LE NUOVE REGOLE DELLE VENDITE FALLIMENTARI
A
decorrere dal 16 luglio 2006 sono state introdotte novità rilevanti nelle
procedure fallimentari anche con riguardo alle vendite degli immobili.
Mentre
in precedenza si applicavano ai fallimenti le stesse regole delle esecuzioni
individuali, ora quel vincolo è scomparso e l’intera materia della
liquidazione dei beni acquisiti all’attivo fallimentare è stata riformata.
Tutta
l’attività liquidatoria viene ora preventivamente esposta dal curatore in un
“programma di liquidazione” privilegiando le possibilità di vendere in
blocco l’azienda fallita comprendendo in essa anche gli eventuali immobili. La
scelta della vendita unitaria dell’azienda, come si legge negli atti
parlamentari della riforma (D. Lgs. n. 5/2006), mira alla conservazione
dell’impresa assicurandone la sopravvivenza quale migliore risultato economico
per i creditori. In effetti è vero che una vendita frazionata dei beni che
compongono l’azienda porterebbe a disperdere cespiti a volte anche di notevole
valore: basti pensare all’avviamento.
Tutto
ciò, peraltro, è solo un’indicazione del legislatore ben potendo accadere,
in concreto, che una vendita atomistica dei componenti dell’azienda si
presenti più vantaggiosa oppure che, oltre ai beni dell’azienda, ve ne siano
altri ad essa estranei: si pensi alla casa di abitazione del debitore.
In
questi casi il “programma di liquidazione” dovrà indicare le condizioni
della vendita che il curatore potrà scegliere con ampio margine di
discrezionalità, inclusa la delega a soggetti specializzati.
Da
quanto precede si osserva, innanzi tutto, che le nuove vendite fallimentari non
le fa più il giudice delegato, ma le fa direttamente il curatore il quale dovrà
in ogni caso individuare metodi competitivi sulla base di stime effettuate da
esperti ed adottando forme di pubblicità idonee ad assicurare la massima
informazione e partecipazione degli interessati.
Tuttavia,
il curatore non è abbandonato a se stesso perché l’approvazione del
programma di liquidazione sostituisce tutte le autorizzazioni alla vendita che
un tempo dovevano essere invocate di volta in volta.
Pur
nella liberalizzazione e flessibilità delle forme è comunque previsto che la
vendita possa essere sospesa dal curatore ove pervenga una proposta irrevocabile
di acquisto per un importo non inferiore al dieci per cento del prezzo offerto:
un istituto che riecheggia gli aumenti di sesto tipici delle esecuzioni
immobiliari, ma dai quali si distingue sia per l’importo della nuova offerta
(solo il 10 anziché il 17 %), sia per i tempi, non essendo più previsto il
termine perentorio di dieci giorni dall’aggiudicazione provvisoria per la
presentazione delle offerte migliorative.
Queste
nuove disposizioni sottolineano l’enorme ampliamento della sfera di azione del
curatore il quale può ora procedere in via autonoma alla nomina degli stimatori
degli immobili, alla scelta delle forme di pubblicità e delle modalità di
vendita nella completa assenza del giudice delegato ormai relegato a
controllore. Un controllo, peraltro, normalmente “a posteriori” perché il
curatore è tenuto ad informare quest’ultimo ed il comitato dei creditori solo
dell’esito della vendita depositando in cancelleria la relativa
documentazione.
Eventuali
questioni che potessero insorgere nel corso della vendita potranno essere
sollevate da ogni interessato con reclamo al giudice delegato entro il termine
perentorio di otto giorni dalla conoscenza dell’atto. Ove l’irregolarità
riscontrata consistesse nell’omissione di un atto ritenuto doveroso, il
termine per reclamare potrà essere di otto giorni dalla scadenza di una diffida
a provvedere che l’interessato avrà previamente indirizzato al curatore.
Il
reclamo, una volta assicurato il contraddittorio tra le parti, sarà istruito
dal giudice delegato senza formalità e deciso con decreto contro il quale si
potrà ricorrere al tribunale fallimentare per un riesame della vertenza. Anche
in questa sede si procederà senza formalità, ma la decisione, questa volta,
sarà definitiva.