I RISCHI DEL FALLIMENTO DEL COSTRUTTORE
Quesito: avendo acquistato un appartamento da una società edile che successivamente è risultata protestata, potrei essere coinvolto nel fallimento e perdere la casa?
Già
gli antichi romani, al tempo del diritto pretorio, che seguì quello
delle “dodici tavole”, promulgarono l’azione pauliana, attualmente presente
come azione revocatoria nella vigente Legge Fallimentare (R.D. 16 marzo
1942 n. 267) agli artt. 64 e segg., con la quale si tende a rendere inefficaci,
nei confronti dei creditori, quegli atti con i quali il fallito, prima
del fallimento, ha disposto dei beni del suo patrimonio rendendolo più
povero o meno facilmente aggredibile da parte dei creditori stessi.
La specifica
azione revocatoria che, tra l’altro, si occupa degli atti a titolo oneroso,
come la vendita di immobili da parte dell’imprenditore destinato al fallimento,
è disciplinata dall’articolo 67 L.F. che è strutturato in
tre commi. Mentre il terzo comma indica gli atti che, eccezionalmente,
sono esclusi dall’ambito dell’azione revocatoria (perché compiuti
da o verso soggetti particolarmente tutelati quali, ad esempio: il pagamento
delle tasse o dei contributi previdenziali; l’erogazione dei mutui fondiari),
i primi due hanno uno speciale rilievo nella vita economica della collettività
perché, mirando, come detto, a rendere inefficaci gli atti compiuti
dall’imprenditore nell’esercizio dell’impresa, rendono instabili i rapporti
commerciali vanificandone gli effetti. La rilevanza della divisione in
commi dell’art. 67 L.F., emergerà dal seguito di queste note.
Nella disciplina
dell’azione revocatoria fallimentare, si distinguono l’aspetto oggettivo
da quello soggettivo.
1) – L’ELEMENTO
CRONOLOGICO - Determinante, tra gli elementi oggettivi, è il dato
temporale. Il legislatore si è preoccupato di porre un limite cronologico
alla facoltà del curatore fallimentare di esperire l’azione revocatoria
in discorso: è di due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento
il massimo periodo entro il quale possono essere invalidati gli atti compiuti
dall’imprenditore destinato a fallire e tale termine, addirittura, si riduce,
in certi casi, ad un anno. Quest’arco temporale, che viene denominato dai
giuristi “periodo sospetto”, può anche risalire più indietro
nel tempo perché, nel caso in cui le procedure fallimentari si succedano,
ad esempio quando l’imprenditore venga prima ammesso all’amministrazione
controllata, poi passi al concordato preventivo e, infine, venga dichiarato
fallito, esso si calcola all’indietro rispetto alla prima delle procedure
a cui l’imprenditore ha avuto accesso.
2) - L’ATTO
DANNOSO – E’ poi necessario, sempre sul piano oggettivo, che l’atto abbia
arrecato pregiudizio all’interesse dei creditori. Ma tale aspetto è
relativamente facile da dimostrare da parte del curatore fallimentare,
perché si tratta di provare l’accadimento storico dell’atto di disposizione
patrimoniale da parte del fallito. Quindi, se si impugna una compravendita
immobiliare, il curatore dovrà produrre il contratto; se si tratta
di dimostrare un pagamento, il curatore dovrà produrre la prova
di esso o attraverso la fotocopia dell’assegno, oppure, anzi, meglio, attraverso
l’estratto notarile del libro giornale. Che gli atti di disposizione patrimoniale
dell’imprenditore destinato a fallire siano dannosi nell’interesse dei
creditori, è considerato una conseguenza automatica della loro esistenza:
se si prova che l’imprenditore ha disposto del suo patrimonio nel periodo
sospetto, il danno, per i creditori, si presume.
3) - L’ELEMENTO
SOGGETTIVO - Ma l’elemento soggettivo è l’aspetto di gran
lunga più controverso nello studio dell’azione revocatoria fallimentare
perché l’inefficacia dell’atto di disposizione patrimoniale dell’imprenditore
destinato a fallire può essere dichiarata solo se, nel corso del
processo, emerge che il terzo contraente abbia partecipato coscientemente
a depauperare il patrimonio dell’imprenditore in danno dei creditori (cosiddetta:
scientia decoctionis) ed è evidente come, un aspetto così
tipicamente personale, dia il maggiore dei problemi sul piano probatorio.
E’ proprio in ordine a questo così discusso elemento che assume
pratica rilevanza la divisione in commi dell’art. 67 L.F..
