare continue riforme per migliorare tutto quanto si ritiene migliorabile e la materia delle aste giudiziarie immobiliari non sfugge alla regola. Anzi, disciplinata com’è dal combinato disposto del codice di procedura civile (c.p.c.) e della legge fallimentare (L.F.), entrambi del 1942, obsoleto sarebbe chi affermasse che di riforma non vi sia bisogno.

Nello specifico campo della vendita immobiliare coattiva, del resto, l’avvento di nuove figure professionali,  come i mediatori immobiliari, e di nuove forme di finanziamento e creditizie, rende effettivamente “antico” e, per certi versi, anche un po’ “provinciale”, l’apparato giudiziario che sembrerebbe pretendere solo il pagamento immediato (entro il termine massimo di sessanta giorni dall’aggiudicazione), per contanti e presso il tribunale, pure se si vendono immobili del valore di miliardi.
A volte, tuttavia, le riforme si invocano prima ancora di aver sperimentato compiutamente l’efficacia delle antiche regole e, tra questi casi, vi è quello che la rubrica dell’art. 508 c.p.c. definisce come: “Assunzione di debiti da parte dell’aggiudicatario o dell’assegnatario”.
Si tratta di questo.
Con l’autorizzazione del giudice dell’esecuzione (o del giudice delegato, nel caso del fallimento), l’aggiudicatario, ovvero l’assegnatario, può concordare col creditore pignoratizio o ipotecario l’assunzione del debito, con le garanzie ad esso inerenti, liberando il debitore.
L’art. 508 c.p.c., di cui è stato appena riassunto il 1° comma, non ha avuto, nel corso dei decenni, l’applicazione che ci si sarebbe aspettata, sebbene preveda la possibilità, per l’aggiudicatario, ovvero per l’assegnatario, di dilazionare una cospicua parte, se non l’interezza, del prezzo dell’aggiudicazione, ovvero dell’assegnazione, dell’immobile pignorato. Una volta tanto, quindi, non è colpa della Giustizia se uno strumento che facilita l’accesso alle aste immobiliari non ha trovato un’ampia diffusione, ma è colpa del mercato degli interessati allo specifico settore, rimasto inerte e pigro nonostante l’interessante agevolazione offertagli.
Nell’intento di contribuire alla divulgazione delle previsioni dell’art. 508 c.p.c., che, peraltro, è inserito nella parte del codice di rito che tratta in via generale dell’esecuzione e, quindi, trova applicazione anche in relazione alle vendite mobiliari, proviamo ad analizzarne la struttura e le problematiche, anche rispetto alle altre norme che regolano la vendita in sede di espropriazione immobiliare e che, sia pure con alcune importanti eccezioni, la regolano anche nelle aste fallimentari per il richiamo al codice di procedura che fa l’art. 105 del R.D. 16 marzo 1942 n. 267 (Legge Fallimentare – L.F.).
Tra queste eccezioni, ai fini che qui interessano, giova subito ricordare quella dell’assegnazione del bene pignorato, un’istanza formulabile da parte di qualunque creditore ed espressamente prevista per le esecuzioni immobiliari individuali dall’art. 589 c.p.c. e che, invece, si ritiene esclusa nelle procedure fallimentari per una serie di ragioni che non sono da esaminare in questa sede.
Una volta chiarito che quanto seguirà può trovare applicazione per l’aggiudicatario o per l’assegnatario nelle espropriazioni immobiliari individuali e solo per l’aggiudicatario nelle procedure concorsuali, può procedersi all’analisi della norma che più sopra ci si riprometteva di condurre.
Due sono gli elementi essenziali per l’applicazione dell’assunzione del mutuo ipotecario da parte dell’aggiudicatario secondo le previsioni dell’art. 508 c.p.c.: l’autorizzazione del giudice e l’accordo tra l’aggiudicatario ed il creditore.
? L’autorizzazione del giudice dell’esecuzione – Il legislatore ha previsto l’autorizzazione del giudice dell’esecuzione prevalentemente a fini ordinatori, di tutela della par condicio creditorum e della regolarità delle aste, cioè a fini pubblicistici.
Il problema che potrebbe porsi, consiste nel momento in cui tale autorizzazione debba essere richiesta al giudice, sia rispetto all’accordo tra l’aggiudicatario ed il creditore ipotecario, sia rispetto all’inizio dell’asta. Ci si domanda, infatti, se l’autorizzazione del giudice debba precedere l’accordo dell’aggiudicatario con il creditore ipotecario, ovvero debba seguirlo. E ci si chiede, inoltre, se tale autorizzazione debba precedere l’inizio della gara o debba seguirla. Dalla soluzione di questi quesiti, possono derivare una serie di invalidità di notevole rilevanza, tanto più che, a causa della scarsissima giurisprudenza in argomento, questa autorizzazione, come la bottiglia dell’antico proverbio, potrebbe essere vista sia mezzo piena che mezzo vuota.
