L'ESPERTO RISPONDE
Quesito: Mi sono accorto solo dopo 15 giorni dalla gara che era stato messo all’asta un immobile che mi interessava e, per di più, ho accertato che esso era stato aggiudicato ad un prezzo veramente molto basso rispetto a quello che sarei stato disposto ad offrire. Cosa posso fare per far riaprire l’incanto?
Il particolare
del tempo trascorso dalla gara che il cortese lettore ha opportunamente
indicato come epoca di percezione della messa all’incanto dell’immobile
di suo interesse, ha uno speciale rilievo ai fini della risposta da dare
al quesito. Infatti, l’art. 584 cod. proc. civ. (applicabile anche alle
aste fallimentari in virtù dell’espresso richiamo alle disposizioni
che codice di rito che l’art. 105 del R.D. 16 marzo 1942 n. 267 – cosiddetta
Legge Fallimentare – L.F. fa in materia di liquidazione dei beni acquisiti
dal curatore) prevede che, avvenuto l’incanto, possono ancora essere fatte
offerte di acquisto entro il termine di dieci giorni purché il prezzo
offerto sia superiore di almeno un sesto (cioè almeno il 17%) a
quello raggiunto nell’incanto. Ciò significa che ,quando la gara
si conclude con l’individuazione dell’offerta più alta, si fa luogo
non all’aggiudicazione definitiva, ma ad una aggiudicazione provvisoria,
suscettibile di diventare definitiva solo se, entro i successivi dieci
giorni, non pervenga una nuova offerta maggiore di almeno un sesto rispetto
a quella massima raggiunta in sede di incanto. Questa è la norma
che disciplina la possibilità, il limite e le modalità con
le quali possono essere presentate ulteriori offerte dopo che un’asta si
sia conclusa con l’aggiudicazione.
Il cortese
lettore ha però precisato di aver avuto notizia dell’avvenuta aggiudicazione
dell’immobile che gli interessava quando anche il termine di dieci giorni,
previsto dall’art. 584 c.p.c., era irrimediabilmente spirato; quando, cioè,
l’aggiudicazione era già divenuta definitiva e chiede come fare
a “riaprire i giochi”.
Come appena
visto, non esiste una norma esplicita che permetta di ottenere questo risultato.
Anzi, il tenore dell’esaminato art. 584 c.p.c., sembrerebbe escludere la
possibilità di dare risposta positiva al quesito. Tuttavia, dall’esame
delle regole che presiedono alla vendita all’incanto, una soluzione può
essere individuata.
L’art. 586
c.p.c. ha subito una modificazione ad opera dell’art. 19 bis del Decreto
Legge (D.L.) 31 maggio 1991 n. 152, convertito, con modif., nella legge
12 luglio 1991 n. 203.
La modifica
consiste nell’aver previsto che il giudice dell’esecuzione (ovvero il giudice
delegato in sede fallimentare), pur dopo il versamento del prezzo da parte
dell’aggiudicatario, ma prima dell’emissione del decreto di trasferimento,
ha la facoltà di sospendere la vendita quando ritiene che il prezzo
offerto sia notevolmente inferiore a quello giusto. Invero, questa modificazione
è stata adottata a fini di ordine pubblico: il D.L. 152/91 venne
promulgato nell’ambito dei provvedimenti urgenti adottati per la lotta
alla criminalità organizzata e per favorire la trasparenza ed il
buon andamento dell’attività amministrativa (così la rubrica
della novella); tuttavia essa si presta ad aprire una speranza nella direzione
di interesse per il cortese lettore.
Infatti, ove,
pur dopo il decorso dei dieci giorni dall’aggiudicazione, pervenisse al
giudice dell’esecuzione un’offerta sensibilmente superiore a quella raggiunta
in sede di gara, egli potrebbe ritenere raggiunti i presupposti previsti
dall’art. 586 c.p.c. per sospendere l’emissione del decreto di trasferimento,
sotto il profilo del prezzo di aggiudicazione notevolmente inferiore a
quello giusto, e, quindi, riaprire l’incanto.
Per scendere
ancora di più negli aspetti pratici che da sempre distinguono questa
rubrica, può segnalarsi che la nuova maggiore offerta del
cortese lettore dovrebbe pervenire, al giudice dell’esecuzione, nelle medesime
forme previste per la presentazione dell’offerta alla gara conclusasi con
l’aggiudicazione che si intende scalzare. Più arduo è stabilire
a quale livello dovrebbe collocarsi la nuova maggiore offerta per conseguire
il risultato perseguito e qui occorre ancora una volta ragionare su norme
non espressamente previste per il caso che intrattiene, posto che ci muoviamo
in un’area priva di specifica disciplina. Certamente non sarebbe sufficiente
offrire un sesto in più del prezzo offerto dall’aggiudicatario definitivo.
