CANCELLAZIONI IPOTECHE
Quesito: chi paga le spese di cancellazione delle trascrizioni dei pignoramenti e delle ipoteche che gravano sull’immobile acquistato all’asta?
Dispone l’art.
586 cod. proc. civ. che, dopo il versamento del saldo del prezzo, se il
giudice dell’esecuzione individuale, ovvero il giudice delegato nella procedura
fallimentare, non sospende la vendita, ritenendo che il prezzo offerto
sia notevolmente inferiore a quello giusto, emette il decreto col quale
trasferisce all’aggiudicatario il bene espropriato ripetendo la descrizione
contenuta nell’ordinanza di vendita e ordina: “…che si cancellino le trascrizioni
dei pignoramenti e le iscrizioni ipotecarie se queste ultime non si riferiscono
ad obbligazioni assuntesi dall’aggiudicatario a norma dell’art. 508.”.
Normalmente
le spese di cancellazione delle ipoteche e delle trascrizioni dei pignoramenti
vengono prelevate dal deposito prestato dall’interessato a partecipare
all’incanto. L’ordinanza di vendita, infatti, contiene sempre una frase
del tipo della seguente: “… la domanda (di partecipazione all’incanto –
n.d.r.) dovrà essere accompagnata da una cauzione costituita da
un assegno circolare, intestato o girato al curatore, per un importo corrispondente
al 20% del prezzo (di cui il 10% rappresenterà il deposito cauzionale
ed il residuo 10% resterà vincolato a garanzia del rimborso delle
spese della vendita, del trasferimento di proprietà, della cancellazione
delle ipoteche e dei pignoramenti e di ogni altra spesa dipendente dalla
vendita, che rimarrà a carico dell’acquirente, fatta eccezione per
l’INVIM)”.
Taluno ha
sollevato dubbi circa la legittimità dell’appena riprodotta previsione
delle ordinanze di vendita all’asta, richiamandosi alle disposizioni dell’art.
2770 cod. civ. il quale, dopo aver previsto, al 1° comma, che le spese
di giustizia effettuate dal creditore per atti conservativi, o per l’espropriazione
di beni immobili nell’interesse comune dei creditori, sono privilegiate
sul prezzo degli immobili stessi, stabilisce, al 2° comma, che: “Del
pari ha privilegio il credito dell’acquirente di un immobile per le spese
fatte per la dichiarazione di liberazione dell’immobile dalle ipoteche.”.
Occorre quindi
rendere coerenti nell’ambito del sistema legale, le disposizioni del codice
civile e quelle della procedura di espropriazione immobiliare anche perché,
nell’interpretare l’art. 2770, 2° comma, c.c., la Corte Suprema ha
deciso che: “Le spese incontrate dall'aggiudicatario per la cancellazione
delle ipoteche iscritte sull'immobile sottoposto ad espropriazione forzata,
in conformità dell'ordine impartito dal giudice della esecuzione
con il decreto di trasferimento (art. 586 c.p.c.) godono del privilegio
ex art. 2770 c.c., come spese di giustizia sostenute per l'espropriazione
di beni immobili nell'interesse comune dei creditori.” (Cassazione
civile, sez. I, 11 febbraio 1980 n. 929, BNL c. IFIM, in Giust. civ. Mass.
1980, fasc. 2 e Giust. civ. 1980, I, 1336).
In tale intento,
chi scrive deve segnalare di non condividere l’interpretazione della Corte
di Cassazione appena sopra riprodotta perché l’art. 2770, 2°
comma, c.c. non sembra riguardare il procedimento di espropriazione, quanto,
piuttosto, l’altro e diverso procedimento di liberazione degli immobili
dalle ipoteche che lo affliggono. A tale conclusione si perviene osservando,
per un verso, che la norma in esame si riferisce esclusivamente alle ipoteche
e non anche ai pignoramenti che, pure, il decreto di trasferimento permette
di cancellare ai sensi del citato art. 586 c.p.c., e, per altro verso,
osservando che la norma in parola usa il termine “liberazione” e non “cancellazione”
delle ipoteche.