Se ci si attiene rigorosamente ai termini della legge – un criterio tra i migliori per arrivare alla soluzione dei problemi giuridici – si deve osservare che, parlando di aggiudicatario ovvero di assegnatario, il legislatore sembra indicare che la gara ci sia già stata perché, ove non fosse ancora avvenuta, si avrebbero solo dei concorrenti, ovvero dei creditori che, in quanto tali, sarebbero legittimati a chiedere l’assegnazione del bene staggito. E non è solo questione dell’identità dei soggetti, ma anche di persone: infatti l’aggiudicatario, ovvero l’assegnatario, sono usati dal legislatore al singolare (e non potrebbe essere diversamente dopo la gara). Invece, con riguardo ad un momento storico anteriore alla gara, si sarebbero dovuti usare i termini al plurale, ben potendo tutti i partecipanti all’asta, ovvero tutti i creditori, tentare di assumersi il debito con le sue dilazioni e le sue garanzie.
Del resto, anche dal punto di vista del creditore ipotecario, la decisione se accordare o meno l’assunzione del mutuo all’aggiudicatario, presuppone la conoscenza del prezzo dell’aggiudicazione e l’identificazione della persona dell’assuntore perché l’analisi delle capacità economiche e l’illibatezza commerciale di qualunque potenziale offerente, porterebbe via tempo ed energie incompatibili con l’interesse del creditore stesso.
Se ne deve quindi dedurre che l’autorizzazione del giudice deve seguire l’aggiudicazione e precedere l’emissione del decreto di trasferimento in quanto questo, a sua volta, deve seguire il versamento del saldo del prezzo (art. 586 c.p.c.).
Tuttavia, se le osservazioni che precedono colgono nel segno circa l’effettiva volontà del legislatore, deve dirsi che l’istituto in discorso perde molto del suo fascino perché, onde poterne beneficiare, è necessario che l’offerente si accinga all’asta munito di tutti i capitali liquidi che ritiene di dover investire per aggiudicarsi la gara, salvo, in un successivo momento, poter raggiungere un accordo con il creditore ipotecario che, in ipotesi, potrebbe anche mancare.
La delusione per quanto appena osservato, si attenua, però, alla luce dell’analisi che segue circa l’accordo tra l’aggiudicatario ed il creditore ipotecario.
? L’accordo tra aggiudicatario ed il creditore ipotecario – Nello sforzo di comprendere la natura dell’accordo tra l’aggiudicatario ed il creditore, il primo pensiero va alla figura dell’accollo, ma si tratta di un accostamento errato. L’accollo, infatti, ai sensi dell’art. 1273 c.c., ricorre quando il terzo ed il debitore si accordano affinché il primo assuma verso il creditore l’impegno ad adempiere la stessa obbligazione del secondo. Nella specie, invece, l’accordo avviene tra il terzo ed il creditore, senza alcuna ingerenza del debitore. Si ritiene, quindi, che la natura dell’assunzione sia quella dell’espromissione, una fattispecie che, disciplinata dall’art. 1272 c.c., ricorre quando il terzo (nella specie l’aggiudicatario) si accorda con il creditore, anche senza la partecipazione del debitore, per estinguere l’obbligazione di questi. L’utilità del ricorso alla figura dell’espromissione, consiste nella possibilità del terzo di concordare con il creditore modalità di adempimento diverse da quelle che aveva assunto il debitore cosicché, se quest’ultimo aveva contratto un mutuo ipotecario a condizioni svantaggiose, nulla vieta che l’aggiudicatario negozi con il creditore modalità di rimborso a condizioni diverse e più equilibrate, ferma restando la garanzia ipotecaria. La possibilità di rinegoziare i termini del pagamento col creditore garantito, si rafforza ancor di più con riguardo alle aste fallimentari. In caso di fallimento, infatti, il mutuo si estingue, cosicché solo l’accordo fra creditore ed aggiudicatario può ripristinare il beneficio di un rimborso del dovuto a scadenze prefissate.
Non esistono limiti alle condizioni che l’aggiudicatario ed il creditore ipotecario possono stabilire per consentire il rimborso del debito, se non quelle tipiche dello specifico settore che, oggi, in particolare, sono quelle di non superare, con il tasso di interesse, le soglie fissate periodicamente nel rispetto della legge n. 108/96 ed oltre le quali si incorre nell’usura.
La legge prevede che l’accordo tra aggiudicatario e creditore sia assistito dalle garanzie inerenti all’obbligazione. Ciò significa che, se il mutuo contratto dal debitore era assistito da ipoteca, questa potrà rimanere a garanzia dell’accordo di assunzione.
Un’ulteriore limite alla libera contrattazione tra aggiudicatario e creditore, consiste nell’effetto liberatorio per il debitore che l’accordo stesso deve raggiungere secondo l’esplicita dizione dell’art. 508 c.p.c..
