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Tra gli obiettivi che questa rivista si prefigge di raggiungere da quando è nata, vi è quello di informare i cultori delle procedure concorsuali sulle novità legislative. Uno dei problemi che certamente assillano gli operatori del diritto dei professionisti, va individuato nell'entrata in vigore della normativa riguardante il giudice unico prevista per il prossimo 3 giugno. Occorre innanzi tutto precisare, così da non ingenerare alcuna confusione, che quando parliamo di giudice unico ci riferiamo al tribunale che può essere composto sia dal giudice monocratico che da quello collegiale. Il giudice unico, negli auspici del legislatore, dovrebbe snellire la giustizia abolendo la figura del pretore e riorganizzando l'assetto territoriale degli uffici giudiziari. Come è a tutti noto, l'art. 48 dell'Ordinamento Giudiziario, stabilisce che la gran parte delle controversie sono decise da un giudice che ha la caratteristica della monocraticità, mentre la rimanente parte dei giudizi deve essere decisa dal tribunale in composizione collegiale. La novità del giudice unico è senza ombra di dubbio una scommessa che tutti ci auguriamo sia vinta, ma sul quale nutriamo qualche perplessità per la struttura degli uffici giudiziari non ancora disciplinata e organizzata. A questo punto ci si domanda se la nuova riforma incida, ed in quale misura, sulle procedure concorsuali. Il problema, a nostro sommesso parere, è risolto proprio dal citato art. 48 dell'Ordinamento Giudiziario, il quale riserva al tribunale, in composizione collegiale, soltanto la competenza dei giudizi conseguenti a dichiarazioni tardive di crediti di cui alla L.F., alla legge denominata “Prodi” ed alle altre legge speciali disciplinanti la liquidazione coatta amministrativa. Da tale disposizione si evince che il giudice fallimentare deciderà tutte le altre controversie delegando tale funzione al giudice monocratico. Pertanto, la specialità della materia fallimentare non incide in modo diffuso sulle funzioni del giudice ordinario, sia pure facente parte di una sezione specializzata, rimanendo di competenza del giudice collegiale l'ammissione all'amministrazione controllata, al concordato preventivo e la dichiarazione del fallimento. Altro argomento di estremo interesse per la sua evoluzione legislativa è quello riguardante le nuove disposizioni per l'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi. La novità che si prospetta rispetto alla Legge n. 95/1979, sostanzialmente, sembra concretizzarsi nella possibilità, che verrebbe data alle imprese dotate dei requisiti appositi, di accedere alla procedura di amministrazione straordinaria, laddove si dovrebbe far luogo alla dichiarazione di fallimento a causa della mancata omologazione di un concordato preventivo o a causa del venire meno dei presupposti in forza dei quali l'impresa era stata ammessa al beneficio dell'amministrazione controllata. Indubbiamente si tratterà di una novità importante, purtroppo limitata a quelle imprese che hanno i requisiti già previsti nella precedente legge. La legge in itinere predetta non sembra riguardare le imprese già dichiarate fallite in quanto non è, allo stato, ipotizzata la possibilità di convertire il fallimento stesso in amministrazione straordinaria se non nel caso in cui si entri nel programma delle imprese di gruppo. Ciò vuol dire che il tribunale, una volta ammessa la capogruppo al beneficio dell'amministrazione straordinaria, qualora abbia dichiarato il fallimento di un'impresa del gruppo, potrà disporre la conversione di quest'ultimo in amministrazione straordinaria d'ufficio o su istanza di chiunque vi abbia interesse. Attendiamo il progredire dell'iter della legge per esprimere parere più ampio. |