EVOLUZIONE ED ULTIME NOVITA' SULLA GIURISDIZIONE URBANISTICA
Sin dalla legge
n. 10 del 1977 (cosiddetta “legge Bucalossi”), lo Stato ha sottratto alle
prerogative del proprietario la facoltà di edificare sul proprio
fondo, cosicché l’attività di costruire è divenuta
una “concessione” che è rilasciata dietro un’apposita domanda dell’interessato
corredata da progetti dettagliati che la Pubblica Amministrazione deve
riscontrare conformi alle scelte d’organizzazione del territorio effettuate
nei piani regolatori.
La scienza
giuridica che si occupa della sistemazione razionale degli agglomerati
urbani in base ai piani regolatori, al fine di assicurare favorevoli condizioni
di vita e di lavoro alla popolazione, è definita “urbanistica” ed
è da sempre un crocevia in cui convergono le posizioni di “diritto
soggettivo” e quelle di “interesse legittimo”. Tale distinzione definisce
il “diritto soggettivo” come l’insieme delle facoltà, tutelate dalla
legge, di esigere dagli altri qualcosa o l’astensione da qualcosa mentre
l’”interesse legittimo” come un diritto soggettivo affievolito nei soli
rapporti del cittadino con la Pubblica Amministrazione la quale, per la
tutela del bene di tutti i consociati, deve avere la possibilità
di adottare scelte discrezionali anche a scapito delle pur legittime aspirazioni
del singolo cittadino. In tal senso, quindi, se Tizio e Caio sono rispettivamente
proprietari di terreni nel Comune di Alfa, e, quindi, hanno entrambi il
medesimo interesse a vedere riconosciuto, nel piano regolatore locale,
l’inserimento dei loro fondi nell’area d’edificabilità, la Pubblica
Amministrazione ben può decidere, a sua discrezione, di qualificare
edificabile solo il fondo di Tizio e non anche il fondo di Caio purché
ciò avvenga in conformità a criteri imparziali e corretti
(art. 97 Costituzione) che, obbligatoriamente (art. 3 L.241/90), devono
trasparire da un’adeguata motivazione del provvedimento con il quale viene
adottata la decisione.
Proprio per
la superiorità delle scelte nell’interesse generale della collettività
rispetto alle aspirazioni del singolo, si è quindi individuata la
categoria degli interessi legittimi per la cui tutela è stata addirittura
creata una giurisdizione distinta rispetto a quella dei diritti soggettivi.
Infatti, mentre, tradizionalmente, la tutela dei diritti soggettivi è
stata attribuita all’Autorità Giudiziaria Ordinaria (A.G.O.: giudici
di pace, tribunali, corti d’appello, Suprema corte di cassazione), quella
degli interessi legittimi è stata attribuita al Giudice Amministrativo
(tribunali amministrativi regionali, Consiglio di Stato) con conseguenze
importantissime, anche sul piano sostanziale, perché, per molti
anni, si è ritenuto che, mentre la lesione di un diritto soggettivo
potesse dar luogo al risarcimento del danno, la lesione di un interesse
legittimo fosse insuscettibile di risarcimento.
In tal senso,
quindi, mentre l’edificazione di un vicino a ridosso del confine della
sua proprietà, ledeva il diritto soggettivo alle distanze del proprietario
limitrofo (artt. 873 e segg. cod. civ.), cosicché quest’ultimo poteva
chiedere il risarcimento sin nelle forme della demolizione della costruzione,
il rifiuto della P.A. al rilascio della concessione edilizia, anche se
errata, non dava luogo ad alcun risarcimento del danno illegittimamente
procurato.