? Conseguenze dell’accordo tra aggiudicatario e terzo – Secondo le scansioni temporali emergenti dall’art. 508 c.p.c. e già più sopra rilevate, una volta che l’aggiudicatario ed il terzo abbiano raggiunto l’accordo sull’assunzione del debito, se ne deve informare il giudice dell’esecuzione (ovvero il giudice delegato, in caso di fallimento) per averne l’autorizzazione.
La funzione dell’autorizzazione del giudice, successiva al raggiungimento dell’accordo, non è solo una condizione di efficacia dell’accordo stesso, ma svolge anche una funzione di pubblicità. Infatti, le condizioni pattuite tra aggiudicatario e creditore dovranno essere autorizzate dal giudice con il decreto di trasferimento che, in materia di vendite immobiliari giudiziarie, dovrà essere trascritto presso la Conservatoria dei registri immobiliari a cura della cancelleria, ovvero del curatore, ai sensi dell’art. 164 delle disposizioni di attuazione del c.p.c..
L’obbligo di questa pubblicità, per vero, non è specificamente previsto da alcuna norma di legge, ma l’art. 2843 c.c. prevede l’annotazione presso il pubblico registro immobiliare degli atti di cessione, di surrogazione e, in genere, di tutti gli atti dispositivi del credito che prevedano la trasmissione o il vincolo dell’ipoteca.
Del resto l’art. 586 c.p.c. prevede che, con il decreto di trasferimento che conclude le operazioni dell’incanto, vengano cancellate, mediante annotazione, le ipoteche che gravano sull’immobile aggiudicato cosicché, ove tale effetto debba essere escluso, a causa dell’intervenuto accordo tra aggiudicatario e creditore con l’autorizzazione del giudice, deve necessariamente esserne esplicitata la ragione a tutela della posizione dei terzi.
Va inoltre richiamato quanto dispone l’art. 585 c.p.c. al secondo comma: quando l’aggiudicatario è stato autorizzato ad assumersi un debito garantito da ipoteca, il giudice dell’esecuzione (ovvero il giudice delegato, in caso di fallimento), può limitare, con suo decreto, il versamento alla parte del prezzo occorrente per le spese e per la soddisfazione degli altri creditori che potranno risultare capienti nel prezzo dell’aggiudicazione, detratto l’importo oggetto dell’accordo di assunzione.
Il maggior problema che si rileva a questo proposito, consiste nel coordinamento tra l’art. 508 e l’art. 585 c.p.c.. Secondo al prima norma, infatti, il giudice autorizza l’accordo per l’assunzione del debito; per la seconda norma, invece, lo stesso giudice PUO’, non DEVE, limitare il versamento del prezzo alla parte estranea all’assunzione, come se fra i due provvedimenti vi fosse piena ed assoluta autonomia ed il secondo intervento del magistrato potesse vanificare il primo provvedimento autorizzativo consentendogli la possibilità di un ripensamento.
La soluzione a questa mancanza di coordinamento nelle parole della legge sta, evidentemente, proprio nella difficoltà di immaginare una contraddittorietà così stridente tra i due provvedimenti da adottarsi, sostanzialmente, in un unico contesto.
Tra le altre conseguenze che l’accordo di assunzione deve comportare, vi è la liberazione del debitore.
Un simile effetto si avrà complessivamente solo al momento in cui sarà stata versata quella parte di prezzo non oggetto dell’accordo fra aggiudicatario e creditore perché, per espressa previsione dell’art. 508 c.p.c., l’accordo tra aggiudicatario e creditore deve comportare la liberazione del debitore.
Secondo taluno, tale effetto liberatorio sarebbe però escluso quando l’assunzione riguardasse un mutuo fondiario e l’assunzione dovesse avvenire secondo le previsioni del Testo Unico sulla legge bancaria di cui al Decreto Legislativo (D. Lgs.) 385/93, ma non è questa la sede per addentrarsi in una simile questione che costituirà in seguito, proprio per le sue specificità, oggetto di specifica ed ulteriore disamina.
Come si vede, l’argomento dell’assunzione del debito garantito, proprio per la sua scarsa applicazione, presenta diversi punti d’ombra nelle norme che la riguardano, ma non vi è nulla che il buon senso non possa superare. Non è vietato, infatti, che un’ipotesi di accordo tra offerente e creditore ipotecario venga discussa prima dell’asta, sia pure senza immediata efficacia in quanto ancora carente dell’autorizzazione del giudice, ma non si vede perché un accordo equilibrato dovrebbe successivamente trovare ostacolo proprio in quella Giustizia che deve tendere a favorire la liquidazione dei beni posti a garanzia dei creditori.

Comments are closed

Sorry, but you cannot leave a comment for this post.