I DIFETTI DEGLI IMMOBILI ACQUISTATI ALL’ASTA
L’art. 105 del R.D. 16 marzo 1942 n. 267 (cosiddetta legge fallimentare – L.F.) stabilisce che, nelle vendite che si svolgono in sede fallimentare, si applicano le stesse norme previste dal codice di procedura civile (c.p.c.) per le esecuzioni individuali in quanto compatibili. Ma occorre dire che ad entrambi questi tipi di vendite giudiziali coattive si applicano anche una serie di norme che sono invece previste nel codice civile (c.c.). Tali norme vanno dall’art. 2919 in poi e regolano, come recita il paragrafo che le ricomprende: “Gli effetti della vendita forzata e dell’assegnazione”.
Circa il motivo per cui questa serie di norme sia stata collocata nel codice civile, anziché in quello di procedura civile, che sembrerebbe più appropriato, è stato oggetto di molti studi non ancora del tutto conclusi, ma non è questa la sede per approfondire il tema.
Ciò che più preme segnalare è una norma di eccezionale interesse per tutti coloro che intendono partecipare ad un’asta giudiziaria. Si tratta dell’art. 2922 c.c. il quale recita: “Nella vendita forzata non ha luogo la garanzia per i vizi della cosa. / Essa non può essere impugnata per causa di lesione.”.
Pur in un linguaggio un po’ ottocentesco, il senso di questa regola è molto chiaro sol che si sostituisca il termine “lesione” con “sproporzione”: chi si aggiudica un immobile all’asta, non ha diritto alle normali garanzie dell’acquirente (artt. 1460-1497 c.c.), né può dolersi se il bene posto in vendita ad un prezzo, si rivela di valore notevolmente inferiore.
La pressoché totale esclusione di garanzie discende dalla natura coattiva del trasferimento, cioè dalla mancanza di qualsiasi consenso alla vendita da parte del debitore esecutato nonché dalla funzione stessa del prezzo ricavato dall’asta che è quello di essere ripartito fra i creditori: completata l’esecuzione, non rimane più un soggetto responsabile cui l’aggiudicatario possa rivolgersi per lamentare i vizi del bene. L’esclusione delle garanzie per i vizi della cosa, nonché dell’impugnativa della vendita per causa di lesione è, quindi, una conseguenza necessaria delle particolari condizioni in cui avviene il trasferimento della proprietà dell’immobile e, del resto, è una regola che già era vigente sotto il codice civile del 1865 (artt. 1506 e 1536): quindi nulla di nuovo; ma i casi della vita non sono poi così semplici come una lettura superficiale dell’art. 2922 c.c. potrebbe far sembrare.
I giuristi, infatti, si sono arrovellati per creare delle distinzioni tra ciò che è “vizio” dell’immobile e ciò che è qualcosa di più grave, individuando la categoria dell’“aliud pro alio”. In altre parole, una distinzione tra le varie forme di vizio e, addirittura, la vendita di una cosa per un’altra che ricorre quando la cosa venduta non sia riconoscibile come bene appartenente alla categoria merceologica cui veniva attribuito nell’offerta di vendita.
Sinteticamente si è arrivati a distinguere i vizi redibitori (art. 1490 c.c.), la mancanza di qualità promesse o essenziali (art. 1497 c.c.) e l’aliud pro alio.
? VIZIO REDIBITORIO – Innanzi tutto deve dirsi che questo vizio presuppone che la cosa venduta appartenga al genere cui si fa comunemente riferimento: l’appartamento deve essere abitabile e, quindi, certamente munito di finestre; altrimenti appartiene ad un altro genere, ad esempio: un locale da deposito.
Ricorre questo vizio quando il bene venduto presenta difetti inerenti al processo di produzione, fabbricazione, formazione e conservazione della cosa. Sono quindi vizi che incidono sull’utilizzabilità del bene e ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore.
Costituirebbero “vizio redibitorio”, ad esempio: un pavimento inclinato anziché orizzontale; infissi che non chiudono; persiane in condizioni fatiscenti.
? MANCANZA DI QUALITA’ PROMESSE O ESSENZIALI – Anche questo vizio presuppone che la cosa venduta appartenga al genere cui si fa comunemente riferimento, ma, in questo caso, il difetto si riferisce a quegli attributi del bene che ne esprimono la funzionalità, l’utilità o il pregio e che influiscono sulla classificazione della cosa ad una specie piuttosto che ad un’altra. Secondo l’art. 1497 c.c. tali difetti sono rilevanti soltanto se siano essenziali all’uso del bene, ovvero siano stati oggetto di specifico impegno contrattuale tra le parti.
Rientrano in questo tipo di vizio: una superficie più piccola di quella indicata nella perizia; una costruzione in cemento armato anziché in pietra; un terrazzo impraticabile perché munito di parapetti troppo bassi.
? ALIUD PRO ALIO – I vizi, sia redibitori che sulle qualità promesse, si distinguono, poi, dalla consegna di aliud pro alio che ricorre quando la cosa venduta appartenga ad un genere del tutto diverso o presenti difetti talmente gravi da impedire al bene di assolvere alla sua funzione naturale o quella concreta assunta come essenziale dalle parti, facendo degradare il bene in una sottospecie del tutto diversa da quella presa in considerazione nel contratto.
Costituisce consegna di aliud pro alio: la mancanza del certificato di abitabilità; un immobile completamente invaso dall’umidità; un terreno offerto in vendita come edificabile senza esserlo.
Orbene, l’art. 2922 c.c. esclude che l’aggiudicatario possa lamentare tanto i vizi redibitori che la mancanza delle qualità promesse. Può invece contestare la consegna di un bene affetto da mancanza di qualità essenziali tali da dare luogo alla consegna di aliud pro alio.
La consegna di una cosa al posto di un’altra, infatti, determina la nullità assoluta della vendita forzata, così sul piano sostanziale che sul piano processuale.
Il sistema processuale italiano non permette di vendere un bene che non corrisponda esattamente a quello individuato nell’atto di pignoramento e negli altri atti preparatori della vendita.
Qualora il giudice dell’esecuzione non dichiarasse d’ufficio la nullità della vendita forzata di un immobile al posto di un altro, il rimedio potrebbe essere l’opposizione agli atti esecutivi, ma non soggetta al termine perentorio di cinque giorni dall’aggiudicazione, così come previsto dall’art. 617 c.p.c., per le prerogative tipiche della nullità che può essere fatta valere senza limiti di tempo.
Il risultato di questa opposizione sarebbe l’esonero dell’acquirente dal rispetto del termine per il versamento del saldo del prezzo ovvero, ove il prezzo fosse già stato versato, la restituzione di tale somma da parte dell’ufficio dell’esecuzione. Infine, nel caso in cui il ricavato della vendita fosse già stato distribuito tra i creditori, si ritiene che l’aggiudicatario potrebbe agire pro quota nei confronti di ciascuno di essi per conseguire il recupero della somma versata a seguito della vendita.
Occorre però avvertire che le ipotesi di consegna di aliud pro alio non sono così facili ad essere individuate distinguendole dai vizi per i quali, nelle aste giudiziarie, l’art. 2922 c.c. esclude la garanzia.
Inoltre si deve avvertire che quanto statuito in argomento nei primi due gradi di giudizio non potrebbe essere oggetto di revisione dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione perché, afferendo l’individuazione dell’aliud pro alio a questioni di fatto, si sottrarrebbe all’indagine del giudice supremo che può decidere solo in ordine a questioni di legittimità.