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L'ingresso dell’Italia in Europa pone una lunghissima
serie di problemi di adeguamento tra i quali, non ultimi, quelli relativi
al mondo giudiziario.
È a tutti noto quanto spesso la Commissione di Giustizia Europea emani condanne nei confronti dello Stato italiano a causa della lunghezza dei processi che finisce con il costituire un danno che si aggiunge all’ingiustizia cui lo stesso processo dovrebbe porre rimedio. Ma oltre a problemi di adeguamento dei nostri processi allo standard degli altri Paesi, vi sono aspetti sostanziali che ci separano dagli altri partners. Una delle differenze fondamentali consiste nella distinzione, profondamente radicata in Italia, tra interessi legittimi e diritti soggettivi, una distinzione sconosciuta al mondo anglosassone. Ai fini che qui interessano si deve sottolineare che la fondamentale differenza tra le due posizioni soggettive consiste nell’esistenza della sanzione risarcitoria prevista per la lesione del diritto soggettivo ed assente in caso di lesione di interesse legittimo. Consegue che, mentre in altri Paesi europei il comportamento dello Stato e degli altri enti pubblici territoriali deve tener conto, nel suo operare, della regola del neminem laedere, in Italia tale operare è affidato ai principi di buon andamento ed imparzialità della Pubblica Amministrazione di cui all’art. 97 della Costituzione. Come è facilmente intuibile, il divario, non solo pratico, ma anche culturale tra le posizioni italiane e quelle di quasi tutti gli altri paesi europei, è enorme. E tale distanza appare, oltretutto, difficilmente colmabile se si considera che, nel corso dei lavori della Bicamerale, si era ipotizzata l’abolizione, anche in Italia, delle due fondamentali posizioni soggettive, senza che si riuscisse a formare un’unità di vedute tra le forze in campo cosicché, alla fine, la dicotomia è risultata ineliminabile. È pur vero che nel diritto amministrativo comincia a diffondersi il fenomeno del risarcimento degli interessi legittimi lesi, ma si tratta di un movimento lento, timido e certamente inadeguato alla tutela che, altrove, il cittadino europeo riceve, in presenza di atti lesivi della Pubblica Amministrazione. È necessario che tutte le forze politiche e giudiziarie meditino sui modi più rapidi per realizzare quell’omogeneità di posizioni giuridiche necessarie per una vera integrazione europea. Lo spunto per queste note, sorge spontaneo dalla lettura dell’elaborato del Prof. Avv. Eugenio Picozza e dell’Avv. Annalisa Di Giovanni che costituisce il “piatto forte” di questo numero de La Rivista dei Curatori Fallimentari dedicato al fallimento delle imprese che operano nel settore dei lavori pubblici. Suscita, infatti, una certa impressione scoprire quanto distante sia la tutela del cittadino in Europa rispetto a quanto previsto in Italia, Paese che fu la culla del diritto, ed è difficile rassegnarsi, alle porte del 2000, a veder vanificati gli sforzi e le pulsioni dell’omologazione europea per l’abolizione del concetto di interesse legittimo come posizione insuscettibile di un pieno ed integrale risarcimento per l’ipotesi di sua lesione. . DI GIOVAMBATTISTA
SGROMO
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