L'ESPERTO RISPONDE

Quesito: il Condominio da me amministrato, ha spiegato intervento nell’esecuzione immobiliare promossa a carico di un condomino dal Credito Fondiario, ma quest’ultimo ha incassato tutto il prezzo ricavato dalla vendita senza che nulla residuasse per il Condominio. L’aggiudicatario ha accettato solo di pagare le spese condominiali dell’esercizio in corso al momento dell’aggiudicazione e di quelle dell’esercizio precedente, mentre il debitore aveva smesso di pagare i contributi mensili sin dal pignoramento e l’esecuzione è durata molti anni. Così, quasi tutto il debito per spese condominiali  è rimasto a carico dei condomini. E’ giusta questa conclusione?

Non è raro il caso di chi, soprattutto in anni passati, ottenendo una quota di mutuo molto elevata rispetto al prezzo di acquisto della casa, non ne pagasse affatto le rate, godendo dell’abitazione per tutto il tempo (al momento ancora lunghissimo) di durata dell’esecuzione immobiliare a suo carico e traendo, per di più, il massimo vantaggio anche dall’omissione del pagamento delle spese condominiali. Insomma: uno dei più classici esempi di parassitismo dal quale il sistema giudiziario italiano non ha saputo, in molti casi, difendere i suoi cittadini.
E’ altrettanto evidente che, in un caso come quelle che intrattiene, al Condominio non potesse che rimanere l’intervento nell’esecuzione immobiliare promossa dal Credito Fondiario il quale, per legge, è però privilegiato, rispetto agli altri creditori, dall’ipoteca di primo grado iscritta sull’immobile al momento della concessione del mutuo. Altrettanto in linea con la lettera della legge, appare l’obiezione dell’aggiudicatario di essere tenuto solo alle spese dell’esercizio in corso al momento dell’aggiudicazione e di quelle dell’esercizio precedente: così, infatti, recita il secondo comma dell’art. 63 delle disposizioni di attuazione del cod. civ. a proposito di colui che subentra nei diritti di un condomino obbligato verso il Condominio.
Tuttavia, la conclusione di lasciare a carico di tutti gli altri condomini il frutto del parassitismo del solito furbo, è urticante e, per quanto abbia cercato in giurisprudenza, non ho trovato conforto al parere che segue e che mi sembra utile a risolvere il caso sottoposto dal cortese lettore.
Le somme dovute al Credito Fondiario rientrano tra quelle alle quali è applicabile l’art. 41 del D. Lgs. 385/93 (Testo Unico sulle leggi bancarie) il quale recita, tra l’altro, al comma 4°, che: “Con il provvedimento che dispone la vendita o l’assegnazione, il giudice dell’esecuzione prevede, indicando il termine, che l’aggiudicatario o l’assegnatario, che non intendano avvalersi della facoltà di subentrare nel contratto di finanziamento previsto dal comma 5, versino direttamente alla banca la parte del prezzo corrispondente al complessivo credito della stessa. L’aggiudicatario o l’assegnatario che non provvedono al versamento nel temine stabilito sono considerati inadempienti ai sensi dell’art. 587 del codice di procedura civile.”.
Il successivo comma 5°, inoltre, prevede che l’aggiudicatario possa subentrare, senza autorizzazione del giudice dell’esecuzione: “… nel contratto di finanziamento stipulato dal debitore espropriato, assumendosi gli obblighi relativi, purché entro quindici giorni dal decreto previsto dall’art. 574 del codice di procedura civile ovvero dalla data dell’aggiudicazione o dell’assegnazione paghino alla banca le rate scadute, gli accessori e le spese.”.
Le disposizioni appena sopra trascritte rendono evidente che, una volta aggiudicato l’immobile pignorato, il concreto versamento del prezzo può sfuggire al controllo di chi, come il Condominio intervenuto nell’esecuzione immobiliare, non deve essere considerato un semplice creditore chirografario, bensì un creditore il cui privilegio è superiore a quello ipotecario per credito fondiario.