Questo limite è previsto dall’art. 586 c.p.c. solo con il limite
temporale dei dieci giorni dalla conclusione positiva dell’incanto: presentare
un’offerta a questo livello, ma oltre il limite dei dieci giorni, non potrebbe
raggiungere, con certezza, lo scopo di “riaprire i giochi”. D’altra parte
l’art. 586 c.p.c., per consentire la sospensione dell’emissione del decreto
di trasferimento, richiede solo con la locuzione “notevolmente inferiore
a quello giusto” e, quindi, assai genericamente, come deve figurare il
prezzo dell’aggiudicazione definitiva rispetto alla nuova offerta. Occorre,
pertanto, richiamarsi ai principi generali dell’ordinamento per stabilire
quando una sproporzione può far apparire “notevolmente inferiore”
un’offerta, peraltro già consolidatasi, rispetto ad un'altra presentata
al di fuori delle regole. In questa indagine, peraltro, appare opportuno
muoversi alla ricerca del limite minimo che l’offerta irrituale dovrebbe
avere per non esporre il cortese lettore ad un prezzo eccessivamente oneroso
pur di ottenere il risultato.
In tal senso,
infatti, potrebbe richiamarsi la disposizione dell’art. 1448 cod. civ.,
secondo cui un contratto può essere rescisso se vi sia, tra due
prestazioni, una sproporzione di oltre la metà, per offrire al cortese
lettore un limite abbastanza sicuro per ottenere il risultato sperato.
Tuttavia, presentare un’offerta superiore di oltre la metà (cioè
più del 50%) rispetto a quella che ha concluso l’incanto, potrebbe
essere talmente eccessivo, da far rinunciare all’impresa.
Nella ricerca
della norma che meglio si attaglia all’indagine che intrattiene, si rinviene
la disposizione dell’art. 763 cod. civ., sulla rescissione per lesione
in materia ereditaria, ai sensi del quale la divisione può
essere rescissa quando taluno dei coeredi prova di essere stato leso oltre
il quarto.
E’ questo
del 25% il limite minimo che si rinviene nel codice civile per ottenere
il risultato di sciogliere un accordo già consolidatosi, magari
faticosamente, tra più parti di un medesimo rapporto, cosicché
si potrebbe dire che, sotto la soglia di un’offerta superiore di un quarto
a quella dell’aggiudicazione definitiva, difficilmente potrebbe ottenersi
il risultato di sospendere la vendita dell’immobile pignorato.
Vediamo, ora,
cosa potrebbe accadere se il cortese lettore, dopo che l’aggiudicazione
fosse divenuta definitiva, ma prima dell’emissione del decreto di trasferimento,
presentasse un’offerta superiore del 25% rispetto a quella raggiunta in
sede di incanto.
Il giudice
potrebbe ritenere sussistenti i presupposti di cui all’art. 586 c.p.c.
e, quindi, potrebbe sospendere l’emissione del decreto di trasferimento
bandendo un nuovo incanto. Oppure potrebbe non ritenere raggiunto il presupposto
della notevole sproporzione e, pertanto, potrebbe emettere il decreto di
trasferimento. Con l’uno ovvero l’altro dei comportamenti, il giudice finirebbe
con lo scontentare o l’aggiudicatario, ovvero il nuovo offerente. Il soggetto
scontento potrebbe quindi proporre opposizione al provvedimento adottato
dal giudice. Attenzione: si tratterebbe di un’opposizione cosiddetta “agli
atti esecutivi” (art. 617 c.p.c.) e, quindi, da proporre, sotto pena di
inammissibilità, nei cinque giorni dalla pubblicazione del provvedimento
mediante deposito in cancelleria. Quindi, è bene sapere che una
simile vicenda giudiziaria dovrà essere seguita passo passo da un
esperto professionista.
Sin d’ora
si può avvertire che, ove il giudice ritenesse di sospendere l’emissione
del decreto di trasferimento, l’aggiudicatario rimostrante avrebbe scarse
possibilità di successo: con una recentissima sentenza, la Suprema
Corte di Cassazione (sent. 16 aprile 2003 n. 6272) ha stabilito che l’ordinanza
con la quale il giudice dell’esecuzione decide di sospendere la vendita
in una situazione quale quella che intrattiene in questa sede, restituendo
in tal modo il procedimento di espropriazione alla fase dell’incanto che
dovrà seguire secondo le nuove e più favorevoli condizioni
di vendita, costituisce esercizio di una facoltà discrezionale che,
se adeguatamente motivata, si sottrae al controllo di legittimità
da parte della Corte medesima. Il legislatore, spiega la sentenza, con
il riferimento al “giusto prezzo”, ha fornito un’indicazione scissa da
precisi parametri proprio per renderla adattabile alla varietà delle
ipotesi possibili, cosicché il giudice dell’esecuzione potrà
avvalersi, nella sua decisione, di elementi, anche indiziari, della natura
più varia, quali, ad esempio, i fatti notori, la presentazione tardiva
di offerta superiore, le notizie e le informazioni ovunque e da chiunque
attinte, i fatti nuovi ed i fatti sopravvenuti alla stima dell’immobile
oggetto della vendita all’incanto.
Ove, invece,
il decreto di trasferimento venisse adottato dal giudice nonostante l’offerta
presentata secondo i criteri migliorativi sopra indicati, sarebbe il nuovo
offerente a potersi opporre deducendo la validità del nuovo prezzo
offerto per farsi luogo alla nuova gara nel superiore interesse dei creditori.