AMMISSIBILITA’
DELLA VENDITA RATEALE NELLE VENDITE IMMOBILIARI COATTIVE GIUDIZIARIE
( di Maurizio
Calò)
Se lo scopo
delle vendite giudiziarie è quello di richiamare il maggior numero
di partecipanti possibile, al fine di raggiungere, attraverso i meccanismi
tipici della concorrenza, il prezzo più elevato nell’interesse dei
creditori, un ostacolo è certamente costituito dalla necessità,
per ciascun partecipante, di provvedersi di una quantità di denaro
liquido sufficientemente elevata da permettere una presenza alla gara con
buone possibilità di superare le offerte di altri concorrenti.
Normalmente,
infatti, le ordinanze di vendita prescrivono che il saldo del prezzo dell’aggiudicazione
debba avvenire, per contanti, entro un termine assai breve (generalmente
60 giorni) sotto pena, quanto meno, di perdere, a titolo di multa, la cauzione
versata.
Ciò
significa che, per partecipare all’incanto, ogni aspirante deve già
disporre, al momento della presentazione dell’offerta in cancelleria, dell’intera
liquidità che prevede di sborsare qualora divenga aggiudicatario
ovvero, nella peggiore delle ipotesi, dell’assoluta sicurezza che le somme
necessarie al saldo del prezzo saranno disponibili entro il termine prescritto
nell’ordinanza che autorizza la vendita.
E’ di tutta
evidenza che il numero dei partecipanti aumenterebbe considerevolmente
nell’ipotesi in cui fosse possibile prevedere un sistema rateale di versamento
del saldo del prezzo dell’aggiudicazione. Ed è altrettanto evidente
che, se fosse ammissibile un’offerta di pagamento rateale, i prezzi di
aggiudicazione aumenterebbero in modo sensibile, perché il sacrificio
del concorrente per la perdita della liquidità, verrebbe ad essere
spalmato su un periodo di tempo più lungo e, quindi, in modo più
sopportabile.
Nonostante
l’ovvietà dei criteri economici appena sopra esposti, non consta
che una vendita a rate sia mai stata prevista ed eseguita nei tribunali
italiani, cosicché viene da pensare che una simile ipotesi sia tassativamente
esclusa dal codice di rito le cui regole, peraltro, governano non solo
la vendita in sede di espropriazione individuale, ma anche quella in sede
fallimentare per l’espresso richiamo che l’art. 105 del R.D. 16 marzo 1942,
n. 267 (cosiddetta Legge Fallimentare – L.F.) fa al codice di procedura
civile.
L’ostacolo
normativo maggiore alla possibilità di disporre una vendita con
versamento del prezzo dilazionato nel tempo, è costituito da quanto
dispone l’art. 576, n. 7, c.p.c. dove si legge che, con il provvedimento
che dispone la vendita immobiliare con incanto, il giudice dell’esecuzione
fissa anche: “…il termine, non superiore a sessanta giorni, entro il quale
il prezzo deve essere depositato e le modalità del deposito.”.
Le norme successive
del codice di rito prevedono lo sviluppo del complesso itinerario procedimentale
dell’incanto ed in particolare prevedono cosa accade se non perviene nessuna
offerta di acquisto. In tal caso, nell’esecuzione individuale, le alternative
sono due. Innanzi tutto, nel termine di dieci giorni dall’incanto andato
deserto, ciascun creditore può chiedere che il bene pignorato gli
venga assegnato al prezzo di stima (art. 589 c.p.c.). In caso di assenza
di domande di assegnazione, il giudice, sentite le parti, ordina che si
proceda a nuovo incanto (art. 591 c.p.c.). Nell’esecuzione concorsuale,
invece, escluso che i creditori possano chiedere l’assegnazione del bene
per una serie di motivi che non è il caso di affrontare in questa
sede, l’unico sviluppo procedimentale consiste nel disporre il nuovo incanto,
convergendo, quindi, come per l’esecuzione individuale, sul disposto di
cui all’art. 591 c.p.c..
Più
specificamente l’art. 591, 2° comma, c.p.c. prevede che, quando il
giudice dispone il nuovo incanto: “…può stabilire diverse condizioni
di vendita e diverse forme di pubblicità, fissando un prezzo base
inferiore di un quinto a quello precedente.”.
