GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE
(con nota di Flaminia Caiafa)
Corte Costituzionale - sentenza 21 gennaio 2000 n.17 Pres.Vassalli
– Rel. Marini FALLIMENTO - ACCERTAMENTO DEL PASSIVO -
CREDITO DI ALIMENTI - CREDITO AL MANTENIMENTO - MANCATA PREVISIONE DEL
PRIVILEGIO - QUESTIONE DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE DEGLI ARTT.2751,
N.4 E 2778, N.17 - INFONDATEZZA
E' infondata la questione di legittimità costituzionale degli
artt.2751, numero 4, e 2778, 17 del codice civile, sollevata in riferimento
all'art.3 della Costituzione, nella parte in cui prevedono tra i crediti
aventi privilegio generale sui mobili del debitore il credito del coniuge,
separato o divorziato, al mantenimento .
Omissis (...)
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Il Tribunale di Ferrara dubita, in riferimento all’articolo 3 della Costituzione,
della legittimità costituzionale degli articoli 2751, numero 4,
e 2778, numero 17, del codice civile, nella parte in cui non riconoscono
– secondo l’interpretazione dello stesso rimettente – il privilegio generale
sui mobili del debitore anche al credito di mantenimento del coniuge separato
o divorziato.
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La questione non è fondata, nei sensi di seguito indicati.
Contrariamente dall’assunto da cui muove il rimettente, il privilegio
di cui alla norma denunciata, pur testualmente riferito ai crediti di alimenti,
deve ritenersi estensibile sul piano interpretativo anche al credito di
mantenimento del coniuge separato o divorziato, superandosi in tal modo
la disparità di trattamento che altrimenti conseguirebbe ad una
diversa ed opposta lettura della norma.
In proposito, uno speciale rilievo va riconosciuto alla causa del credito
che, com’è stato osservato in dottrina, rappresenta la ratio
giustificativa
e, al tempo stesso, il criterio di interpretazione del privilegio, valendo
a determinarne l’ambito oggettivo e soggettivo.
Se, pertanto, si prescinde da considerazioni puramente nominalistiche
per guardare al suo profilo funzionale, risulta chiaro come il credito
di alimenti, di cui all’articolo 2751, numero 4, cod. civ., sia diretto
a soddisfare, in conformità al significato comune dell’espressione,
la necessità di vita dell’alimentando anche se in misura quantitativamente
diversa a seconda delle circostanze e dei soggetti che vengono di volta
in volta in considerazione.
Ed è indubbio che la funzione sopra specificata è propria,
nella sua ampiezza, anche del credito di mantenimento del coniuge separato
o divorziato.
Una conferma, sia pure indiretta, dell’esattezza di tale opinione si
desume dalla costante giurisprudenza della Corte di cassazione che, qualificando
la domanda relativa agli alimenti un "minus" necessariamente compreso
in quella di mantenimento, muove evidentemente dalla identità di
causa petendi delle domande e, quindi, sul piano sostanziale, dall’unitaria
funzione di sostentamento che caratterizza i relativi crediti. Lo stesso
credito di alimenti di cui all’art. 433 del codice civile può assumere,
d’altro canto, una diversa misura quantitativa in ragione della particolare
natura del rapporto da cui l’obbligazione alimentare può derivare:
mentre, ad esempio, il donatario non è tenuto a prestare gli alimenti
oltre il valore della donazione tuttora esistente nel suo patrimonio (art.438,
terzo comma, Cod. Civ.), tra fratelli e sorelle gli alimenti sono dovuti
nella misura dello stretto necessario (art.439, primo comma, Cod. Civ.).
E se è pacifico come, in tali casi, la misura più ridotta
degli alimenti non faccia venir meno l’identità funzionale del credito,
la stessa conclusione non può non valere per l’ipotesi in cui il
credito, essendo parametrato al pregresso tenore di vita dell’alimentando,
abbia un contenuto più esteso anziché più ridotto
di quello stricto sensu alimentare.
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In base alle considerazioni che precedono risulterebbe in contrasto con
l’art. 3 della Costituzione, comportando una irragionevole disparità
di trattamento, una interpretazione che escludesse dall’ambito della norma
denunciata il credito di mantenimento del coniuge separato o divorziato.
Avuto riguardo al fondamentale canone ermeneutico che, nel concorso tra
più possibili interpretazioni, impone di preferire quella conforme
a Costituzione, deve, pertanto, affermarsi – come del resto già
osservato, sia pure incidentalmente, da questa Corte (sentenza n.84 del
1992) – l’estensione del privilegio di cui alla norma denunciata anche
al credito di mantenimento del coniuge separato o divorziato e, conseguentemente,
l’infondatezza della questione sollevata dal giudice rimettente.
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