|
|
Per la copertina de “Il rosario della giurisprudenza
fallimentare ”,
edito da G. De Cristofaro editore in Roma, Dario Di Gravio, questa volta, non ha scelto la pittura satirica di Daumier ma una “Allegoria della Giustizia”, un quadro del pittore italo-argentino Claudio Bogino, raffigurante una giunonica “matrona”, ben vestita e pensosa, che osserva i suoi “ferri del mestiere”: la clessidra e la bilancia. |
Significativamente, come prima
impressione, i dubbi che turbano questa “bella donna” oscillano fra il
tempo che passa (clessidra) e la funzione di dare una risposta equilibrata
(bilancia). Tuttavia, a parte il pregio della copertina, il Rosario di
Dario di Gravio, che fa seguito ad una annosa teoria di monografie e di
saggi, si propone stavolta di “fare il punto” della legislazione sui concordati
e sui fallimenti, sostenendo che, ormai, è tempo non già
di riformare l’esistente, ma di ripensare tutto il fenomeno dell’insolvenza
delle imprese, usando la chiave del senso comune, tornando alla natura
dell’uomo dopo aver seppellito la chiave delle elaborazioni concettuali.
Già nel precedente volume “I ferri del mestiere“, dello stesso editore, Di Gravio sosteneva l’opportunità della costituzione di una Corte Suprema del Senso Comune, con divieto di partecipazione dei giuristi, ma aperta ai sofferenti, ai missionari, ai sacerdoti di ogni fede, alle madri di famiglia, a coloro, insomma, che hanno un rapporto immediato e diretto con il creato e non sono o non vogliono essere prigionieri di gabbie concettuali, di regimi che si autoriproducono da vecchi schemi e che sfuggono ai rinnovamenti suggeriti dal “mondo che cambia” (per le guerre, per il progresso scientifico, per i disastri tellurici, per le espansioni e le disgregazioni sociali, ecc.). Una ipotesi ironica, quella di Di Gravio, che - al punto di stasi in cui è finita la riforma della legge - prende i contorni di una sfida. E così, per dimostrare gli assurdi del “diritto vivente”, l’Autore prende in esame, capitolo per capitolo, decisioni di tribunali e di corti per rilevarne - per ognuna - la contrarietà o l’aderenza al senso comune ed alla realtà di fatto, sconfiggendo le costruzioni fondate su norme ormai desuete ed inconciliabili con il diritto naturale. Il Rosario perciò, con lo stile narrativo gradevole ma pungente, finisce per essere una gustosa antologia per gli imprenditori e per chi - avvocati, commercialisti, consulenti - si trova a confrontarsi, giorno per giorno, con gli spauracchi giudiziari che il fenomeno dell’insolvenza aziendale produce sulla base di una legge sopravvissuta (paradossalmente) alla caduta di un regime. . |