LA CUSTODIA DELL’IMMOBILE PIGNORATO

La custodia dei beni pignorati o acquisiti alla massa attiva dei fallimenti, non trova grande rilievo nelle disposizioni legislative in materia tra le quali non è facile orientarsi per ricostruire una disciplina organica del custode giudiziario.
Per il fallimento, addirittura, nessuna norma utilizza espressamente il termine “custodia” per indicare una delle prerogative dell’attività del curatore. L’art. 31 del R.D. 16 marzo 1942 n. 267 (L.F.) attribuisce al curatore solo l’amministrazione dei bene acquisiti alla massa attiva fallimentare cosicché la funzione di custodia la si ricava soltanto implicitamente dal successivo art. 88 in cui si legge che: “Il curatore prende in consegna i beni di mano in mano che ne fa l’inventario insieme con le scritture contabili e i documenti del fallito” dove, però, si potrebbe obiettare che la locuzione “prendere in consegna” non significa anche “custodire” direttamente, perché si può avere il possesso di un bene in capo ad un soggetto e fissarne la custodia in capo ad un altro.
In tema di pignoramento di immobili, invece, è più preciso il codice di procedura civile (c.p.c.) il quale, all’art. 559, stabilisce che: “Il debitore è costituito custode dei beni pignorati e di tutti gli accessori, comprese le pertinenze e i frutti senza diritto al compenso.”.
La figura del custode trova disciplina nello stesso codice di rito, agli artt. 65, 66 e 67.
La prima norma si limita ad affermare che, quando si sottopone a pignoramento un bene, se ne affida la conservazione e l’amministrazione a qualcuno, se la legge non dispone altrimenti, ed il compenso è stabilito con decreto del giudice dell’esecuzione, se la nomina è stata effettuata dall’ufficiale giudiziario, ovvero del giudice che l’ha nominato in tutti gli altri casi. Il secondo di detti articoli prevede: che il custode può essere sempre sostituito, d’ufficio o su istanza di parte; che il custode, se non ha diritto al compenso, come il debitore, può chiedere in qualsiasi momento di essere sostituito; che, invece, il custode retribuito può chiedere la sostituzione solo per giusti motivi; che il provvedimento di sostituzione del custode è un’ordinanza non impugnabile. La terza norma in esame, trattando della responsabilità del custode, avverte che, a presidio della diligenza del buon padre di famiglia con la quale la custodia deve essere esercitata, vi sono gravi sanzioni penali e che anche in sede civile l’omessa custodia può essere sanzionata con una pena pecuniaria e comportare il risarcimento dei danni procurati alle parti.
La collocazione di queste norme permette di qualificare il custode come un ausiliario del giudice esercente, quindi, un pubblica funzione la cui retribuzione non dà luogo ad alcun rapporto subordinato ovvero di collaborazione coordinata e continuativa, ma, piuttosto, ad un rapporto di tipo occasionale, suscettibile di cessare non appena le esigenze cui la custodia era preordinata vengano meno.
Sulle modalità di esercizio della custodia, l’art. 560 c.p.c., in combinato con il successivo art. 593, stabilisce l’obbligo del custode di rendere il conto della sua gestione ogni trimestre, depositando in cancelleria le eventuali rendite disponibili. Al termine della sua attività, il custode deve depositare il rendiconto finale che il giudice deve approvare risolvendo le eventuali contestazioni. Lo stesso art. 560 prevede la possibilità che il custode, previa autorizzazione del giudice, possa dare in locazione l’immobile pignorato e prevede anche che il debitore possa continuare ad abitare l’immobile nei limiti strettamente necessari a lui ed alla sua famiglia.
In questo quadro normativo che, seppur frammentario, appare abbastanza appagante, è risultato, in concreto, insufficiente ed ovvio affermare che i poteri ed i limiti della custodia sono estesi quanto tutte le facoltà necessarie per la conservazione e l’amministrazione dell’immobile pignorato. Ci si è chiesti, infatti, quali limiti abbiano i poteri direttivi del giudice per la soluzione delle varie problematiche che la custodia può comportare. In altre parole, ci si è chiesti se tali limiti siano dati dalla legge, oppure se il giudice, nel fornire istruzioni al custode circa l’esercizio delle facoltà di conservazione e di custodia, possa fare ricorso, anche nel pignoramento e nel fallimento, a quell’ampiezza di poteri che la legge gli dà in relazione a sequestro dei beni.
Infatti, quando il giudice autorizza il sequestro giudiziario di un bene, ottiene dall’art. 676 c.p.c. la possibilità di stabilire, con amplissima discrezionalità, i criteri ed i limiti dell’amministrazione delle cose sequestrate e le particolari cautele da adottare per rendere più sicura la custodia. Tale norma, però, non è riprodotta con riguardo ai beni pignorati o acquisti alla massa attiva fallimentare in cui sembrano prevalere criteri e limiti “tradizionali”.
Altra questione sollevata è stata l’opposizione all’ordinanza di sostituzione del custode che la legge qualifica come non impugnabile. Si è tentato, infatti, ma invano, di permetterne l’impugnazione, invero la nomina del custode ha una natura fiduciaria che, venendo meno, non può essere più ricostituita. Né è pensabile che un custode, ritenuto inefficiente, possa essere “imposto” al giudice dell’esecuzione che l’ha rimosso attraverso il sistema delle impugnazioni.
Sempre in tema di sostituzione del custode, è sorto spesso il problema dell’interferenza della nomina del custode in sede di pignoramento immobiliare da parte degli istituti bancari di credito fondiario rispetto al fallimento del debitore cui segue l’assunzione della custodia dei beni del fallito in capo al curatore. La questione nasce dalle disposizioni sul recupero dei crediti fondiari insoluti che permettono, eccezionalmente, la prosecuzione dell’esecuzione del credito fondiario nonostante la dichiarazione di fallimento del debitore. Il concorso delle due esecuzioni, con altrettanti custodi, ha portato allo sviluppo di una giurisprudenza secondo cui il curatore non è automaticamente sostituito al custode nominato in sede di pignoramento individuale, ma, se vuole questa custodia, dovrà farne apposita istanza al giudice dell’esecuzione per ottenere l’ordinanza di sostituzione.
Circa il concreto esercizio della custodia, può riferirsi che il fine fondamentale è quello della conservazione della piena integrità dell’immobile nell’interesse dei creditori fino alla sua aggiudicazione all’acquirente. Per gli immobili, la custodia assume normalmente una funzione più attiva rispetto ai beni mobili. Per un appartamento, infatti, sarà necessaria la spesa per il condominio; per un terreno, sarà invece necessario assicurarne la continuità dello sfruttamento. In ogni caso appare opportuno che il bene seguiti a rendere anche perché i frutti sono compresi tra i beni pignorati a vantaggio dei creditori. Proprio per favorire tali funzioni della custodia, appare preferibile accettare la tesi secondo cui i poteri direttivi del giudice devono avere la massima ampiezza, mutuando tale discrezionalità proprio dalle regole del sequestro cui più sopra si faceva cenno.
Giova ricordare, da ultimo, che la nomina del debitore quale custode ex lege dell’immobile pignorato, non è di ostacolo al rilascio dell’immobile stesso a seguito dell’aggiudicazione. L’art. 586 c.p.c., trattando del decreto di trasferimento, prevede, al secondo comma, che: “Il decreto contiene altresì l’ingiunzione al debitore e al custode di rilasciare l’immobile venduto”.