Occorre, infatti, considerare che, sempre tra le disposizioni dell’art. 41 D. Lgs. 385/93, il comma 3° dispone che: “Il custode dei beni pignorati, l’amministratore giudiziario e il curatore del fallimento del debitore versano alla banca le rendite degli immobili ipotecati a suo favore, DEDOTTE LE SPESE DELL’AMMINISTRAZIONE ed i tributi, sino al soddisfacimento del credito vantato.”.
Orbene, poiché non vi è dubbio che il Condominio, in persona del suo amministratore, sia il custode delle parti comuni dello stabile cui appartiene l’immobile pignorato (cfr. Cass. 17.01.2003 n. 642 ), parti comuni che, pure, verranno alienate all’aggiudicatario a seguito della vendita all’incanto, le relative spese di amministrazione e conservazione dovranno essere DEDOTTE, come recita il 3° comma citato, dal prezzo ricavato dalla vendita ed attribuite direttamente al Condominio nella misura che risulterà alla data dell’aggiudicazione.
Circa la legittimità della prededuzione delle spese condominiali relative all’immobile pignorato in sede di distribuzione, si ricorda che l’art. 2864, 2° comma, cod. civ., prevede, in favore del terzo che abbia apportato miglioramenti all’immobile ipotecato (ma non si vede perché discriminare le spese di manutenzione e conservazione!!), il diritto di vedere separata, dal prezzo di vendita, una somma corrispondente ai miglioramenti eseguiti dopo la trascrizione del suo titolo (nella specie il regolamento condominiale) fino alla concorrenza del valore dei medesimi al tempo della vendita.
Dunque, secondo la tesi appena sopra esposta, la banca che ha percepito l’intero importo del prezzo dell’aggiudicazione, dovrà restituire al Condominio le spese condominiali gravanti sull’immobile pignorato dalla data del pignoramento sino all’aggiudicazione.
Una simile conseguenza potrebbe sembrare squilibrata in danno della banca, ma, a ben vedere, non è così. La banca, infatti, paga, in tal modo, le conseguenze della sua incuria in relazione alla custodia dell’immobile.
Dispone l’art. 559, 1° comma, cod. proc. civ. che, col pignoramento, il debitore è costituito custode dei beni pignorati e di tutti i suoi accessori, comprese le pertinenze, senza diritto a compenso. Quindi, egli è costituito custode anche delle parti comuni dell’edificio che rientrano, pro quota, tra i beni pignorati con l’immobile di proprietà esclusiva. Ai sensi del successivo art. 560 cod. proc. civ., il custode deve rendere il conto dell’amministrazione dei beni custoditi e, con l’autorizzazione del giudice, il debitore può continuare ad abitare nell’immobile pignorato, occupando i locali strettamente necessari a lui e alla sua famiglia. Se, però, nonostante questa condizione di estremo favore, il debitore, custode dell’immobile pignorato e delle parti comuni dell’edificio, omette il pagamento delle spese condominiali e, con la sua occupazione diretta dell’immobile, impedisce che questo dia i frutti di cui è capace e da attribuirsi al creditore procedente, il creditore stesso, ai sensi dell’art. 559, 2° comma, cod. proc. civ. può chiedere al giudice la sua sostituzione. Sarà, dunque, il nuovo custode che dovrà amministrare l’immobile pignorato, durante il tempo necessario alla sua vendita, in modo tale che renda frutti che consentano, almeno, la manutenzione e la conservazione delle cose comuni pignorate con l’immobile stesso e, al tal fine, sia pure con l’autorizzazione del giudice di cui all’art. 560, 2° comma, cod. proc. civ., egli potrà anche dare in locazione l’immobile stesso previa liberazione del debitore inadempiente anche a tutti i doveri della custodia che gli era stata assegnata all’origine dell’esecuzione.
L’aver consentito che il debitore rimanesse nell’immobile pignorato, senza pagare neppure le spese condominiali, costituisce un’incuria che giustifica la decurtazione, dal prezzo di vendita, dell’ammontare delle spese medesime.
Peraltro si può segnalare che anche il Condominio intervenuto, se munito di titolo esecutivo, può chiede la sostituzione del custode debitore adducendo proprio il mancato pagamento delle spese condominiali e tale istanza al giudice dell’esecuzione è normalmente idonea a spezzare il parassitismo di cui più sopra si è data illustrazione.