Seppure è
vero che i termini usati nelle ordinanze di vendita e nel secondo comma
dell’art. 2770 cod. civ. sono più o meno gli stessi, le situazioni
soggettive ed oggettive alle quali si riferiscono sono notevolmente differenti.
Infatti, l’ordinanza
di vendita del giudice dell’esecuzione, individuale o concorsuale, si riferisce
a coloro che intendono partecipare all’incanto offrendo un prezzo che,
per la procedura esecutiva, dovrà intendersi al netto di ogni spesa
ad eccezione dell’INVIM ed ora dell’ICI. Invece la disposizione dell’art.
2770, 2° comma, cod. civ. si riferisce al diverso procedimento che
può essere adito dal compratore di un immobile ipotecato, che sia
divenuto proprietario non per aggiudicazione a seguito di incanto, ma per
acquisto sul libero mercato, onde liberarlo delle ipoteche che lo affliggono.
La facoltà
dell’acquirente di un immobile ipotecato di chiederne la liberazione dalle
ipoteche iscritte anteriormente al suo acquisto, anche se a carico dell’immobile
è in corso un pignoramento, è prevista agli artt. 2889 e
segg. cod. civ. mentre il relativo procedimento è espressamente
disciplinato negli artt. 792 e segg. cod. proc. civ.. Qui si prevede, quale
onere dell’acquirente che ha dichiarato al precedente proprietario ed ai
creditori ipotecari di voler liberare l’immobile dalle ipoteche, l’obbligo
di ricorrere al presidente del tribunale affinché questi determini
i modi di deposito del prezzo offerto. Eseguita questa formalità,
è previsto che si fissi un’udienza in cui, verificata la regolarità
del procedimento, venga disposta la cancellazione delle ipoteche iscritte
anteriormente all’acquisto e si proceda alla distribuzione del prezzo offerto
dall’acquirente secondo le regole proprie dell’esecuzione immobiliare.
E’ tuttavia previsto che, una volta ricevuta l’offerta di liberazione,
i creditori possano fare richiesta di espropriazione nei 40 giorni successivi,
cosicché l’acquirente viene comunque chiamato a depositare il prezzo
offerto per la liberazione delle ipoteche, ma si procederà all’incanto
dell’immobile ad un prezzo superiore di un decimo a quello da lui offerto.
Tale alternativa, tuttavia, da una parte, farà partecipare alla
distribuzione della somma ricavata dalla vendita anche i creditori dell’acquirente
e, per altro verso, quest’ultimo, ai sensi dell’art. 795, ultimo comma,
cod. proc. civ.: “… ha diritto di essere collocato nella graduazione con
privilegio per le spese sopportate per la dichiarazione di liberazione”
e tanto risulta previsto nel codice di rito proprio in applicazione dell’art.
2770, 2° comma, c.c. che, pertanto, appare del tutto estraneo al procedimento
di vendita all’asta degli immobili, nonostante la contraria interpretazione
che la Suprema Corte di Cassazione ha data nel 1980 con la massima più
sopra riportata e, invece, perfettamente coerente con l’intento, rimasto
frustrato, di liberare l’immobile acquistato sul libero mercato seppure
gravato da ipoteca a favore dei creditori del venditore.
“Le spese incontrate
dall’aggiudicatario per la cancellazione delle ipoteche iscritte
sull’immobile sottoposto ad espropriazione forzata, in conformità
dell’ordine impartito dal giudice della esecuzione con il decreto
di trasferimento (art. 586 c.p.c.) godono del privilegio ex art. 2770 c.c.,
come spese di giustizia sostenute per l’espropriazione di beni immobili
nell’interesse comune dei creditori.” (Cassazione civile, sez. I, 11 febbraio
1980 n. 929, BNL c. IFIM, in Giust. civ. Mass. 1980, fasc. 2 e Giust. civ.
1980, I, 1336).