Tale assetto
normativo è rimasto stabile per decenni: sin dal 1889, quando venne
istituita la IV Sezione del Consiglio di Stato, cioè la prima sezione
con funzioni giurisdizionali di quell’organo di giustizia che, sino a quel
momento, aveva avuto solo funzioni consultive, e si è via via rafforzato
e confermato anche in occasione del varo della Costituzione repubblicana
del 1948 che, all’art. 113, sancisce espressamente la tutela degli interessi
legittimi. Detto assetto, tuttavia, è stato da sempre foriero di
complesse questioni dottrinarie e giurisprudenziali, dovendosi, caso per
caso, stabilire se la posizione lesa fosse di diritto soggettivo, e, quindi,
da tutelare dinanzi all’A.G.O., oppure di interesse legittimo e, quindi,
da tutelare dinanzi al Giudice Amministrativo.
Queste problematiche,
determinanti soprattutto ai fini della risarcibilità della lesione
subita, erano quindi molto accese tra i litiganti che, spesso, decidevano
di ricorrere al regolamento della giurisdizione dinanzi alle Sezioni Unite
della Suprema Corte di Cassazione, così sospendendo il processo
sul merito della questione fondamentale ed impiegando molto più
tempo per la sua decisione.
Questa situazione
normativa, peraltro, era tipicamente italiana e sconosciuta nel resto d’Europa,
dove l’idea che una pubblica amministrazione potesse ledere un cittadino
senza risponderne, non era presa in considerazione neppure in quei Paesi,
come la Francia, in cui fortissimo è il senso dello Stato e tenuta
in altissima considerazione l’amministrazione della cosa pubblica.
Pertanto,
una volta entrata in Europa, anche l’Italia ha dovuto adeguarsi modificando
alcuni dei descritti criteri fondamentali: con la legge delega n. 59 del
1997, infatti, il Parlamento italiano si è orientato sul modello
francese iniziando a distinguere non più la giurisdizione amministrativa
e quella ordinaria in base alla posizione soggettiva lesa, bensì
in base alla materia trattata.
Quella legge
delega ha trovato poi concreta attuazione con il decreto legislativo n.
80 del 31/03/1998, entrato in vigore dal 1° luglio di quell’anno, il
quale, con gli artt. 33, 34 e 35, ha attribuito al giudice amministrativo,
in via esclusiva, la giurisdizione sulle materie dei pubblici servizi,
dell’edilizia e dell’urbanistica alla condizione che sia parte in causa
la Pubblica Amministrazione. Tale nuovo e più moderno assetto non
è però rimasto stabile a lungo. Infatti, la Corte Costituzionale,
con la sentenza n. 292 del 17 luglio 2000, ha rilevato che gli artt. 33
e 34 del D. Lgs. 80/98 avevano legiferato oltre i limiti della delega di
cui alla legge 59/97, ma il legislatore è stato questa volta estremamente
tempestivo perché, con la legge 205 del 2000, ha recuperato in modo
quasi identico il testo degli artt. 33, 34 e 35 del D. Lgs. 80/98 vulnerati
dalla Corte Costituzionale. Anzi, li ha migliorati estendendo la giurisdizione
esclusiva per materia non solo agli atti, ai procedimenti ed ai comportamenti
delle amministrazioni pubbliche, ma anche a quelli: “dei soggetti alle
stesse equiparati”. Inoltre l’ha estesa a: “tutti gli aspetti dell’uso
del territorio” che costituisce il nocciolo della materia urbanistica.
A tale radicale
sterzata legislativa a fatto eco la giurisprudenza che, con la sentenza
n. 500/99, adottata dalla Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite,
ha radicalmente stravolto il precedente orientamento prevedendo il risarcimento
dei danni anche per la lesione degli interessi legittimi; si è così
attenuata la tradizionale distinzione tra diritti soggettivi e interessi
legittimi, avvicinando l’Italia all’Europa.
Come in tutti
i casi di profonda innovazione, vi sarà, come sta avvenendo, un
iniziale momento di assestamento per consentire agli operatori del diritto
di aggiustare la mira per la migliore tutela delle posizioni soggettive
dei cittadini, ma non vi è dubbio che si è sulla strada giusta
per una semplificazione dei rapporti dei cittadini con la P.A. e per la
valorizzazione della centralità dell’individuo con il definitivo
abbandono del concetto di suddito.