La possibilità
di far passare per la cruna dell’art. 576, n. 7, c.p.c. il cammello della
vendita coattiva immobiliare a rate, consiste nel dare al disposto dell’art.
591, 2° comma, c.p.c. una lettura così poco formalistica e rigida
da leggere, nella locuzione “diverse condizioni di vendita”, anche la possibilità
di stabilire un versamento dilazionato del prezzo.
Un simile
sforzo interpretativo, invero, non appare erculeo, perché consentirebbe
l’asta nel pieno rispetto della legge: andato deserto l’incanto che prevede,
ai sensi dell’art. 576, n. 7, c.p.c., il versamento del prezzo per contanti
ed entro sessanta giorni dall’aggiudicazione e, magari, andati deserti
altri tentativi di vendita con lo stesso sistema di pagamento, senza incontrare
l’interesse del mercato, il giudice, invitato dal legislatore, ai sensi
dell’art. 591, 2° comma, c.p.c. a prevedere “diverse condizioni di
vendita”, ben potrebbe prevedere il versamento del prezzo a rate.
Dal punto
di vista organizzativo della cancelleria, ovvero dell’ufficio del curatore,
peraltro, non si rinvengono gravi ostacoli, posto che l’attenzione che
il cancelliere, ovvero il curatore, debbono prestare in occasione del versamento
del prezzo in un’unica soluzione da parte dell’aggiudicatario, dovrebbero
prestarla in occasione delle singole scadenze che sempre dal giudice dovrebbero
essere indicate nell’ordinanza con cui dispone gli incanti successivi al
primo “a diverse condizioni”.
Peraltro,
non vi è dubbio che, da una parte, il decreto di trasferimento verrebbe
emesso solo al completo versamento delle rate prestabilite dal giudice
nel rispetto del disposto dell’art. 586 c.p.c. e, d’altra parte, in caso
di mancato versamento, anche di una sola rata di prezzo, l’aggiudicatario
si vedrebbe comminate le medesime sanzioni che l’art. 587 c.p.c. prevede
per l’omesso versamento del prezzo previsto in unica soluzione: il giudice,
con suo decreto, dichiarerebbe la decadenza dell’aggiudicatario, pronuncerebbe
la perdita della cauzione, costituita dalle singole rate già versate,
a titolo di multa, e disporrebbe, quindi, un nuovo incanto.
Un ulteriore
questione potrebbe sorgere circa il regime del possesso dell’immobile durante
il periodo di tempo stabilito per il versamento delle rate.
Messa da parte
l’ipotesi di consegnare l’immobile aggiudicato solo dopo il versamento
dell’ultima rata del prezzo, perché sicuramente deprimente per i
possibili interessati, ed accantonata quella di un’immediata consegna senza
condizioni, un’interessante soluzione potrebbe essere quella di nominare
l’acquirente, onerato del versamento rateale del prezzo, quale “custode”
dell’immobile aggiudicato.
La custodia
dell’immobile affidata a persona diversa dal debitore, è prevista
dall’art. 559 c.p.c. e si svolge secondo le modalità stabilite al
successivo art. 560: il custode deve rendere il conto della sua gestione
e non può disporre del bene in alcun modo senza autorizzazione del
giudice dell’esecuzione.
A presidio
del corretto comportamento del custode, sono anche previste severe sanzioni
penali negli artt. 334, 335, 338 e 388 bis c.p., norme tutte applicabili
al caso in discorso perché, sino all’emissione del decreto di trasferimento,
che, nella specie, avverrebbe solo a saldo del prezzo avvenuto, l’immobile
resterebbe sottoposto al regime proprio dei beni pignorati.
Si deve ammettere
che la vendita a rate è un sistema che, molto in voga nei decenni
passati, dagli anni ’70 è andata perdendo gradimento per l’affacciarsi
sul mercato di formule finanziarie capaci di sottrarre il venditore ai
rischi impliciti nel recupero del credito, una volta perduta la disponibilità
fisica del bene. Tuttavia un sistema munito di efficaci meccanismi di autotutela,
qual è il tribunale che dispone la vendita all’incanto di un bene
immobile, ben potrebbe dare nuovo impulso alle disposizioni di cui agli
artt. 1523 e seguenti del codice civile, dove è trattata con sufficiente
precisione la vendita a rate con riserva della proprietà.