3.1) IL PRIMO
COMMA DELL’ART. 67 L.F. - Il primo comma dell’art. 67 L.F., infatti, tratta,
in quattro specifici numeri, di una serie di atti che, se compiuti entro
i due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento, sono revocati per
il solo fatto di essere stati compiuti. Spetta al convenuto dimostrare
di aver avuto rapporti con l’imprenditore destinato a fallire ignorando
il suo stato economico in decozione. Si tratta di quegli atti che presentano,
per le loro caratteristiche, un’anomalia rispetto alle normali transazioni
commerciali come quando (n. 1) si venda ad un prezzo notevolmente ridotto
(la giurisprudenza ritiene sufficiente una riduzione del 20-25% rispetto
al prezzo di mercato che si accerta, processualmente, con una consulenza
tecnica), oppure si adempiano le obbligazioni senza utilizzare mezzi normali
di pagamento quali il denaro o gli assegni (n.2), oppure, ancora, quando
si concedano garanzie a fronte di debiti non ancora scaduti (n.3). Per
la “stranezza” di questi atti, il legislatore ha presunto che l’altro contraente
conoscesse l’insolvenza dell’imprenditore destinato a fallire e, quindi,
ha invertito l'onere della prova addossandogli quello di dimostrare di
aver contrattato in buona fede. Sempre per queste anomalie, il periodo
sospetto è il più lungo.
Analogamente,
il legislatore ha presunto la scientia decoctionis in capo all’altro contraente
che ottenga una garanzia per un debito già scaduto, ma, con grande
clemenza, ha ridotto il periodo sospetto ad un solo anno prima della dichiarazione
di fallimento (n.4).
3.2) - IL
SECONDO COMMA DELL’ART. 67 L.F. – Il secondo comma dell’art. 67 L.F., invece,
consente la dichiarazione di inefficacia di tutti gli atti che, del tutto
normalmente (quindi senza alcuna anomalia), l’imprenditore destinato a
fallire abbia posto in essere entro un anno prima della dichiarazione di
fallimento alla condizione, però, che sia il curatore a dimostrare
la scientia decoctionis in capo all’altro contraente. Poiché la
norma richiede la prova della “conoscenza”, molto si è discusso,
nei secoli, tra l’equivalenza della “conoscenza” e della “conoscibilità”,
intesa, quest’ultima, come la possibilità di conoscere la decozione
dell’imprenditore con l’ordinaria diligenza che, a sua volta, va rapportata
alle qualità dell’altro contraente. Pertanto, gli elementi di percettibilità
della decozione dell’imprenditore che possono essere facilmente rilevabili
da parte di un banchiere, non lo sono altrettanto da parte di un piccolo
fornitore, magari di un’altra provincia. Di qui, soprattutto, l’ampio dibattito
tra i giuristi che ha portato, addirittura, ad individuare interi filoni
giurisprudenziali quali, ad esempio, quello della cosiddetta “revocatoria
bancaria”.
4) - GLI EFFETTI
DELLA REVOCATORIA – A seguito dell’esperimento positivo dell’azione revocatoria,
il bene uscito dal patrimonio del fallito potrà essere trattato
dal curatore fallimentare come un qualsiasi altro bene acquisito alla massa
attiva del fallimento e, quindi, potrà essere venduto, in danno
del soccombente, ripartendo i proventi tra i creditori ammessi al passivo
fallimentare. Il soccombente, invece, avrà diritto di vedere ammesso
al passivo fallimentare il credito equivalente al corrispettivo a suo tempo
versato al fallito (art. 71 L.F.) e sarà liquidato con la classica
falcidia della procedura concorsuale.
5) - RISPOSTA
AL QUESITO - Chi acquista un immobile da un costruttore, è
esposto, in particolare, alla revocatoria nei due anni anteriori alla dichiarazione
di fallimento di cui all’art. 67, 1° comma, n. 1, L.F. (sproporzione
nel prezzo) ed a quella annuale del secondo comma della stessa norma.
Poiché,
come detto, nella revocatoria assume estrema rilevanza l’onere di provare
la scientia ovvero la inscientia decoctionis nella contrattazione, occorre
verificare che il nome del costruttore non risulti, prima dell’acquisto,
nel bollettino dei protesti (verifica in Camera di Commercio), né
abbia pignoramenti o sequestri in corso (verifica in Conservatoria dei
Registri Immobiliari). Per eccesso di scrupolo, di possono ottenere certificati
sulla pendenza di procedure esecutive mobiliari ovvero decreti ingiuntivi
presso il Tribunale del circondario in cui si trova l’immobile e verificare
se compaiono notizie di insolvenza sui giornali. In caso di dubbio, è
opportuno sottoporre a perizia tecnica giurata l’immobile per accertarne
il valore di mercato onde confrontarlo con il prezzo di vendita e rilevarne
la congruità. E’ anche bene conservare o, comunque, poter documentare
la pubblicità attraverso la quale si è entrati in contatto
con il costruttore e procurarsi la fattura del mediatore che, in tal modo,
non avrà difficoltà a comparire come testimone durante il
giudizio. Determinante è dichiarare per intero, nel contratto definitivo
di compravendita, il prezzo dell’acquisto cosicché che non vi sia
differenza tra il prezzo emergente dal contratto preliminare e quello risultante
dall’atto definitivo di compravendita in quanto non si può provare
(la prova, infatti, non riesce quasi mai), nei confronti del curatore fallimentare,
un prezzo diverso da quello risultante dal rogito notarile. Da ultimo,
è sempre bene farsi assistere da un esperto quando si investono
in immobili tanti soldi e, spesso, i risparmi di una vita.